La società Cairn Energy, responsabile della piattaforma, ha finora rifiutato di rendere pubblico il piano di intervento in caso di fuoruscita o sversamento di petrolio, violando tutte le norme industriali del settore
Questa mattina, diciotto attivisti di Greenpeace hanno scalato una pericolosa piattaforma petrolifera a 180 chilometri dalle coste della Groenlandia. Si tratta della Leiv Ericsson, della compagnia Cairn Energy, un gigante di 53.000 tonnellate, contro la quale Greenpeace sta conducendo da settimane una serrata azione di ostruzione e ostacolo alle attività di ricerca di greggio e perforazione previste nei mari artici.
Gli attivisti hanno sfidato acque gelide per arrampicarsi lungo le gigantesche braccia della piattaforma; una volta a bordo una delegazione di Greenpeace ha chiesto al responsabile delle operazioni di esplorazione petrolifera una copia dell’Oil Spill Response Plan, il piano di intervento in caso di fuoruscita o sversamento di petrolio.
La società Cairn Energy, responsabile della piattaforma, ha finora rifiutato di rendere pubblico questo documento, violando tutte le norme industriali del settore. Greenpeace aveva messo in campo, nei mesi scorsi, ogni possibile richiesta per ottenere tali informazioni, recandosi anche a Edinburgo, dove ha sede la compagnia, per parlare direttamente con i suoi dirigenti.
L’azione di questa mattina, cominciata alle 5 dell’alba, ha visto impegnati cinque gommoni partiti dalla nave Esperanza di Greenpeace. Hanno trasportato la delegazione di Greenpeace sfuggendo alla sorveglianza della nave da guerra danese che scorta la Leiv Ericsson. Per garantire che il gruppo fosse in condizione di raggiungere la piattaforma, la Esperanza si è spinta al limite dei 500 metri della zona di esclusione imposta dall’imbarcazione militare.
Prima di avviare l’azione, Ben Ayliffe, responsabile della campagna Petrolio di Greenpeace International, a capo della delegazione, ha dichiarato: «La Cairn Energy sta tenendo nascosti i piani di intervento in caso di perdita di petrolio. Per questo ci stiamo dirigendo sulla piattaforma dove sicuramente c’è almeno una copia di quei piani. È ovvio il perché la Cairn non dice cosa farebbe per ripulire queste acque in caso di un incidente come quello del Golfo del Messico: perché non possono essere ripulite in alcun modo. Tutti gli esperti concordano sul fatto che le temperature polari e la localizzazione remota di queste aree di esplorazione renderebbero una fuoruscita di greggio, in questo ambiente fragile e preziosissimo, un disastro irreparabile. Dobbiamo tracciare una “linea sul ghiaccio” e fermare la corsa al petrolio nell’Artico».
Nei giorni scorsi, due attivisti avevano già bloccato le operazioni della Leiv issandosi sulla piattaforma con un guscio di sopravvivenza in cui si erano rinchiusi per circa quattro giorni, prima di venire rimossi mercoledì scorso. Poco prima di venire arrestati, chiamando al telefono due dirigenti della compagnia, avevano avanzato nuovamente richiesta che la Cairn rendesse pubblici i suoi piani di intervento in caso di disastro. La stessa cosa hanno chiesto più di 30.000 sostenitori di Greenpeace, via mail alla Cairn Energy.
La compagnia ha dichiarato che le operazioni della piattaforma sono sospese. I suoi avvocati hanno intentato causa chiedendo un risarcimento di 2 milioni di dollari per ogni giorno di impedimento nelle attività di esplorazione petrolifera. Ci sarà una prima udienza lunedì presso la Corte olandese.
C’è sola un’altra piattaforma, oltre alla Leiv Eiriksson, operante al largo delle coste della Groenlandia. Le grandi compagnie petrolifere osservano con interesse l’operato della Cairn Energy. Se dovesse scoprire giacimenti consistenti, la Exxon, la Chevron e altri colossi del petrolio darebbero il via alla corsa al petrolio tra i ghiacci dell’Artico. Per questo Greenpeace ritiene indispensabile bloccare queste operazioni di esplorazione.
(Fonte Greenpeace)