– Wwf: «Le alluvioni nelle Filippine sveglia per i negoziatori»
Se fallisce una seria trattativa sul clima non esiste un piano «B», esiste solo il piano «F», come fallimento. È il senso del duro monito lanciato oggi dall’Unfccc (Convenzione quadro sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) il giorno dell’apertura a Bangkok della penultima sessione negoziale per definire il prossimo trattato di Copenhagen.
Gli incontri svoltisi fino ad ora, al di là del fumo mediatico che hanno sollevato, sono stati sostanzialmente inconcludenti. Purtroppo bisogna segnalare che, contrariamente a quanto abbiamo fatto con i nostri servizi, prendendoci anche accuse di allarmismo, i grandi media sono stati più ottimisti, prestandosi ad una disinformazione globale.
E il fumo conta un testo di 200 pagine (quello messo a punto finora) contro 30 (il vecchio protocollo di Kyoto). Fumo perché non contiene nessun impegno concreto né in termini di riduzione delle emissioni, né in termini di cooperazione per l’adattamento dei paesi più poveri, né in termini di risorse finanziarie da mettere a disposizione e nemmeno sul trasferimento di tecnologie, di capacity building e di lotta alla deforestazione.
Gli impegni concreti sono stati sempre rimandati alla politica che ormai si sta dimostrando inadeguata a gestire le emergenze globali, dalla fame al clima dall’economia al benessere dei popoli. Si sono attesi i risultati di Bonn prima di Bangkok. Poi il recente summit dell’Onu che al di là del tutti d’accordo sull’emergenza (compresa l’Italia, con la nostra Prestigiacomo, salvo a scrivere a Bruxelles) non è stato in grado di prendere alcuna decisione operativa (comprese le decisioni molto attese del presidente Usa Obama).
Ed anche la riunione dei G-20 a Pittsburg del 24 settembre scorso si è conclusa con un nulla di fatto sul clima.
Per questo il presidente «pro tempore» della sessione negoziale Unfccc di Bangkok, Abhisit Vejjajiva, primo ministro del governo thailandese, ha chiesto ufficialmente e con fermezza a tutti i delegati di trovare accordi concreti sulla base delle dichiarazioni di principio espresse dai loro rispettivi capi di governo.
Riferendosi all’incontro Onu ha detto: «Il Summit è stato in grado di rinnovare il nostro impegno collettivo sulla questione del cambiamento climatico ai livelli più alti. Pertanto spero che la volontà politica e la visione espressa da tutti i leader a New York ora guidi voi, come negoziatori e preoccupati pubblici ufficiali, sulla strada verso Copenhagen».
«Non c’è nessun piano B – ha aggiunto – se non realizziamo il piano A, andiamo direttamente al piano F, che sta per Fallimento».
Un punto chiave di questo incontro di Bagkok, si sottolinea nel comunicato «sarà ottenere chiarezza sugli impegni per le ulteriori riduzioni di emissioni da parte dei paesi industrializzati. Sarà portato avanti l’importante lavoro tecnico, all’interno del Protocollo di Kyoto, su questioni come Utilizzo del Suolo, Cambio d’Utilizzo del Suolo e Forestazione, identificando nuovi gas con effetto serra da includere nell’accordo conclusivo di Copenhagen e verranno definiti gli anni base per i tagli alle emissioni. Inoltre, i paesi continueranno a discutere quali meccanismi possano essere usati per incrementare il livello d’ambizione dei paesi industrializzati. Valuteranno anche gli impatti che i tagli alle emissioni avranno sulle economie già sviluppate e in via di sviluppo».
Una cosa è da sottolineare: È la prima volta che un comunicato stampa della Unfccc si esprime con tale mancanza di diplomazia.
Cos’è l’Unfccc
La «United Nations Framework Convention on Climate Change» (Unfccc – Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite) con i suoi 192 partecipanti possiede quasi un’adesione universale, ed è il trattato genitore del Protocollo di Kyoto del 1997. Il Protocollo di Kyoto ha, oggi, 184 paesi sottoscriventi. Secondo il Protocollo, un gruppo di 37 stati, composto da paesi altamente industrializzati e da paesi che stanno vivendo il passaggio ad un’economia di mercato, hanno impegni alla limitazione ed alla riduzione delle emissioni con obbligo legale. L’obbiettivo finale, di entrambi i trattati, è la stabilizzazione delle concentrazioni nell’atmosfera di gas con effetto serra ad un livello che prevenga una dannosa interferenza umana con il sistema climatico.