Protestiamo per badanti e raccoglitori di pomodori (nuovi schiavi), ma ogni giorno abbiamo 5-6 milioni di villeggianti per cui i centri storici si insozzano, diventano ristoranti a cielo aperto.
Gli stranieri ci invadono, si accampano nelle nostre città, le trasformano in luna-park, le sommergono di pattume, di chiasso, di smog e non solo: ci cacciano dalle nostre case trasformate in alberghi, fanno schizzare gli affitti alle stelle, assaltano i trasporti pubblici, collassano i servizi essenziali. I turisti come le cavallette. Poi se ne vanno, è vero; finita la vacanza ritornano a casa, soddisfatti speriamo; però poi altri ne arrivano al posto loro, sempre più numerosi. Spalmati su 12 mesi, è come se avessimo 5-6 milioni di ospiti stanziali, il 10 per cento dell’intera popolazione. Un vero e proprio avvicendamento etnico. Il bello è che questa sostituzione, in corso sotto i nostri occhi, non solleva moti di protesta, non suscita reazioni scomposte né alimenta movimenti xenofobi all’insegna de «l’Italia agli italiani» o idiozie del genere. Anzi, il contrario.
Siamo il quinto Paese più visitato al mondo e ne meniamo orgoglio, come è giusto. Il turismo migliora la nostra immagine, sponsorizza il Made in Italy, ci fa apprezzare per il senso dell’ospitalità, allarga la cerchia delle amicizie e l’apertura mentale di chi ci visita.
Tanta gente col naso all’insù rappresenta, senza dubbio, un aiuto alla memoria storica, un’educazione all’arte, un arricchimento culturale per l’umanità intera, un Grand Tour su scala di massa, una contaminazione sì ma benefica per fortuna. L’invasione conviene; e i vantaggi sono talmente ovvi che sale la soglia di tolleranza collettiva trascurando quasi del tutto gli effetti collaterali, perfino quelli destinati a stravolgerci l’esistenza.
Chi fa quattro passi a Venezia (se ci riesce), o nei vicoli di Firenze, oppure all’ombra del Cupolone, vede città assediate dalle orde barbariche, centri storici svuotati dai residenti, conventi trasformati in alberghi in vista del Giubileo, code interminabili di pellegrini sudati, botteghe artigiane che fanno posto a snack bar, pizze al taglio al posto delle pizzerie, e bancarelle di souvenir con insegne da raccapriccio, finti centurioni e gondolieri, marciapiedi intasati di tavolini, l’usura dei monumenti, i musei che traboccano, e le strade ingolfate dai bus a due piani che scaricano particolato e l’igiene urbana allo stremo perché perfino i nordici, una volta in Italia, diventano maleducati.
E i B&B, vogliamo parlarne? Stravolgono la quiete dei condomini con il viavai di gente ignota, i portoni perennemente aperti, gli ascensori scassati, gli schiamazzi notturni dopo le libagioni per non parlare di certi altri aspetti (turismo sessuale compreso).
Paradosso dei paradossi, viene considerata invasiva l’immigrazione di gente umile che ci aiuta a cogliere pomodori, spiumare polli e badare ai vecchi in un Paese di anziani (ce ne vorrebbe tanta di più, sempre secondo Bankitalia).
C’è chi, contro questi immigrati, semina odio. Mentre lo straniero col portafoglio gonfio, che viene a farsi accudire, diventa manna dal cielo, addirittura lo ringraziamo pregandolo di tornare. Quando si dice: due pesi e due misure.
Francesco Sannicandro