L’entrata in vigore del Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere rappresenta un segnale positivo; l’obiettivo generale è quello di mitigare la pressione ambientale ed il degrado delle risorse che colpisce alcune zone costiere del Mediterraneo
Si legge, in un comunicato inserito in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (G.U.C.E. del 20 settembre 2011, n. 242), informazione in merito all’entrata in vigore, lo scorso 24 marzo 2011, del «Protocollo sulla Gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo (Gizc)» (convenzione sulla protezione dell’ambiente marino e del litorale del Mediterraneo), firmato a Madrid il 16 gennaio 2009.
L’entrata in vigore del Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere rappresenta un segnale positivo sia per quelle realtà europee che ancora non hanno siglato l’accordo, sia per quelle che hanno avviato il processo di ratificazione nel proprio Paese.
Obiettivo generale del Protocollo, è quello di fornire uno strumento legale che incoraggi operatori pubblici e privati, società civile e operatori economici ad adottare un approccio concertato, al fine di mitigare la pressione ambientale ed il degrado delle risorse che colpisce alcune zone costiere del Mediterraneo, mare difficile nella gestione e molto antropizzato.
Il Protocollo racchiude e propone una serie di misure volte ad affrontare i problemi ambientali tenendo conto della loro natura transfrontaliera e, in qualità di partner firmatario della Convenzione di Barcellona, l’Unione europea si impegna a promuovere la gestione integrata delle zone costiere, tenendo conto di tutti gli aspetti correlati ad esse, tra cui quello geografico, politico, ambientale, culturale, storico, urbanistico ed economico nel tentativo di raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile applicato alla pianificazione territoriale ed urbanistica.
Ma facciamo un po’ di storia sulla questione.
I primi sforzi significativi per una politica di gestione integrata della costa si possono far risalire agli anni 70 in Europa e al 1972 negli Stati Uniti d’America, Paese nel quale la preoccupazione per la qualità degli ambienti marino/costieri spinse alla creazione del primo strumento normativo nazionale in tal senso, il Coastal zone management Act, i cui principi sono stati successivamente sostenuti nel 1992 a Rio de Janeiro in Brasile durante il Summit della Terra e successivamente divenuti elemento cardine del processo di Agenda 21.
In definitiva, il Protocollo in vigore risulta molto interessante nella struttura.
Esso prevede, infatti nel dettaglio, una gestione e protezione integrata, cioè una gestione e protezione sia della fascia marina sia di quella terrestre; fino ad ora, si sono realizzate politiche di protezione per la parte marina separatamente da quelle per la fascia terrestre e questo, scientificamente, è un metodo assolutamente errato.
Inoltre, ammette che vengano sfruttate le risorse in modo sostenibile e per far questo vengono fissati metodi di controllo e monitoraggio severi; approva che gli Stati facciano delle leggi per la protezione, ad hoc, di zone litoranee marine particolari e individua la redazione di piani di gestione specifici per tali ecosistemi; esige un controllo rigoroso dell’erosione costiera, altro problema dagli scenari devastanti.
In conclusione, quanto illustrato sintetizza il contenuto di una normativa teoricamente interessante ma di complessa applicazione e si sa che è semplice programmare ottime proposte sulla carta, la difficoltà è trasporle nelle pratiche reali. Da parte nostra possiamo spingere una corretta applicazione della norma, informare, sensibilizzare e denunciare situazioni di non rispetto dei vincoli.