Legambiente: Stop sussidi alle fonti fossili

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Sono pari a oltre 12 miliardi di Euro i sussidi di cui beneficiano le fonti fossili nel nostro Paese, tra diretti e indiretti a petrolio, carbone e altre fonti che inquinano l’aria e danneggiano la salute, e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici

La crisi climatica sta causando gravi danni e numerose vittime in tante parti del mondo. L’ultimo rapporto dell’Ipcc ha confermato che la crescita delle emissioni di gas serra provocherà un ulteriore riscaldamento del Pianeta con conseguenze nefaste per gli oceani, per gli impatti degli eventi estremi e le temperature globali che potranno aumentare tra i 2 e i 4 gradi entro fine secolo. Occorrono scelte decise per fermare i cambiamenti climatici. A cominciare dall’eliminazione dei sussidi per le fonti fossili. Perché la combustione delle fonti fossili è la causa principale dei cambiamenti del clima ed è semplicemente assurdo che benefici di sussidi che hanno superato nel mondo i 544 miliardi di dollari.
«Occorrono scelte chiare a partire dall’Italia – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini nel presentare il dossier lanciato oggi dall’associazione ambientalista sui costi delle fonti fossili -. Sono infatti pari a oltre 12 miliardi di Euro i sussidi di cui beneficiano le fonti fossili nel nostro Paese, tra diretti e indiretti a petrolio, carbone e altre fonti che inquinano l’aria e danneggiano la salute, e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici. Scegliere di cancellarli è una straordinaria occasione per dimostrare una seria intenzione di frenare i cambiamenti climatici e fare della green economy la strada maestra per uscire dalla crisi. Per questo, chiediamo al Governo Letta il coraggio e la lungimiranza di mettersi a capo di una coalizione internazionale per cancellare questi sussidi e assumere un ruolo da protagonista nel semestre di Presidenza dell’Unione europea che spetta al nostro Paese a partire da Luglio 2014».

I principali network ambientalisti chiedono che questi sussidi siano aboliti e che si acceleri sulla decarbonizzazione delle economie. Questo stop, da solo, permetterebbe di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate, ovvero il 5,8% al 2020, contribuendo al raggiungimento della metà dell’obiettivo climatico necessario a contenere l’aumento di temperatura globale di 2°C. «È assurdo – continua Edoardo Zanchini – ma i sussidi alle fonti fossili non esistono nel dibattito pubblico e politico italiano. Addirittura nella Strategia energetica nazionale approvata nel 2013, il tema dei sussidi alle fonti fossili, semplicemente, non compare. Eppure stiamo parlando di 4,4 miliardi di sussidi diretti distribuiti ad autotrasportatori, centrali da fonti fossili e imprese energivore, e di 7,7 miliardi di sussidi indiretti tra finanziamenti per nuove strade e autostrade, sconti e regali per le trivellazioni, per un totale di 12,1 miliardi di Euro a petrolio, carbone e altri fonti che inquinano l’aria, danneggiano la salute, e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici».

Tra le voci più importanti di sussidio diretto alle fonti fossili troviamo i trasporti. Al settore dell’autotrasporto sono andati, dal 2000 al 2013, quasi 5,3 miliardi di euro attraverso fondi diretti al sostentamento del settore (400 milioni l’anno), sconti sui pedaggi autostradali (120 milioni in media ogni anno), riduzioni sui premi Inail e Rca (rispettivamente 105 e 22 milioni) oltre a deduzioni forfettarie non documentate per circa 113 milioni annui. Per il 2013 si tratta di 400 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i 330 per il 2014, ad oggi in discussione nella Legge Stabilità. Un’altra voce di sussidio riguarda sconti sulle tasse per l’acquisto di carburante secondo l’Ocse, l’Italia nel 2011 ha sostenuto il settore con riduzioni e esenzioni dall’accisa per oltre 2 miliardi di euro.
Nel nostro Paese poi, alcuni impianti da fonti fossili beneficiano di sussidi diretti per la produzione elettrica, di cui l’esempio più noto è quello del famigerato incentivo Cip 6. Complessivamente, agli impianti a fonti fossili, dal 2001 al 2012 sono stati regalati 40.149 milioni di euro. Secondo i dati del Gse, nel 2012 il sussidio alle centrali è stato pari a 2.166 milioni di euro, di cui 724,4 milioni direttamente a carico dei cittadini, e continuerà, riducendosi nel tempo, ancora fino al 2021. Sempre secondo i dati del Gse, si può stimare che i Cip 6 da qui al 2021 costeranno alla collettività circa altri 4.880 milioni di euro. Addirittura nella proposta di Decreto del Fare 2 è previsto un incentivo per la costruzione di una centrale a carbone pulito nel Sulcis, in Sardegna. Gli oneri, stimati in circa 60 milioni di euro l’anno, per un costo totale di 1,2 miliardi di euro, saranno coperti tramite il prelievo nella bolletta elettrica. Ma non finisce nemmeno qui. Ammontano a circa 160 milioni di euro di fondi pubblici le risorse legate al sistema Ets (il meccanismo europeo di scambio delle emissioni), che andranno agli impianti inquinanti entrati in esercizio negli ultimi quattro anni, attraverso i rimborsi che sarebbero dovuti servire invece a ridurre le emissioni di CO2.

