Le minoranze scudo contro la globalizzazione

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cultura arbereshe
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Lavorare per la promozione della diversità linguistica aumenta la consapevolezza della diversità culturale e aiuta a sradicare xenofobia, liti, incomprensioni e conflitti sorti tra popoli che molto spesso non sanno comunicare tra loro

San Paolo Albanese per un giorno, è stato, in collaborazione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019, capitale europea della cultura arbëreshë. Un evento che ha catapultato il piccolo centro del Pollino all’attenzione della cultura arbëreshë d’Italia ma, soprattutto, ha offerto un importante spunto di riflessione.

Cos’è oggi una cultura minoritaria e qual è il suo valore nell’attuale società? Più volte si è parlato dell’importante ruolo storico svolto, soprattutto nel periodo risorgimentale, da questi profughi albanesi nei territori che l’allora Re di Napoli affidò loro. Ma l’importanza, oggi, di una cultura minoritaria è ben altro, riguarda direttamente il nostro modo di vivere e di concepire la società. Una importanza riconosciuta anche dal Consiglio d’Europa e che trova il suo fondamento nell’articolo 14 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo del 1950: il principio, cioè, di non discriminazione, soprattutto in ragione della lingua o dell’appartenenza ad una minoranza nazionale.

Tradotto, per l’odierna società preservare una cultura minoritaria significa contrastare efficacemente il rischio di globalizzazione e di perdita di identità; ma volendo allargare l’orizzonte, lavorare per la promozione della diversità linguistica aumenta la consapevolezza della diversità culturale e aiuta a sradicare xenofobia, liti, incomprensioni e conflitti sorti tra popoli che molto spesso non sanno comunicare tra loro.

Ma una lingua e una cultura minoritaria sono ancora molto di più: ci ricorda Tullio De Mauro che una lingua materna, una lingua in cui siamo nati e abbiamo imparato ad orientarci nel mondo non è un guanto, uno strumento usa e getta. Essa innerva dalle prime ore di vita la nostra vita psicologica, i nostri ricordi, associazioni, schemi mentali. Essa apre le vie al consentire con gli altri che la parlano ed è dunque la trama della nostra vita sociale e di relazione, la trama, invisibile e forte, della nostra identità di gruppo.

Ecco, qual è oggi la nostra identità? Ma ancor prima, da cosa è costituita la nostra identità? Oggi abbiamo una identità di facciata, valida a Roma come a New York o in qualsiasi altra città al mondo; ma non possiamo assolutamente dire che quella sia la «nostra» identità, quella che rispecchia i nostri valori più intimi. Non possiamo dirlo perché una identità nostra noi non l’abbiamo e non la possiamo avere: per dirla pirandellianamente, noi abbiamo una, nessuna e centomila identità; tante (o nessuna) quante la società globalizzata volta volta ce ne affibbia.

Il messaggio che ci viene dalla giornata di domenica scorsa da San Paolo Albanese, al contrario, è un messaggio che ci spinge a lavorare tutti insieme per riscoprire le proprie origini, a farci capire che la diversità linguistica e culturale è una ricchezza per tutti in un mondo sempre più omologato culturalmente e privo di iniziativa autonoma.

Tutto questo è stato il filo rosso dell’evento «San Paolo-Capitale europea, per un giorno della cultura arbëreshë», raccontato come solo gli arbëreshë sanno fare, tra canti e balli nei loro costumi tradizionali. Molti i gruppi folkloristici che hanno preso parte all’iniziativa: oltre a San Paolo Albanese ricordiamo i gruppi di Castelvecchio di Puglia e Chieuti (Foggia), Castroregio, Cerzeto, Frascineto, Lungro, San Benedetto Ullano (Cosenza).

Il messaggio che da San Paolo Albanese le comunità arbëreshë hanno voluto lanciare è che un altro tipo di società è possibile, una società non fondata esclusivamente sul guadagno e sul profitto, ma una società fondata sul rispetto, sulla solidarietà, sul piacere di vivere e ritrovarsi insieme; valori che a prima vista non fanno certo aumentare il Pil o girare l’economia, ma che sicuramente faranno vivere meglio. Ancora una volta, gli arbëreshë non hanno fatto mancare il loro contributo; come sempre in modo disinteressato, altruista, ma fortemente ancorato a valori e principi che nel corso dei secoli hanno forgiato un popolo che a distanza di più di cinque secoli ha ancora tanto da insegnare alla società attuale.

 

Nicola Alfano