Petrolio – Più vincoli per l’offshore

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La novità in esame è rappresentata dal notevole ampliamento del perimetro di responsabilità di queste aziende, che risponderanno di tutti i danni ambientali causati dai propri impianti entro 370 km dalla costa, e non più i 19 prima previsti

In linea alla formula «who breaks pays» la Commissione europea ha deciso di dar forma a un sacrosanto principio, proponendo nuove regole più ferree per le trivellazioni offshore, stabilendo che le società che causeranno gravi danni ambientali ne saranno pienamente responsabili anche sotto il profilo economico.

Ad accendere la scintilla la sconvolgente notizia del ritorno sui suoi passi della British Petroleum, intenta a rimettersi in corsa per nuove operazioni petrolifere nel Golfo del Messico, recidiva al disastro dell’aprile 2010. A differenza degli Stati Uniti che hanno dato il via libera alla compagnia petrolifera Bp di partecipare alla gara per aggiudicarsi nuovamente i diritti di perforazione nel Golfo, il Vecchio Continente, invece, ha deciso di tutelarsi con importanti cambiamenti.

Proprio nei prossimi giorni verrà discusso a Bruxelles un regolamento impostato sul principio «chi inquina paga», da applicarsi alle società proprietarie delle piattaforme petrolifere in mare. Le nuove norme sono volte a garantire una migliore tutela ambientale anche grazie a una politica deterrente, tutelando dall’oro nero e da un’eventuale marea nera anche le attività di pesca di cui molte località costiere vivono. Le aziende saranno tenute a corrispondere un risarcimento concernente non solo il danno in sé, ma anche le spese di bonifica ambientale.

Ma quali sono questi cambiamenti? La novità di gran lunga più importante è rappresentata dal notevole ampliamento del perimetro di responsabilità di queste aziende, che risponderanno di tutti i danni ambientali causati dai propri impianti offshore entro 370 km dalla costa, e non più i 19 prima previsti. Grazie a queste nuove disposizioni rientreranno nel regolamento tutti gli impianti offshore localizzati nei mari europei, compresi i 123 operativi lungo le coste italiane.

Le compagnie avranno l’obbligo di rendere pubblici i loro piani d’intervento in caso di incidente e soprattutto dovranno fornire prova della loro possibilità economica di fare fronte all’eventuale risarcimento, presentando le dovute garanzie, a pena di sanzioni, a un’autorità nazionale indipendente che vestirà i panni di una vera e propria impresa bancaria.

Con la speranza che un provvedimento analogo venga adottato anche nel resto del mondo e con l’auspicio che questi cambiamenti non rappresentino solo chimere, l’Europa fa un passo in avanti considerevole, terribilmente conscia del fatto che le aziende petrolifere più ciniche potranno comunque continuare a trivellare nelle acque più «permissive».