Tutti insieme comunque e nonostante tutto: un momento storico difficile, amaro, dalle poche prospettive ottimistiche. Questo mentre Monti si giocava un’altra importantissima partita in seno al Consiglio europeo. Anche lui ha giocato duro, si è sollevato le maniche e ha mostrato i muscoli
Nessuno se lo sarebbe aspettato davvero: una Nazionale italiana di calcio che arriva in finale in un momento storico difficile, amaro, dalle poche prospettive ottimistiche.
L’economia che va a rotoli portandosi dietro il futuro dei giovani, ma anche di molte famiglie; la natura che sobbalza sollevando il suolo e sradicando le vite ormai ben consolidate di migliaia di persone e le preziose testimonianze storiche del nostro patrimonio artistico; i suicidi dei disperati.
L’entusiasmo calcistico è cresciuto partita dopo partita: gli italiani incollati agli schermi come rapiti da un’occasione irripetibile, unica e un tantino magica: perché una nazionale così non la vedevamo da tanto tempo.
Undici giocatori che si muovono all’unisono quanto il moto perpetuo di un’unica, grande ondata. L’obiettivo comune: vincere.
E farlo per l’Italia, piegata su se stessa da troppo tempo, bisognosa di un riscatto, assetata di sensazioni positive, di giustizia, di coesione sociale, di orgoglio nazionale così tante volte percosso fin dentro le ossa dalle risa del mondo intero che ci guardava autodistruggerci.
Una squadra quella di Prandelli entusiasta, convinta, unita, caparbia, solidale, coraggiosa.
Già, il coraggio è ciò di cui tutti avremmo bisogno adesso davanti all’incertezza del domani e alla precarietà dell’oggi.
La sfida di Balotelli, nero come il carbone, ma italiano dentro; la favola di Cassano con la sua storia di una vita che ha dell’incredibile; la scommessa di Diamanti, un altro enfant terrible responsabilizzato da un CT progressista e ardimentoso; lo slancio emotivo di Buffon che con gli occhi parla ai tifosi, ai compagni di squadra, agli italiani.
E vedere i terremotati emiliani nelle proprie tendopoli seguire comunque la competizione calcistica, supportando i calciatori, tifando per un’Italia che ha fatto letteralmente crollare sotto i loro piedi il mondo a cui erano tanto abituati.
Tutti insieme comunque e nonostante tutto.
Questo mentre Monti si giocava un’altra importantissima partita in seno al Consiglio europeo. Anche lui ha giocato duro, si è sollevato le maniche e ha mostrato i muscoli, ha aperto la bocca e ha digrignato i denti: «premiate e sostenete l’Italia per il suo impegno».
Questo è ciò che Monti ha voluto che l’Ue percepisse forte e chiaro. E parrebbe che il messaggio sia stato recepito.
Insomma, la vita è una partita di calcio in cui non conta solo giocare, ma combattere con il cuore. Sempre.