Pagine 145 – Costo ? 10,80
Una musica che accompagna il corso naturale delle cose, il cambiamento ineluttabile che regola il ritmo cardiaco delle nostre esistenze: questo è l’alternarsi delle stagioni.
Per chi ha ancora la fortuna di guardare oltre il narcisismo del proprio quotidiano, esiste una visione delle cose straordinaria e speciale: la natura e il susseguirsi dei suoi cambi d’abito.
«Stagioni» di Mario Rigoni Stern (Einaudi editore) è un inno poetico e struggente alla natura in ogni suo aspetto: quello più manifesto e narcisista, quello più schivo e riluttante.
Ogni angolo prospettico del paesaggio circostante viene descritto dall’autore con occhi nostalgici e rispettosi, perché legato al ricordo di un passato in cui lo scrittore ha lasciato una parte importante di sé.
La montagna, con il suo fascino imperscrutabile, fa da padrona indiscussa nel cuore e nella mente di Mario che sbroglia la matassa della memoria dipanandola sul piano orizzontale delle rievocazioni: la seconda guerra mondiale, gli stenti della popolazione, la campagna di Russia, il freddo, la paura.
E la speranza, poi ravvivata dal primo sole primaverile, che riscalda l’anima e allevia il dolore.
Perché la natura fa da cornice ai nostri cimeli del pensiero, è la garza sterile che ricopre le ferite per poi cicatrizzarle soavemente.
E l’autore di questo piccolo capolavoro lo sa: nonostante l’età avanzata, egli possiede ancora lo sguardo vergine di chi non conosce ancora tutto e si apre alla vita con fiducia e attesa.
Questa è l’attitudine dello scrittore riuscito e completo: schiudersi lentamente, come fosse per la prima volta e germogliare insieme all’ordine progressivo delle cose.
Senza fretta, senza urgenza. Nessuna impazienza.
La natura e i suoi cicli stagionali ci insegnano da sempre proprio questo: a non pretendere di ricavare sempre il massimo da tutto in tempi brevi.
Ogni sequenza della ripresa della nostra vita si muove seguendo uno spartito e una serie, reiterata all’infinito, di battute i cui tempi graduali sono scanditi da un regista, o da un maestro d’orchestra, assai rilassato.
A tratti quasi dolcemente indolente.