Esiste una moratoria internazionale dal 1986 ma è disattesa dal Giappone che sostiene che la caccia sarebbe dovuta per presunti «motivi scientifici». Solo l’anno scorso sono state catturate e uccise 103 balenottere minori dell’Antartico. Nella battaglia legale contro il Giappone, il governo australiano può contare sul supporto di quello neozelandese, anch’esso indignato per l’attività predatoria di Tokyo
Nuovo capitolo nella battaglia legale tra Australia e Giappone sulla caccia alle balene. Il governo australiano ha infatti chiesto ai giudici della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja, dove il Governo nipponico sarà chiamato a deporre il prossimo mese di luglio, di imporre alle autorità giapponesi lo stop all’attività delle proprie baleniere. Sulla caccia alle balene, infatti, vige una moratoria internazionale dal 1986; ciononostante, Tokyo continua a violare le convenzioni internazionali per la protezione dei mammiferi e degli ecosistemi marini, sostenendo che la caccia sarebbe dovuta per presunti «motivi scientifici».
Per questo il governo australiano ha sollecitato la Corte dell’Aja non solo a fermare i «programmi di ricerca» giapponesi sulle balene (Jarpa II) ma a revocare qualsiasi tipo di licenza, permesso o autorizzazione che ancora consente a Tokyo di massacrarle.
«Soltanto l’anno scorso, le baleniere nipponiche hanno catturato e ucciso 103 balenottere minori dell’Antartico; si tratta evidentemente di un numero spropositato di esemplari, di un colpo mortale inflitto alla biodiversità», spiega Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa, che prosegue: «Seppure tale numero sia quello più basso mai toccato dal Giappone fin da quando nel 1987 prese il via la “caccia scientifica”, ciò rappresenta comunque una magrissima consolazione. Se realmente si vuole proteggere il mare, i suoi abitanti, la biodiversità tutta, è imperativo che nessun animale venga più ucciso».
Nella battaglia legale contro il Giappone, il governo australiano può contare sul supporto di quello neozelandese, anch’esso indignato per l’attività predatoria di Tokyo. «Per il bene dell’intero Pianeta – prosegue Ferri – mi auguro che i giudici dell’Aja facciano proprie le indicazioni di Canberra e Wellington, fermando una volta per tutte la pantomima della “caccia scientifica” che massacra animali migratori che non possono e non devono essere considerati proprietà di nessuno Stato. La comunità dei ricercatori, cetologi internazionali, ha avuto modo di puntualizzare proprio in seno alla Commissione internazionale Baleniera che la caccia a scopi scientifici e un ossimoro inaccettabile per tutta la comunità scientifica».