Le recenti alluvioni nelle Filippine devono ricordare ai delegati riuniti per i negoziati sul clima di Bangkok, che si svolgeranno da oggi fino al 9 ottobre, che non stanno discutendo una pila di carte, ma decisioni che possono decidere della vita di milioni di persone.
Una tempesta tropicale ha scatenato la peggiore alluvione degli ultimi decenni nella capitale Manila e nelle regioni adiacenti, colpendo centinaia di migliaia di persone. Se singole tempeste e alluvioni non possono essere collegate ai cambiamenti climatici, le evidenze scientifiche indicano chiaramente che eventi meteorologici estremi sempre più gravi e frequenti sono già una conseguenza del cambiamento climatico e lo saranno sempre di più. Il Wwf ricorda che l’aumento della temperatura media globale deve essere tenuto ben al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali, se si vogliono evitare i rischi inaccettabili di un cambiamento climatico fuori controllo.
Le speranze che a Copenhagen sia raggiunto un ambizioso accordo globale sul clima, che possa aiutare a proteggere il pianeta dai danni irreversibili del cambiamento climatico, saranno davvero esili se i negoziatori riuniti a Bangkok non faranno progressi significativi.
«Le alluvioni delle Filippine devono ricordare ai politici e ai delegati riuniti per negoziare il trattato sul clima che non stanno discutendo di paragrafi, rettifiche e dollari, ma delle vite di milioni di persone e del futuro stesso del nostro pianeta – ha affermato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia -. Dopo mesi di contrattazioni, perdite di tempo e discussioni siamo entrati ormai nella fase decisiva dei lavori e abbiamo l’ultima possibilità di salvare l’accordo sul clima».
Il vertice Onu sul clima che ha riunito i Capi di Stato a New York la scorsa settimana ha dato ai negoziatori il mandato di trasformare il documento provvisorio di 170 pagine in un trattato condivisibile. Per assicurare la sopravvivenza delle nazioni più vulnerabili al cambiamento climatico, è assolutamente necessario che questo mandato sia rispettato.
Secondo il Wwf, per prevenire il fallimento di Copenhagen e altri disastri climatici futuri, a Bangkok i negoziatori devono tagliare i testi provvisori (di 170 pagine) del 40% entro la metà della Conferenza e dell’85% entro la fine delle due settimane.
Le sfide più importanti sono in mano ai Paesi ricchi, che devono impegnarsi in ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni e in finanziamenti che aiutino i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi al cambiamento climatico.
«I delegati hanno il chiaro mandato di lavorare a velocità da record per accelerare l’elaborazione dei testi – ha detto Mariagrazia Midulla – Forse gli obiettivi e i finanziamenti più importanti saranno definiti solo a Copenhagen, ma questo non può essere una scusa per perdere tempo. Almeno per le questioni più cruciali il terreno di lavoro deve essere preparato qui. Serve chiarezza su quali siano gli elementi chiave per raggiungere un accordo sul clima a Copenhagen».
Il Wwf è preoccupato dalla discordanza tra una leadership asiatica credibile e la retorica vuota di Europa e Stati Uniti. Mentre i Paesi chiave dell’Asia stanno offrendo un contributo concreto per raggiungere un accordo a dicembre, Europa e Stati Uniti stanno invece dimostrandosi i principali ostacoli perché ciò avvenga.
Giappone, Cina e India hanno definito un’azione concreta per la mitigazione e stanno giocando un ruolo sempre più costruttivo nei negoziati, confermando la propria determinazione a diventare i futuri leader economici del mondo sulla base dell’economia verde e di uno sviluppo a basso contenuto di carbonio.
«Il Giappone si è impegnato a ridurre le emissioni del 25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. L’Indonesia ha deciso di mantenere la crescita delle emissioni tra il 26% e il 41% al di sotto delle normali previsioni entro il 2020. Questi impegni stanno portandoci sempre più vicino agli obiettivi di riduzione delle emissioni globali di cui abbiamo bisogno», ha detto Mariagrazia Midulla.
Sia l’Asia industrializzata sia quella in via di sviluppo stanno trovando la propria strada verso la prima linea dell’azione mondiale per il clima. Ora i Paesi industrializzati, e soprattutto gli Stati Uniti, devono seguire quell’esempio, e dopo le opportunità mancate di New York e Pittsburgh, Bangkok rappresenta una nuova possibilità di farsi avanti.
(Fonte Wwf)