Le città costiere sempre più esposte ai rischi inondazione

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A causa dell’innalzamento del livello del mare e degli eventi concomitanti di aumento della intensità delle precipitazioni e di fenomeni marini estremi. Negli Usa le città più vulnerabili sono dodici, tra cui New York, Boston, San Francisco, Los Angeles, Miami, New Orleans. In Italia la più esposta e Venezia

Lo tsunami che ha devastato le coste giapponesi a marzo di quest’anno, le inondazioni che colpiscono le aree costiere in molte parti del mondo a causa di eventi meteomarini estremi di mareggiate e di precipitazioni alluvionali, le prolungate siccità che si alternano alle alluvioni non solo nelle aree subtropicali, ma anche temperate più meridionali (come il Mediterraneo ed il Golfo del Messico), ci ricordano che l’acqua è una risorsa ma è anche un problema. Con i cambiamenti climatici, i problemi collegati all’acqua tendono ad acuirsi.

Il Natural Resource Defence Council (Nrdc), una grossa Organizzazione non governativa americana, ha pubblicato ieri il rapporto: «Thirsty for Answers: Preparing for the Water-related Impacts of Climate Change in American Cities», in cui tralascia il problema delle acque interne, ma focalizza l’attenzione sulle aree costiere degli Usa più vulnerabili a situazioni che esaltano i rischi costieri, come l’innalzamento del livello del mare e gli eventi concomitanti di aumento della intensità delle precipitazioni e di fenomeni marini estremi. Negli Usa le città più vulnerabili ai maggiori rischi costieri sono dodici, tra cui New York, Boston, San Francisco, Los Angeles, Miami, New Orleans, tanto per citare quelle più conosciute. Quantunque ci siano incertezze sull’entità del possibile innalzamento del livello del mare entro la fine di questo secolo, non v’è dubbio che la situazione climatica è in evoluzione e che la vulnerabilità delle aree costiere è in aumento in tutto il mondo.

Prevenire le conseguenze negative derivanti dai cambiamenti del clima e minimizzare i possibili futuri danni sono scelte di buon governo del territorio e di difesa del benessere dei cittadini, oltre che di sviluppo sostenibile in un mondo che cambia.

Alcune città americane hanno già cominciato ad attuare azioni di prevenzione tali da aumentare la resilienza dei loro territori costieri urbani e urbanizzati contro i rischi di inondazione o di allagamento permanente, definendo i necessari piani di adattamento ai cambiamenti climatici, come Chicago, New York, San Francisco, Miami e Norfolk. Il rapporto Nrdc vuol essere un aiuto alle diverse comunità locali per l’attuazione della strategia delle Nazioni Unite di adattamento ai cambiamenti climatici, ed in particolare, per mettere a punto idonei piani di adattamento finalizzati a diminuire la vulnerabilità delle loro aree costiere alle possibili conseguenze negative dei cambiamenti del clima

Ma il problema non è solo americano. Come hanno illustrato gli studi dell’Enea, anche le aree costiere italiane sono vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici, che si sommano agli effetti di un non sempre corretto uso delle aree costiere ed alla mancanza, spesso, di una gestione integrata delle zone costiere, come richiede un apposito Protocollo europeo, collegato alla Convenzione di Barcellona ed entrato in vigore il 24 marzo scorso.

Tra le città costiere italiane, la città che corre i più alti rischi a causa degli effetti dei cambiamenti climatici è certamente Venezia dove sono già concentrati molti interventi a difesa delle maree estreme. Tuttavia, l’effetto finale di innalzamento del livello del mare e dei movimenti verticali potrebbe porre ulteriori seri problemi di inondazione, e non solo per questioni di marea, come è stato evidenziato da molte ricerche, e come fu discusso anche nel simposio sulla sostenibilità delle città d’acqua: «Blue in Architecture», organizzato dall’Università Iuav di Venezia nel settembre 2009.

(Fonte Enea-Eai)