Greenpeace blocca piattaforma verso l’Artico

458
Tempo di lettura: 2 minuti

Le temperature e le condizioni meteo estreme renderebbero problematica ogni risposta in caso di incidente. Gli impatti sull’ecosistema sarebbero gravi e impossibili da controllare

Questa mattina all’alba attivisti di Greenpeace hanno bloccato in mare la piattaforma di esplorazione petrolifera Leiv Erikisson appena partita dal porto di Istanbul in Turchia con rotta per la Baia di Baffin in Groenlandia nel tentativo di proteggere l’ambiente incontaminato della regione polare da pericolose perforazioni alla ricerca di petrolio.

Alle 5,40 ora locale un team internazionale di volontari di vari paesi a bordo di gommoni ha intercettato la piattaforma e scalato la sommità della torre di trivellazione destra, dove hanno esposto lo striscione «Stop the Artic Destruction». Gli attivisti sono pronti a un’occupazione a oltranza, e hanno a disposizione viveri per giorni.

«La Leiv Erikisson è oggi la piattaforma più pericolosa perché è l’unica destinata, per conto della compagnia petrolifera Cairn Energy, a scavare nuovi pozzi offshore in uno degli ecosistemi più fragili al mondo, l’Artico – denuncia Ben Ayliffe, campaigner di Greenpeace che partecipa all’azione -. La Leiv Erikisson è un pericolo evidente e immediato per l’ambiente».

Le condizioni estreme delle regioni polari implicano che la Cairn Energy ha una finestra di tempo molto breve per perforare il fondo marino dell’Artico: la buona stagione dura poche settimane. Queste perforazioni sono previste a 1.500 metri di profondità, la stessa del disastro della Deepwater Horizon. Con la differenza che le temperature e le condizioni meteo estreme dell’Artico renderebbero problematica ogni risposta in caso di incidente. Gli impatti sull’ecosistema artico sarebbero gravi, impossibili da controllare.

In particolare la Baia di Baffin, dove la Leiv Erikisson dovrebbe entrare in azione tra poche settimane, è uno degli ecosistemi più fragili dell’Artico: ospita praticamente l’intera popolazione mondiale di narvalo e specie a rischio estinzione come la balenottera azzurra e l’orso polare. Nell’area sono poi presenti numerose colonie di uccelli marini.

«Cairn Energy guida la corsa all’oro nero nell’Artico. Possiamo ancora cambiare questa rotta e proteggere questa regione – aggiunge Ayliffe – ma solo se forziamo i politici che spalleggiano le compagnie petrolifere ad adottare misure che riducono la nostra dipendenza dal petrolio».

«Possiamo decidere subito un futuro che ci liberi dalla dipendenza di combustibili sporchi come petrolio, carbone e nucleare. Invece di investire miliardi per trivellare fino all’ultimo pozzo o per promuovere una scelta insensata e pericolosa come il nucleare, possiamo decidere di investire in energie rinnovabili e pulite e in efficienza – commenta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia -. Ad esempio, possiamo da subito decidere di utilizzare motori più efficienti, con minori emissioni di CO2, grazie ai quali il petrolio offshore non servirebbe a niente».

(Fonte Greenpeace)