Qualità dell’aria, solo 7 Paesi rispettano limiti Oms sul Pm2.5

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(Adnkronos) – Solo 7 Paesi al mondo rispettano i limiti di Pm2.5 fissati dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità). Anche se, in generale, l’aria risulta più pulita

rispetto al secolo scorso, questi dati sottolineano la crescente esposizione dell’uomo a uno degli agenti più pericolosi per la sua salute, quale appunto il particolato atmosferico con un diametro di 2,5 micrometri (un millesimo di millimetro). Una struttura così piccola che gli consente di introdursi nelle cellule umane, danneggiandole anche gravemente.  Il dato arriva dal Rapporto mondiale sulla qualità dell’aria 2023 di IQ Air, società che raccoglie i dati da più di 30mila stazioni di monitoraggio in tutto il mondo e che un mese fa è stata al centro delle polemiche dopo il sondaggio che classificava Milano come terza città più inquinata al mondo. Risultati che il sindaco del capoluogo lombardo Beppe Sala aveva definito “notizie da social” trattandosi di “rilevazioni estemporanee, fatte da un ente privato che ogni tanto tira fuori questa cosa qua”. In effetti, quel dato fotografava quello specifico momento dall’aggiornamento che IQ Air fa sulla qualità dell’aria nel mondo, stilandone una classifica in tempo reale. Al contrario, il rapporto mondiale di IQ Air sulla qualità dell’aria 2023, giunto alla sesta edizione, fotografa i dati relativi a un intero anno solare. Il limite di questa indagine è che si riferisce solo alla concentrazione di Pm 2.5 e non in generale alla qualità dell’aria. Prima di entrare nel dettaglio, una nota metodologica: anche se il rilevamento delle emissioni è costantemente aumento negli ultimi sei anni, alcune zone sono ancora scoperte dal monitoraggio. L’analisi di IQ Air ha riguardato 134 Paesi nel mondo (su 205 totali, di cui 195 riconosciuti come “sovrani” dalla comunità internazionale). I sette Paesi che hanno rispettato le linee guide dell’Oms sulla concentrazione di Pm 2.5 nell’aria (media annuale di 5 µg/m³ o meno) sono: Australia, Grenada, Islanda, Mauritius, Nuova Zelanda e due Paesi dell’Ue, ovvero Estonia e Finlandia. Al contrario, i 5 Paesi con più presenza di Pm 2.5 lo scorso anno sono stati: – Bangladesh (79,9 µg/m³) più di 15 volte superiore ai limiti Oms,  – Pakistan (73,7 µg/m³) più di 14 volte superiore alla linea guida annuale PM2.5 dell’Oms; – India (54,4 µg/m³) più di 10 volte superiore alla linea guida annuale PM2.5 dell’Oms; – Tagikistan (49,0 µg/m³) più di 9 volte superiore alla linea guida annuale PM2.5 dell’Oms; – Burkina Faso (46,6 µg/m³) più di 9 volte superiore alla linea guida annuale PM2.5 dell’Oms La situazione è particolarmente critica in India, mentre il continente africano è quello con più lacune nel monitoraggio (1/3 dei cittadini non ha accesso ai dati sulla qualità dell’aria). Il 70% dei dati sulla qualità dell’aria nella regione dell’America Latina e dei Caraibi, invece, proviene da sensori a basso costo e quindi poco affidabili. È ampiamente risaputo che il particolato fine proviene principalmente dalle emissioni dei veicoli a motore termico e dall’industria. Una situazione che mette in allerta l’Italia, che è il Paese europeo con più auto per abitanti, nonché, tra le forze economiche Ue, quello con il peggior sistema di trasporto sui binari. Quest’ultimo elemento, in particolare, rallenta la transizione green del Belpaese come spiegato all’Adnkronos dal presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani.  