Il massacro degli albini africani

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Una sessantina di persone uccise solo negli ultimi due anni e il numero parrebbe destinato a crescere nella zona al confine tra i due Paesi: tombe profanate, pezzi di corpo venduti a caro prezzo per produrre amuleti e pozioni che garantirebbero, secondo le credenze popolari, prosperità e salute

Le aree geografiche suddividono il globo in zone ricche e fortunate, oppure povere e disgraziate. Una serie di fattori, non ultimi ambientali, che forgiano il destino di una popolazione sciagurata.

È così da sempre: quasi tutto il sud del mondo patisce la fame e vive di stenti, spesso vittima ingiustificata dell’odio razziale, delle persecuzioni etniche. Perché dove vige la legge ignobile della povertà, allo stesso modo vige il caos ed il temibile fanatismo religioso. Il pregiudizio regna indisturbato.

Così succede che terre, già dimenticate da Dio, diventino teatri di oscenità indicibili, violenze fratricide inenarrabili.

Ma adesso se ne parla; se ne deve parlare.

In molte regioni dell’Africa subsahariana, come la Tanzania e il Burundi, si temono gli albini, o meglio, i «neri bianchi»: persone appartenenti alla popolazione locale, ma esteticamente differenti. Pelle e occhi chiarissimi: questo il problema da gestire con i loro «fratelli».

Ma rimane ben poco da sovrintendere quando si diventa oggetto e vittima di una vera e propria caccia all’uomo.

Una sessantina di persone uccise solo negli ultimi due anni e il numero parrebbe destinato a crescere nella zona al confine tra i due Paesi: tombe profanate, pezzi di corpo venduti a caro prezzo per produrre amuleti e pozioni che garantirebbero, secondo le credenze popolari, prosperità e salute.

L’albinismo suscita da sempre timore e disagio in queste terre d’Africa, ove il colore della pelle può così sancire la tua morte, o la tua sopravvivenza.

Lo scempio era cominciato nel nord-ovest della Tanzania, alla fine del 2007, con misteriosi omicidi che prendevano di mira persone affette da albinismo, soprattutto bambini.

Sarebbero più di diecimila gli albini nascosti nelle campagne dell’Africa occidentale per scampare alle persecuzioni, alle torture, alle mutilazioni e alle efferate uccisioni: a diffondere l’allarmante notizia è la Croce Rossa internazionale.

Stessa situazione in Camerun: qui flagello di questa fetta di popolazione nemmeno tanto esigua è da sempre il presidente Paul Biya, un ottantenne che governa il Paese dal 1982.

«Con lui gli albini tremano di paura. Saranno braccati di notte e sacrificati».

Perché, nonostante i politici africani studino spesso in Inghilterra e in Francia, «le superstizioni restano e, ancora oggi, paradossalmente c’è chi, in Camerun continua a pensare che un rito propiziatorio compiuto con una pozione preparata con la pelle, le unghie o gli organi genitali degli albini serva a sconfiggere gli avversari».

Queste le parole di un superstite: Stephane Ebongue, giornalista albino camerunense rifugiato politico in Italia.

Suo fratello, anche lui affetto dalla stesso problema di basso livello di melanina, è stato molto meno fortunato: rapito e massacrato.

Il suo corpo non è stato mai ritrovato.