Tre ipotesi frequenti e come intervenire
…Ma è in buona salute
Stabilito da parte del veterinario che l’animale gode di buona salute, spetta a chi svezza il piccolo riuscire a farlo sentire al sicuro e tranquillo. Per le prime ore sarebbe meglio tenerlo al buio in un posto tranquillo, lontano da rumori molesti. Passata la paura iniziale per le manipolazioni subite, il piccolo uccello dovrebbe risultare vispo ed attento; se è proprio implume, i movimenti che lo coinvolgono possono limitarsi esclusivamente a quelli del cibo che arriva al momento giusto.
Si può provare a stimolare il piccolo uccello ad intervalli periodici e al primo accenno di apertura del becco, bisogna infilarvi qualcosa da mangiare possibilmente squisita (per l’uccellino). Bisogna essere attenti, presenti ad intervalli non troppo vicini, ma neanche troppo lontani, delicati, pazienti ed insistenti.
Superata questa prima fase di impatto, si passa ad un periodo relativamente tranquillo durante il quale il piccolo mangia e cresce senza grossi problemi; se era di pochi giorni, aprirà gli occhi e comincerà a scrutare il mondo circostante. Ma quale sarà il mondo da lui visto dipenderà dal contesto che il soccorritore gli avrà creato intorno; è importante ricreare l’habitat di appartenenza, circondando il nido, la gabbia o la scatola, con fogliame e rami, sistemando l’alloggio ben in alto rispetto al punto di passaggio e salendo su una scala tutte le volte che bisognerà nutrirlo. Se tutto questo non fosse possibile è comunque importante tenere l’animale lontano dal contesto umano; per cibarlo sarebbe meglio usare dei fantocci appositamente studiati per l’occasione o far imbeccare il piccolo sempre dalla stessa persona, in modo che gli resti familiare una sola persona e non tutta la specie umana.
D’altra parte, occorre ricordare che spesso si fanno più danni prendendo un uccello, come ad esempio il merlo, che lasciandolo li dov’è, magari già alimentato dalla mamma. Detto questo, prima di prendere un piccolo, fosse anche per soccorrerlo o portarlo al centro recupero, consigliamo sempre di assicurarsi che si tratti di un nidiaceo privo dei genitori.
…Perché abbandonato dal genitore in quanto malato
L’individuo appare abbattuto, spesso con piumette arruffate, non risponde a sollecitazioni di sorta e non mangia. Occorre individuare la patologia in atto e curarlo in fretta, mentre contemporaneamente è necessaria un’alimentazione forzata sulla base di una dieta oculata (a seconda della patologia), poiché lo scopo è quello di far riprendere le forze al piccolo.
…Demotivato ma sano
È il caso più difficile e capita quando il piccolo conosce già gli stimoli dei genitori (dunque della sua specie), perché è stato abbastanza con loro da memorizzarli. Se per qualche motivo il piccolo perde i genitori, egli entra in uno stato di stress, durante il quale li chiama insistentemente. Se a questi richiami non ottiene risposta, lo stress e l’agitazione che ne consegue aumentano fino a raggiungere un acme oltre il quale l’uccellino cade in uno stato di inedia e non risponde più a nessun tipo di stimolo. Il piccolo morirà dopo 12-48 ore al massimo.
Ciò non accade con tutte le specie di uccelli, perché alcune risultano più vulnerabili di altre. Tuttavia, per tutti gli uccelli, adulti o nidiacei che siano, occorre ricordare che, all’atto del recupero, essi sono spaventati e spesso feriti, per cui vanno tenuti tranquilli e fermi, per evitare che si aggravi la loro situazione. Infatti, seppur ferito, un uccello tenta di usare comunque la parte lesa nel tentativo di scappare, nascondersi o difendersi. Impedirgli i movimenti può essere dunque controproducente, perché potrebbe indurlo a sentirsi ancor più in trappola e, se messo alle strette, anche a compiere azioni autolesive, purché gli assicurino la fuga che per lui in quel momento significa salvezza.
Al contrario, invece, un uccello che non si sente minacciato tende a mantenere ferma la parte lesa, eventualmente ritira la zampetta ferita o lascia penzolare l’ala rotta. Per questi motivi si ricorda sempre di tranquillizzare l’uccellino, fornendogli un rifugio riparato, silenzioso e possibilmente al buio.