Si tratta certamente di uno dei libri che quest’anno ha fatto più discutere sul tema dell’ambiente vista la critica fatta al sistema capitalista nel suo complesso dove politici, dirigenti economici, leader religiosi e semplici cittadini sono rimasti inerti davanti ad un disastro annunciato da anni di studi e ricerche
«Per lo storico che studia questo periodo tragico della storia umana, il fatto più sorprendente è che le vittime sapevano cosa stava accadendo e perché stava accadendo».
Questo uno degli assiomi alla base del libro «Il crollo della civiltà occidentale» scritto a quattro mani da Naomi Oreskes, Professoressa di Storia della scienza e scienze planetarie all’Università di Harvard e Erik M. Conwey, Storico della scienza e della tecnologia impiegato alla Nasa.
Ambientato nel 2393, trecento anni dopo i tragici eventi che portarono al collasso climatico, sociale, economico e demografico delle grandi potenze occidentali del ventesimo secolo, il libro racconta di un giovane storico della Seconda Repubblica Popolare Cinese che indaga sulle cause del Grande Crollo della Civiltà Occidentale avvenuto trecento anni prima.
Il libro è stato pubblicato a luglio del 2014 negli Stati Uniti e tradotto in tedesco e francese.
In Italia, edito dalla casa editrice fiorentina Piano B edizioni di Prato, la prima edizione è stata pubblicata nel giugno del 2015.
«Il crollo della civiltà occidentale» è certamente uno dei libri che quest’anno ha fatto più discutere sul tema dell’ambiente vista la critica fatta al sistema capitalista nel suo complesso dove politici, dirigenti economici, leader religiosi e semplici cittadini sono rimasti inerti davanti ad un disastro annunciato da anni di studi e ricerche.
Partendo da un’introduzione che mette a fuoco la situazione ambientale dal punto di vista delle dinamiche politiche ed economiche attuali, segue con un’introduzione nella quale gli autori spiegano lo spirito del libro, la follia dei combustibili fossili, il fallimento del mercato e si chiude con un’interessante intervista agli autori.
Un secondo Medioevo quello che ha interessato la civiltà occidentale nel ventunesimo secolo, un’età oscura in cui la negazione di quelli che erano gli effetti evidenti di politiche scellerate resero inermi le nazioni, soprattutto quelle più potenti del mondo, di fronte alla tragedia. Una situazione di stallo in cui anche gli scienziati, che più di tutti comprendevano la pericolosità di certe attività, ebbero un ruolo controverso paralizzato dalle stesse pratiche culturali che richiedevano standard eccessivamente rigorosi per l’accettazione di tesi di qualunque genere anche quelle che riguardavano minacce imminenti.
Un espediente narrativo interessante, quello che compare nel libro «Il crollo della civiltà occidentale», un volume originale scritto dal futuro ma rivolto al presente, che risponde a domande e analizza lo stato attuale da una prospettiva insolita ossia il futuro prossimo dell’umanità, quello stesso futuro che ci aspetta se non si inverte la rotta e non si capisce che è questo il nostro unico pianeta che abbiamo.
Una direzione, quella che segna «Il crollo della civiltà occidentale», verso la quale la nostra civiltà si sta dirigendo a grandi passi se non si interviene subito per fermare la folle corsa verso l’autodistruzione.