Shiva è un maestoso tornio lungo circa tre metri e mezzo e pesante quattro tonnellate; è stato realizzato in Italia ed è l’unica macchina di questo genere installata in Europa. Le caratteristiche più originali sono la grande potenza e le eccezionali accelerazioni che è in grado di trasmettere ai provini di roccia indagati
Shiva, il Dio distruttore della religione Indù o un grande tornio costruito per imprime una rotazione ad alta velocità (3000 giri al minuto) ad un cilindro di roccia di qualche centimetro di diametro? Diciamo che le definizioni possono essere utilizzate in contemporanea e rappresenterebbero la stessa identica cosa, ovvero, una macchina all’avanguardia per capire meglio cosa accade alle rocce sollecitate da onde sismiche.
Come abbiamo già detto, Shiva è un maestoso tornio lungo circa tre metri e mezzo e pesante quattro tonnellate; è stato realizzato in Italia ed è l’unica macchina di questo genere installata in Europa.
Le caratteristiche più originali sono la grande potenza e le eccezionali accelerazioni che è in grado di trasmettere ai provini di roccia indagati, potenze e accelerazioni che permettono di capire meglio cosa accade nella sorgente di un terremoto. E il risultato? Non una banale frammentazione e disgregazione della roccia ma la sua fusione istantanea in lava incandescente. Shiva, dalle iniziali di «slow to high velocity apparatus», è da poco entrato in funzione presso la sede dell’Ingv a Roma e rappresenta attualmente la più potente macchina al mondo che realizza esperimenti di frammentazione delle rocce, esperimenti utili a capire i processi meccanici che anticipano e accompagnano lo scatenarsi dei più violenti terremoti della Terra e questo grazie alle sue eccezionali prestazioni meccaniche che consentono di riprodurre in piccolo quelle enormi forze che portano all’attivazione delle faglie.
Questa apparecchiatura all’avanguardia è un progetto finanziato dall’Unione europea e integra rilevamenti geologici, ossia studi diretti sul campo ad altre applicazioni (mineralogiche, geochimiche, ecc.). Ed è proprio questo connesso metodo di indagine che permette di definire il progetto come unico nel suo genere e di grande supporto a quello che la tematica di studio offre ad oggi, ossia, l’analisi delle onde sismiche (i tracciati sismici). La sismologia è e rimarrà, infatti, uno strumento potentissimo per lo studio dei terremoti in quanto permette di avere informazioni in merito alla grandezza del terremoto, alla direzione in cui si propaga la rottura durante il terremoto, ecc. Le onde sismiche, però, di certo non posso dare informazioni relative ai complessi fenomeni chimico-fisici che avvengono lungo una faglia durante un terremoto e non si esprimono neppure su una componente essenziale del moto relativo dei blocchi di roccia posti ai lati opposti della faglia, ossia, sull’attrito.
Giulio Di Toro, responsabile del progetto e rappresentante dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dell’università di Padova, dice: «La sismologia ci consente di capire come “funziona” un terremoto ascoltandone il rumore (le onde sismiche) da lontano, mentre gli studi di terreno e di laboratorio consentono di sollevare il cofano del motore dei terremoti e di guardarci dentro… anche se occorre avere un po’ di fantasia!».
E a noi non resta che fidarci della fantasia utilizzata dagli scienziati per leggere i risultati degli esperimenti compiuti, nella speranza che lo studio, l’applicazione possa tornare utile alla collettività che, anche se a volte si fa poche domande su quanto accade nei paraggi, riflette e dà valore ai risultati ultimi e ai miglioramenti assicurati all’esistenza del singolo.