Treni, Sud e pendolari vergognosamente discriminati

780
Tempo di lettura: 3 minuti

I tagli nei servizi regionali degli ultimi 5 anni si stimano intorno al 6,5%. Una media che nasconde punte negative specialmente al Sud, corrispondenti al 18,9% in Basilicata, al 26,4% in Calabria, al 15,1% in Campania ma in graduatoria c’è anche il 13,8% della Liguria. I tagli non sono dovuti semplicemente alla mancanza di fondi ma a precise scelte strategiche. Mentre il trasporto locale boccheggia, le linee ad alta velocità decollano

In Italia aumentano le persone che viaggiano in treno, ma con dinamiche molto differenti da Nord a Sud. Da una parte il successo di treni sempre più moderni e veloci che si muovono tra Salerno, Torino e Venezia, con una offerta sempre più ampia, articolata e con sempre più persone ogni giorno su Frecciarossa e Italo, e dall’altra la progressiva riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza su tutte le altre direttrici nazionali, dove si è rimasti fermi agli anni Ottanta come tempi di percorrenza.
È questo il quadro che emerge dal «Rapporto Pendolaria 2015» presentato da Legambiente stamattina a Napoli. A fronte di una richiesta crescente, i tagli nei servizi regionali degli ultimi 5 anni si stimano intorno al 6,5%. Una media che nasconde punte negative specialmente al Sud, corrispondenti al 18,9% in Basilicata, al 26,4% in Calabria, al 15,1% in Campania ma in graduatoria c’è anche il 13,8% della Liguria. A ciò si aggiunge l’aumento dei costi dei biglietti, con il +47% del Piemonte seguito dal +41% in Liguria, dal +25% in Abruzzo e Umbria. Tutto a fronte di un servizio che non migliora, anzi peggiora ulteriormente e vede in alcune zone i treni letteralmente scomparsi.
I tagli, spiega il rapporto di Legambiente, non sono dovuti semplicemente alla mancanza di fondi ma a precise scelte strategiche. Mentre il trasporto locale boccheggia, le linee ad alta velocità decollano. Basti dire che nel 2007 i collegamenti Eurostar fra Roma e Milano al giorno erano 17, oggi tra Frecciarossa e Italo sono 63, con un aumento dell’offerta in 8 anni pari al 370%. Molto diversa, tanto per fare un esempio, la situazione per le 120mila persone che ogni giorno prendono i treni della ex Circumvesuviana, a Napoli, che hanno visto un calo dell’offerta di treni del 30%. Ad emergere, oltre al divario fra treni di serie A e di serie B, è anche la disuguaglianza geografica che vede ogni giorno i treni regionali che circolano tra Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna essere meno di quelli circolanti nella sola Lombardia.
Si tratta inoltre di treni più vecchi rispetto a quelli del Nord e anche più lenti, perché larga parte delle linee sono a binario unico e non elettrificate.
E nel frattempo si continua ad investire sul trasporto su gomma.
Strategie d’investimento che certamente ci allontanano dall’Europa, che sul piano dei trasporti sembra aver intrapreso un percorso più compatibile con criteri di sostenibilità ambientale.
Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, dice: «Il trasporto ferroviario, con i problemi che vivono ogni giorno i pendolari nelle città e nei collegamenti al Sud, sono una grande questione nazionale. È un tema, oltre che ambientale, di dignità e diritto alla mobilità che riguarda milioni di cittadini. Serve subito un cambio delle priorità per passare dalle grandi opere a quelle utili e urgenti nelle città e per migliorare i collegamenti al Sud che sono privi di finanziamenti. Inoltre mancano le risorse per comprare quei 1.600 treni indispensabili a rilanciare il trasporto ferroviario regionale».
I rimedi ci sarebbero e l’associazione del Cigno lancia al governo quattro proposte che vertono nel realizzare gli investimenti nella rete ferroviaria spostando le risorse dalle grandi opere alle città; lanciare un programma di nuove linee di tram e metropolitana nelle città; potenziare il servizio ferroviario regionale; comprare nuovi treni.
Avviare cofinanziamenti statali, regionali e utilizzando i fondi del piano Juncker per intercettare quelle risorse che ci sono e che il ministero delle Infrastrutture dovrebbe spostare dall’autotrasporto, dagli introiti delle concessionarie autostradali, dalle risorse previste per l’Anas. Azioni che devono andare in parallelo all’operato delle Regioni che, da parte loro, devono raggiungere una spesa pari al 5% del loro bilancio per potenziare i servizi e sostituire il materiale rotabile.
Quello che serve è avere nuovi treni che possano sostituire quelli con oltre 20 anni di età e permettere così il potenziamento del servizio sulle principali linee pendolari e regionali e questo dando un immediato segnale al Sud di cambiamento, intervenendo sulle otto linee ferroviarie principali per velocizzare i percorsi, acquistando nuovi treni, per rendere più confortevole il viaggio e ampliare l’offerta.
Scaricare il rapporto