L’alluvione di Genova, il clima e l’indifferenza italiana

505
Tempo di lettura: 2 minuti

Greenpeace ritiene che eventi atmosferici estremi come quelli di queste settimane saranno purtroppo sempre più frequenti e violenti se non si inverte presto la rotta in materia di emissioni di gas serra

Le drammatiche scene viste appena pochi giorni fa nelle Cinque Terre oggi si ripresentano con altrettanta gravità a Genova. «È certo che ci sono molte cause per la violenza dei fenomeni meteo che stanno colpendo il nostro Paese, e che ve ne sono altrettante per i danni e le vittime che producono, compresi il dissesto idrogeologico e la gestione del territorio – ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace -. È altrettanto chiaro, però, che questi eventi sono sempre più frequenti e intensi e che, come ha ricordato il presidente Napolitano, essi sono la conseguenza dei cambiamenti climatici prodotti dall’uomo».

Greenpeace ritiene che eventi atmosferici estremi come quelli di queste settimane saranno purtroppo sempre più frequenti e violenti se non si inverte presto la rotta in materia di emissioni di gas serra [1].

Da un studio pubblicato lo scorso febbraio su «Nature» risulta come le emissioni di gas a effetto serra abbiano contribuito all’aumento delle precipitazioni estreme nei due terzi dei casi relativi all’emisfero nord.

Negli ultimi sei anni, secondo dati del gruppo Munich RE, i danni dovuti a eventi meteo estremi, a livello mondiale, sono costati tra i 50 e i 100 miliardi di dollari l’anno; mentre i morti causati da questi eventi vanno da ottomila (2009) fino a ottantamila (2008).

«Chiamare in causa i cambiamenti climatici, anche in circostanze dolorose come questa di Genova, non significa maledire il cielo – ha concluso Boraschi -. Ci sono responsabilità che la politica e l’industria, in particolare quella energetica, devono assumersi per garantire un futuro dove a farla da padrone non sia il caos climatico».

In tal senso, il governo italiano è del tutto latitante, anche in vista della prossima conferenza di Durban, dove si deciderà del futuro del protocollo di Kyoto: l’Italia gioca costantemente una partita di retroguardia nel contrasto ai cambiamenti climatici, anche in sede europea dove l’indifferenza della nostra classe politica a questi problemi è risaputa.

Greenpeace chiede al governo italiano di sostenere, nei prossimi negoziati di Durban, la necessità di nuovi stringenti accordi internazionali per la salvaguardia del clima; e chiede la dismissione degli impianti di produzione termoelettrica basati sulle fonti fossili e investimenti in fonti rinnovabili ed efficienza energetica.

[1] Greenpeace ricorda come in Italia le temperature, negli ultimi 100 anni, si sono alzate di 1,3 gradi Celsius rispetto alla media del periodo di riferimento. Il fenomeno si è acuito nelle ultime decadi: tutti i primi 10 anni più caldi, dal 1800 ad oggi, nel nostro Paese, sono successivi al 1990; e di questi, 6 su 10 sono successivi al 2000. Per stare ai soli ultimi 20 anni, le temperatura medie sono cresciute di 0,7 gradi Celsius. Si tratta di un trend fino a 4 volte superiore a quelli registrati nella maggior parte del Pianeta.

(Fonte Greenpeace)