Bullismo, aggressività ed esibizione

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Appunti per l’equilibrio comportamentale

Le risse di piazza sono la punta di un iceberg la cui superficie fa notizia ma la cui massa sommersa è più vasta e più devastante dell’evidenza. Da qui la necessità che i social siano sorvegliati, che i genitori vigilino sulla digitazione dei figli sullo strumento, che il servizio statale produca criteri e sistemi di controllo contro i sopraffattori celati e anonimi

Notiziari e servizi televisivi informano sugli scontri urbani di adolescenti e giovani nei luoghi simbolo di diverse città. Il termine adoperato dai mezzi di comunicazione e dai giornalisti è generalmente quello di «rissa».

Se lo consultiamo nei dizionari più diffusi (De Voto, Gabrielli, Treccani) scopriamo gli elementi comuni che costituiscono la definizione: «scontro violento e volgare, anche con mezzi contundenti, anche con lesioni gravi».

Gli atti violenti e l’aggregazione sono aspetti ritornanti e allarmanti che provocano sconcerto e preoccupazione nell’opinione pubblica.

Mossi dalla necessità di interpretare questi segni sociali e spinti dall’urgenza di intravedere le soluzioni della problematicità scatenata, poniamo interrogativi che interpellano la ricerca scientifica sia per l’interpretazione del fenomeno che per il suo superamento.

Prima questione: è problema di temperamenti o di caratteri individuali? Secondo interrogativo: perché gli scontri avvengono in ambienti pubblici e in presenza di mezzi di ripresa?

Mentre la sociologia risponde al secondo interrogativo la psicologia ci offre una valida interpretazione della prima questione e, di conseguenza, scopriamo il suo contributo anche per analizzare il fenomeno sociale.

La questione si inserisce nella grande tematica della violenza perché questa abbraccia sia le componenti proprie della rissa sia i presupposti che la scatenano.

Seguiamo lo schema che riassume i due aspetti indicati e ricaviamo un possibile itinerario da seguire in campo rieducativo. Se si fa luce sulle cause allora si determina più agevolmente il campo di azione ben più vasto e più importante della repressione che è l’approccio più immediato diretto a ristabilire l’ordine pubblico ma non a riequilibrare le parti in causa:

modelliPrima indicazione: la triplice ripartizione propone l’uguaglianza dei flussi

Seconda indicazione: i due ambiti (familiare e sociale) sono i due presupposti della violenza

Terza indicazione: la fenomenologia della violenza si colloca su due livelli, del sé e della socialità

Quarta indicazione: i comportamenti vanno interpretati nella duplice proiezione (famiglia e società)

Quinta indicazione: il recupero è indispensabile e va intrapreso e consolidato negli stessi due ambiti.

Le politiche riabilitative devono curare la prevenzione e contemporaneamente l’applicazione di progetti calibrati in sede formativa, con interventi specialistici per assicurare ai minori il processo formativo resiliente.

Nei luoghi di aggregazione l’osservazione del primo apparire del bullismo obbliga a interventi di analisi e a provvedimenti educativi capaci di rilanciare la relazione equilibrata e la difesa dei soggetti-bersaglio. Infatti i modelli sociali sono originati dalla diffusione di usi favoriti anche dal web che i ragazzi usano e di cui abusano.

Un esempio quasi banale ma per sé significativo: in una classe di liceo la critica di gruppo è rivolta ad una ragazza per il suo uso di indumenti rammendati; ciò le provoca un disagio grave fino a indurla all’abbandono della frequenza. Attraverso il sistema del Cirkle-talk (cfr. il nostro intervento sul Trimestrale «Villaggio Globale» di questo sito) lo stato di crisi viene individuato, discusso, dimensionato e definitivamente superato.

Nel caso citato si era determinata violenza secondo il modello di gruppo e con l’effetto di disagio individuale: la banalità era rappresentata dal modesto cucito di una blusa ma l’effetto era stato la regressione della disposizione psicologica della ragazza verso la socializzazione e di conseguenza verso la scuola e il proprio futuro.

L’esempio vale per chiarire come il servizio pubblico (la scuola) debba intervenire non solo a lenire la sofferenza ma anche a rendere innocui coloro che esercitano violenza in quanto aiutati a modificare l’operato iniziando dalla scoperta della valenza civile responsabile dell’atteggiamento e delle azioni individuali e sociali.

La triplice ripartizione sopra descritta mostra come l’educazione viaggi nella duplice direzione tra modelli e ambiente, intendendo con quest’ultimo la situazione ben definita della realtà in cui si intrecciano anche le relazioni senza coordinamento e senza proporzione determinanti il sorgere del fatto violento.

Le risse di piazza sono la punta di un iceberg la cui superficie fa notizia ma la cui massa sommersa è più vasta e più devastante dell’evidenza.

Da qui la necessità che i social siano sorvegliati, che i genitori vigilino sulla digitazione dei figli sullo strumento, che il servizio statale produca criteri e sistemi di controllo contro i sopraffattori celati e anonimi.

Possiamo oggi ben dire che il gioco telematico che prevede l’annientamento dell’avversario è parola impropria perché esso induce a cucire su misura la mentalità della vittoria contro lo scacco matto: conclusione affascinante, rilancio della partita per nuovo e aggiornato record, primato-punti che introduce anche nel linguaggio corrente «asfaltare l’avversario», come sinonimo dell’annientamento e della messa in mora.

La teoria non anticipa l’operato: è questo, il cosiddetto gioco che fonda e giustifica la teorizzazione della supremazia producendo il convincimento della ricerca del bersaglio, del ritmo e cadenza delle azioni conseguenti, dell’idealizzazione della velocità e della furia, l’ostracismo del diverso.

Il vocabolario della furia eroica si produce in sequenza parossistica che è l’anima della rissa:

  • vincere contro il cooperare
  • prestanza contro inclusione
  • diritto contro dovere
  • giudizio contro ascolto
  • pretesa contro dono
  • parola contro silenzio
  • osanna contro sconfitta
  • vanto contro mancanza
  • possedere contro mancare
  • denaro contro bisogno
  • potere contro soggezione
  • l’io contro tu
  • noi contro voi
  • apparire contro ignorare
  • l’arma contro il disarmo
  • godere contro patire
  • inganno contro lealtà
  • libertà contro sudditanza

Elaborare la riedificazione dell’edificio della personalità non passa dal non devi morale, come comandamento etico e giudizio strumentale. La ricucitura delle lesioni interiori segue un’altra pista educativa: la tua dignità è percorribile, il riscatto produce beneficio, il tuo valore è sorprendente, le tue parole possono essere più franche e generatrici rispetto ai muscoli, usare il lievito per trasformare è più salutare del divorarlo.

Cercare di capire da dove nasca la rabbia è la prima operazione indispensabile per disinnescare la deflagrazione degli elementi contrastanti dell’interiorità. Cercando fino infondo trovi assenza di affettività e emozioni non governate.

Impossessiamoci delle parole per far compagnia alle solitudini stampate nel nucleo centrale delle adolescenze contrastate.

Queste righe sono solo appunti per entrare nella lettura delle risse di gruppo che, oggi, superficialmente si addebitano alle forzate chiusure della piazza libera!

 

Francesco Sofia, Pedagogista, Socio onorario dell’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani