Cinque regioni contro le trivellazioni

748
offshore-ravenna
Tempo di lettura: 3 minuti

Veneto, Abruzzo, Molise, Marche e Puglia hanno approvato una proposta di legge alle Camere per vietare ricerche di petrolio e gas. È dell’ultima ora la notizia in cui risulta coinvolta dagli «appetiti» dei perforatori anche la regione Liguria

Sono al momento cinque i Consigli regionali che, per difendersi da possibili estrazioni nei loro mari, hanno approvato una proposta di legge alle Camere per vietare ricerche di petrolio e gas. Le regioni in questione sono: Veneto, Abruzzo, Molise, Marche e Puglia.
Un anno fa, più o meno in questo periodo, osservavamo il nuovo piano energetico del Governo Monti e di come fosse solo una scusa per favorire combustibili fossili e trivellare ancora di più la nostra penisola. 365 giorni sono passati ma l’emergenza ancora non sembra scemare. Sono già 5, infatti, i Consigli regionali che, per difendersi da possibili estrazioni nei loro mari, hanno approvato una proposta di legge alle Camere (come stabilito dall’articolo 121 della Costituzione) per vietare ricerche di petrolio e gas in mare. Le regioni in questione sono: Veneto, Abruzzo, Molise, Marche e Puglia. Quest’ultima, roccaforte di Nichi Vendola da parecchio tempo, è stata la capo fila, avendo approvato già nel luglio 2011 una proposta da sottoporre alle Camere in tal senso. «Ed ora – sottolinea fiero Onofrio Introna, Presidente del Consiglio regionale pugliese – anche i Consigli che hanno aderito al nostro invito ad assumere iniziative analoghe hanno adottato un testo netto e inequivocabile».
La proposizione vieta la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi in Adriatico, da applicare «ai procedimenti di autorizzazione avviati e non conclusi, fatti salvi, fino all’esaurimento dei relativi giacimenti, i permessi, le autorizzazioni e le concessioni in essere, nei limiti stabiliti dai provvedimenti stessi». Introna ha poi inviato una lettera al ministro dell’Ambiente Orlando e ai Presidenti dei Consigli interessati (Eros Brega, per la Conferenza dei Presidenti dei Consigli, Nazario Pagano per l’Abruzzo, Vincenzo Niro per il Molise, Vittoriano Solazzi per le Marche e Clodovaldo Ruffato per il Veneto) per sottolineare l’esigenza di una moratoria dello sfruttamento di greggio e gas, vista come unica difesa dell’ecosistema costiero e delle economie turistiche delle coste.
Introna nella nota ha informato il Ministro anche delle iniziative intraprese da tempo dalle Regioni: «la battaglia che non da oggi le Regioni adriatiche stanno conducendo contro la ricerca di petrolio e gas nella piattaforma continentale marina antistante le nostre coste», chiedendo poi un incontro, utile «a stabilire le giuste sinergie tra Ministero e Regioni per un efficace iter parlamentare della proposta di legge che i cinque Consigli regionali hanno trasmesso alle Camere».
In Sicilia la situazione non è molto diversa. «Dove tutte le navi passano, dove tutti i pescatori pescano, nel cuore più prezioso del Canale di Sicilia, lo Stato italiano vorrebbe trasformare il tragitto, da libero qual è, ad una corsa ad ostacoli sotto il segno del petrolio – ha detto Marco Costantini, responsabile mare del Wwf Italia -. Il Wwf vuole fermarlo creando una nuova area protetta a Pantelleria, un obiettivo che possiamo raggiungere solo con l’aiuto dei cittadini di Pantelleria e dei tantissimi cittadini italiani e europei che firmeranno la nostra richiesta».
La richiesta a cui si fa riferimento è contenuta nella campagna «Sicilia: il petrolio mi sta stretto». Il Wwf ha chiesto alla commissione tecnica competente del ministero dell’Ambiente di cancellare i progetti di ricerca di idrocarburi che Eni e Edison hanno presentato nel Canale di Sicilia (che sono attualmente sotto esame alla commissione Valutazione di impatto Ambientale). I progetti in questione si vanno ad aggiungere a due permessi di ricerca concessi alle suddette aziende in un’area attigua e ad altri sette titoli minerari tra istanze, permessi e concessioni che riguardando sempre il Canale di Sicilia, area molto importante per il turismo, la biodiversità, gli animali (delfini, balenottere, mante mediterranee, aquile di mare, squali, tonni, pesci spada e tartarughe marine). Molto importante il fatto poi che l’area è a rischio sismico a causa di vulcani sottomarini tutt’ora attivi. Anche per questi motivi, il Wwf chiede al ministero di Via Cristoforo Colombo di ripensarci.
La petizione «Sicilia, il Petrolio mi sta stretto», promossa anche da change.org, serve a mobilitare le coscienze dei cittadini per scongiurare l’eventualità di uno stravolgimento ambientale notevole, chiedendo di firmare per fermare le trivelle e per istituire un’area protetta a Pantelleria, isola vulcanica del Mediterraneo, unica isola non tutelata nello Stretto di Sicilia e quindi preda di progetti di estrazione petrolifera.
È dell’ultima ora la notizia in cui risulta coinvolta dagli «appetiti» dei perforatori anche la regione Liguria. Nel mar Ligure ogni anno per l’accoppiamento riproduttivo si riuniscono tutte le balene (1.400 circa) del Mediterraneo, per cui esistono già vincoli internazionali per tutelare l’area. A partire dalle coste francesi, Monaco e Sardegna settentrionale compresi, fino alla Toscana, da diversi anni esiste la più grande riserva marina d’Europa: Pelagos, dai più conosciuta come «Santuario dei Cetacei». Questa realtà dovrebbe bastare per fermare le trivellazioni, sarà così? Vediamo come risponderà la giunta regionale della Liguria.