Un nuovo sussidio diretto per vecchie e inquinanti centrali da fonti fossili è entrato in funzione nel 2012 con nuovi sussidi giustificati con presunti allarmi legati all’emergenza gas. In pratica, per il rischio che in alcuni momenti dell’anno possano ridursi le forniture di gas dalla Russia, si regaleranno 250 milioni di Euro nel 2013 a vecchie centrali inquinanti, presi direttamente dalle bollette delle famiglie, e con «deroghe alla normativa sulle emissioni in atmosfera o alla qualità dei combustibili». Ci sono poi anche i cosiddetti extra costi per le isole minori. A Lampedusa e a Pantelleria, al Giglio come a Favignana, si potrebbe realizzare quanto oggi si è fatto a Pellworm in Germania, a Samso in Danimarca o a El Hierro nelle Canarie. Ossia soddisfare tutti i fabbisogni con moderni impianti solari, eolici, da biomasse collegati a smart grid elettriche e termiche, idriche e informatiche, oltre che e a sistemi di accumulo dell’energia. Ma non si può per la condizione di monopolio con i 62 milioni di Euro di sussidi di cui godono le vecchie centrali. Nelle bollette elettriche troviamo poi sussidi indiretti alle fonti fossili sotto forma di sconti ai grandi consumatori di energia invece che di una spinta all’efficienza per ridurre i consumi. A queste spetta uno sconto pari a 600,4 milioni di euro l’anno sugli oneri generali di sistema. Altro sussidio riguarda il servizio di interrompibilità, ossia una disponibilità ben pagata a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti nel caso di problemi sulla rete. Nel 2013 il servizio di interrompibilità si può stimare in 736,5 milioni di euro. Ancora, altro sussidio diretto a favore delle aziende energivore è la riduzione dell’accisa sul gas naturale impiegato per usi industriali da soggetti che registrano consumi superiori a 1.200.000 mc annui, per 60 milioni di euro l’anno.

Una forma di sussidio indiretto riguarda poi il campo delle infrastrutture. Invece di investire su metropolitane e tram per aiutare i cittadini a lasciare l’auto a casa, invece di migliorare la logistica delle merci per avere un’alternativa più efficiente con treni e navi, in Italia la priorità degli investimenti infrastrutturali continua ad andare a strade e autostrade, con la conseguenza di favorire il trasporto privato su gomma e quindi il consumo di fonti fossili. Nel 2012 la spesa per gli investimenti in nuove opere stradali e autostradali è stata pari a 2,4 miliardi di euro, erano 3,3 nel 2011. Ancora, altri sussidi indiretti e sconti sono applicati a coloro che sfruttano le risorse fossili nel territorio italiano. Un esempio sono le irrisorie royalty previste per trivellare in Italia, che sono state portate con il Decreto Sviluppo al 10% (a parte il petrolio a mare dove è al 7%). Se in Italia avessimo portato le royalty al 50%, nel 2012 ci saremmo trovati invece che un gettito di 333,5 milioni di euro circa con uno da 2.859 milioni. Se si aggiornassero i canoni per la prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio con cifre più adeguate (almeno 1.000 euro/kmq per la prospezione, 2mila per le attività di ricerca fino a 16mila per la coltivazione) le compagnie petrolifere potrebbero versare alle casse dello Stato oltre 300 milioni di euro invece dell’attuale milione. Anche in questo caso, la «distrazione» nell’aggiornare i canoni determina sussidi indiretti pari a circa 300 milioni di euro. A questi aiuti indiretti vanno aggiunti i sussidi diretti costituiti dalla riduzione dell’accisa sul gas naturale impiegato negli usi di cantiere, nei motori fissi e nelle operazioni di campo per la coltivazione di idrocarburi, che nel 2010 è stato pari a 220mila euro.
«L’entità dei sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili in Italia è un tema che merita trasparenza da parte del Governo e dell’Autorità per l’energia e di quella, appena nata, dei trasporti – ha concluso Edoardo Zanchini -. Le risorse pubbliche debbono entrare pienamente nel dibattito pubblico per riorientarle verso interventi realmente utili, capaci di aiutare le famiglie attraverso l’efficienza energetica e la messa in sicurezza del territorio attraverso interventi di adattamento ai cambiamenti climatici».

Il nostro Paese oggi può cogliere appieno i vantaggi di un modello che riduce la domanda di energia (lavorando sull’efficienza) e avvicina la risposta attraverso le fonti rinnovabili più adatte per i territori, gli edifici, le imprese.
Tra le proposte di Legambiente per cambiare lo scenario energetico, quindi svetta quella di eliminare tutti i sussidi diretti e indiretti per le fonti fossili intervenendo da subito su tutte le voci in bolletta legate a fonti assimilate; inoltre occorre ripensare le politiche in materia di trasporti per spostare una parte delle risorse verso interventi capaci di fornire un’alternativa più efficiente per lo spostamento delle persone e delle merci; occorre introdurre una trasparente tassazione che permetta di spingere innovazione e concorrenza nell’offerta elettrica, premiando l’efficienza in termini di emissioni di CO2. Bisogna sviluppare le rinnovabili valorizzando appieno i vantaggi che questi impianti possono portare al sistema energetico (produzione pulita e distribuita) e integrarli con le più efficienti tecnologie di produzione e stoccaggio dell’energia elettrica, con moderne smart grid. Per riuscirci occorre premiare tutte le forme di autoproduzione di energia elettrica e termica e i contratti di vendita diretta dell’energia prodotta da nuovi impianti da Fer.
L’efficienza energetica deve diventare la stella polare di tutte le politiche che riguardano le imprese, gli edifici, il trasporto. In particolare occorre scegliere l’efficienza come chiave per affrontare i problemi di degrado di milioni di edifici costruiti senza alcuna attenzione al risparmio energetico e al rischio statico e sismico che interessano direttamente milioni di famiglie italiane.

Cancellare i sussidi alle fonti fossili permette di aprire uno scenario con più lavoro nel settore energetico, nel quale si può ridurre il prezzo dell’energia proprio perché si interviene tagliando la voce più pesante che è quella delle importazioni di fonti fossili, senza considerare tutti i vantaggi per il clima, per l’ambiente e la salute di chi vive intorno alle centrali.