Gli studiosi esaminando gli anelli di antichi alberi in oltre 7.000 campioni di specie sub-fossili, storici e contemporanei, sono stati in grado di ricostruire la storia della temperatura estiva e delle precipitazioni dell’Europa centrale nel corso degli ultimi 2.500 anni
Un team di ricerca internazionale ha trovato nuove prove per dimostrare che in passato il clima ha avuto molta influenza sullo sviluppo delle antiche civiltà. Lo studio in questione è stato pubblicato sulla rivista «Science» e rivela come periodi di instabilità climatica spesso siano coincisi con tempi violenti della storia europea.
Il lavoro di ricerca è stato coordinato dall’istituto di selvicoltura dell’università di Friburgo e dall’istituto federale svizzero di ricerca (Wsl); il team è risultato composto da climatologi, geografi, archeologi e storici. Ma capiamo in che modo sia stato condotto lo studio.
Gli studiosi, esaminando gli anelli di antichi alberi, di oltre 7.000 campioni di specie sub-fossili, storici e contemporanei, sono stati in grado di ricostruire la storia della temperatura estiva e delle precipitazioni dell’Europa centrale nel corso degli ultimi 2.500 anni. Successivamente, il team ha quindi confrontato le variazioni del clima estivo europeo con gli eventi storici umani e con episodi come peste, migrazioni e la guerra dei trent’anni. Le conclusioni raggiunte hanno dimostrato che i cambiamenti climatici hanno avuto un ruolo fondamentale nella ricchezza, o meno, agricola e nella crescita, o decrescita, economica.
Gli autori dello studio, infatti, scrivono: «Le variazioni climatiche hanno influenzato la produttività agricola, i rischi sanitari e i livelli di conflitto delle società preindustriali, anche se la discriminazione tra impatti ambientali e antropogenici sulle civiltà del passato rimane di difficile lettura a causa della scarsezza di prove paleo climatiche ad alta risoluzione».
Lo studio è appunto un’interpretazione di dati ricavati indirettamente dalla lettura degli anelli degli alberi che hanno permesso di confrontare le precipitazioni naturali e le fluttuazioni di temperatura con lo sviluppo delle società europee.
Ed è da questa comparazione che si è scoperto che il clima estivo europeo durante l’epoca romana, per esempio, era relativamente caldo e umido ed è cambiato di poco. Maggiori variazioni climatiche a partire da circa il 250-600 d.C., dicono i ricercatori, sono coincise con la caduta dell’Impero romano d’occidente e con il caos delle invasioni barbariche.
Inoltre, estati umide e miti risultano coincidere con la crescita politica e culturale dell’Europa medievale a differenza di periodi caratterizzati da condizioni climatiche avverse che potrebbero aver influenzato le scarse condizioni di salute, cause queste della grande crisi economica emersa durante la pandemia di peste nera nel XIV secolo.
E avvicinandoci alla nostra era, ritroviamo minimi di temperatura che all’inizio del XVII e del XIX secolo coincisero con l’abbandono degli insediamenti durante la guerra dei trent’anni e con la migrazione di massa di molti europei in America.
In definitiva, come gli stessi addetti ai lavori dicono, «si sono avute estati umide e calde durante i periodi di prosperità romana e medievale e maggiore variabilità climatica in periodi caratterizzati da importanti disordini».
Una riflessione è d’obbligo, i cambiamenti climatici globali in atto che tipo di impatto potrebbero avere sulla società umana? A questa domanda che non trova, ad oggi, un’adeguata risposta, la ricerca reagisce proseguendo gli studi indispensabili per individuare i possibili effetti futuri dettati da un riscaldamento globale recente che non ha precedenti e che quindi osserva queste conclusioni, effettuate su epoche passate, come un monito i cui cambiamenti climatici globali previsti potrebbero avere un impatto molto più significativo sulle società umane di quanto tutti noi osiamo solo immaginare.