Ciò che stupisce, invece, è che nel 2023 il Canada sia risultato il Paese più inquinato del Nord America. Un record negativo per il Paese caratterizzato dalle maestose montagne e delle foreste di conifere, ma non proprio una sorpresa. In Canada, infatti, le emissioni di Pm 2.5 non sono state trainate dai classici fattori (veicoli e industria), ma dagli incendi, mai così tanti come nel 2023. L’anno scorso, più di 2.300 incendi hanno devastato oltre 3,7 milioni di ettari di foreste nel Paese, un dato impressionante se si pensa che l’intera superficie boschiva dell’Italia supera di poco gli 11 milioni di ettari.  La flora e la fauna canadese sono state colpite duramente, e l’inquinamento atmosferico da Pm 2.5 ha avuto e avrà conseguenze sulla salute degli abitanti. Senza considerare gli effetti devastanti sull’assorbimento della CO2. Anche se i più considerano quanto successo in Canada un’eccezione, va sottolineato come tutti questi incendi siano stati solo l’ennesimo risultato del surriscaldamento climatico, giunto a livelli record nel 2023. Quindi, più che eccezioni, conseguenze che diventano causa di ulteriore inquinamento. L’Oms ha aggiornato le Linee Guida globali sulla qualità dell’aria (AQG 2021) nel settembre 2021. Questo documento fornisce nuove evidenze sui rischi per la salute associati a livelli bassi di inquinamento atmosferico. Le nuove linee guida sono state sottoscritte da oltre cento società medico-scientifiche di tutto il mondo, incluse una decina italiane, tra cui il progetto CCM RIAS – Rete Italiana Ambiente e Salute che esortano i Paesi ad usarle come guida per l’attuazione di politiche ambiziose sulla qualità dell’aria. Ecco alcuni dei principali aggiornamenti delle linee guida Oms: – Particolato fine (Pm 2.5): La media annuale del PM2.5 è stata ridotta da 10 a 5 µg/m³; – Particolato inalabile (Pm 10): La media annuale del PM10 è stata ridotta da 20 a 15 µg/m³; – Biossido di azoto (No2): Il limite è drasticamente ridotto da 40 a 10 µg/m³; – Monossido di carbonio (Co): Viene suggerito un limite giornaliero di 4 µg/m³1; Da un punto di vista normativo, l’Italia ha fissato i limiti di Pm 2.5 a 25 microgrammi al metro cubo, cinque volte superiore rispetto alle linee guida Oms. Una recente ricerca pubblicata sul Pmc (Publical Medical Center di Basilea) ha evidenziato come l’esposizione a lungo termine a Pm 2.5 sia associata ad un aumento dell’11% nelle morti correlate a malattie cardiovascolari. Inoltre, uno studio su una vasta popolazione americana ha osservato un incremento del 15% nei decessi dovuti a malattie ischemiche del cuore per ogni incremento di 10 µg/m³ nella concentrazione annuale di Pm 2.5. L’inquinamento atmosferico, e in particolare le Pm 2.5, è stato identificato come la quarta causa principale di mortalità tra tutti i fattori di rischio metabolici e comportamentali nel 2020 secondo l’Istituto per la Metrica e la Valutazione della Salute. Queste particelle sono particolarmente pericolose perché possono penetrare profondamente nei polmoni e nel flusso sanguigno, causando non solo malattie cardiovascolari, ma anche malattie respiratorie croniche, cancro ai polmoni e ictus. La ricerca ha anche esplorato gli effetti tossicologici
del Pm 2.5 su altri organi, rivelando che l’esposizione può danneggiare anche altri sistemi: renale, neurologico, gastrointestinale e riproduttivo. Questo succede perché le disfunzioni cellulari indotte dal particolato fine, come le risposte infiammatorie dell’organismo, lo stress ossidativo e la genotossicità, possono portare a malfunzionamenti degli organi. I risultati di queste ricerche e i dati di IQ Air sulla qualità dell’aria mondiale nel 2023 sottolineano l’importanza di misure preventive contro l’esposizione a Pm 2.5. Intanto, lo scorso è stato l’annus horribilis del clima, con un aumento esponenziale delle calamità naturali. L’imperativo è considerare tutti questi elementi come parte di un unico problema e non per compartimenti stagni. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)