Venticinque attivisti nel 2006 occuparono per tre giorni la centrale Enel
Oggi venticinque attivisti di Greenpeace sono stati assolti per la protesta pacifica e non violenta con la quale, nel 2006, occuparono per tre giorni la centrale Enel di Porto Tolle (Rovigo). Quella manifestazione nasceva in risposta alla volontà dell’azienda di convertire l’impianto a carbone, scegliendo dunque la fonte energetica più nociva per il clima e la salute, ignorando la disponibilità (proprio davanti all’impianto) del più grande terminal gasiero offshore al mondo.
Nel dettaglio gli attivisti sono stati assolti per i due capi d’accusa principali: piena assoluzione per «arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali. Sabotaggio» e assoluzione, per vizi formali nel capo d’accusa, per il reato di «deturpamento e imbrattamento di cose altrui». Quanto al «danneggiamento» sono stati condannati invece a 300 euro di multa.
«Questa sentenza è il riconoscimento della legittimità della nostra protesta – dichiara Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia -. Battersi contro progetti come quello di Porto Tolle, distruttivi per il clima, dannosi per la salute umana e per l’ambiente, improduttivi sul piano occupazionale ed economico, è un dovere civile prima ancora che un impegno ambientalista. Ribadire questo è ancora più importante adesso che altri 30 attivisti sono nelle carceri russe per aver protestato pacificamente contro le trivellazioni nell’artico».
Greenpeace è impegnata da molti anni in una campagna globale contro il carbone, la fonte maggiormente responsabile delle emissioni di gas serra, dunque la principale causa dei cambiamenti climatici. Da oltre un anno Greenpeace sta facendo campagna contro Enel, la grande multinazionale controllata dallo Stato, responsabile di tre quarti della produzione elettrica da carbone in Italia. Greenpeace accusa Enel di causare nel Paese, con gli inquinanti emessi dalle sue centrali a carbone, una morte prematura al giorno e 1,8 miliardi di euro di danni l’anno. Enel ha già trascinato in giudizio Greenpeace, ritenendo questi dati diffamatori; ma la magistratura ha invece ritenuto scientificamente fondate quelle accuse, legittima la protesta ambientalista e ha respinto in due circostanze i ricorsi dell’azienda.
Dall’inizio della campagna di Greenpeace, Enel non ha mai risposto alle critiche dell’associazione ambientalista; continua a cercare, piuttosto, di censurarne la denuncia per vie legali, attraverso numerose denunce e richieste di risarcimenti. Greenpeace ribadisce che non saranno questi mezzi a fermare la sua protesta e che continuerà la sua campagna fino a quando Enel non avrà rinunciato all’uso del carbone.