Incontri fra schermaglie e difficoltà politiche in un clima generale che sembra distratto ma che tradisce in realtà la volontà di raggiungere un accordo. La mitigazione è lo scoglio maggiore
Si è concluso il summit di Bonn tendente a concordare una piattaforma comune della Convenzione Unfccc, in vista dell’incontro conclusivo di Copenhagen. La convenzione, nel riconoscere che i cambiamenti climatici «direttamente o indirettamente causati dall’uomo (…) alterano la composizione dell’atmosfera e si aggiungono alla naturale variabilità» e costituiscono una preoccupazione comune di tutta l’umanità, afferma che le Parti si impegnano a «proteggere il sistema climatico per la presente e le future generazioni sulla base dell’equità e secondo responsabilità comuni ma differenziate e a prendere misure preventive per limitare le cause dei cambiamenti climatici e prevenirne i suoi effetti avversi».
/> L’obiettivo della Convenzione Unfccc è «la stabilizzazione delle concentrazioni atmosferiche dei gas serra a un livello tale da prevenire pericolose interferenze delle attività umane con il sistema climatico» e questo livello di stabilizzazione deve essere raggiunto «in un periodo di tempo tale da permettere agli ecosistemi di adattarsi in modo naturale ai cambiamenti del clima, tale da assicurare che la produzione alimentare per la popolazione mondiale non venga minacciata e tale, infine, da consentire che lo sviluppo socio-economico mondiale possa procedere in modo sostenibile».
Il protocollo di Kyoto, non ha preso in considerazione il possibile percorso per raggiungere l’obiettivo della Convenzione Unfccc, ma si è limitato, sulla base del principio della responsabilità comune ma differenziata, a porre un primo obiettivo intermedio (molto modesto) di riduzione delle emissioni al 2012 da parte dei soli Paesi industrializzati (riduzione complessiva del 5,2%) in attesa di coinvolgere anche i Paesi in via di sviluppo per le successive azioni comuni ai fini del conseguimento dell’obiettivo della Convenzione.
Il nuovo trattato che sarà concordato a Copenhagen nel prossimo dicembre è dunque lo strumento vero (e che mancava) per definire come scegliere un percorso condiviso a livello internazionale per raggiungere l’obiettivo della Convenzione Unfccc e quali azioni sul breve e sul lungo termine mettere in campo a livello internazionale.
Nel 2005, quando iniziarono i negoziati per definire cosa fare e come fare dopo la scadenza del protocollo di Kyoto, la situazione internazionale non appariva molto favorevole ad impegni concreti, anche per la rigidità dell’amministrazione Usa dell’epoca e le pregiudiziali poste da alcuni Paesi emergenti come India e Cina. Fu allora istituito un gruppo di lavoro (Agw-Kp) per emendare il protocollo di Kyoto ed estenderne la sua validità fino al 2020, mantenendone invariata la sua applicazione ai soli Paesi industrializzati. Nel frattempo si sarebbe avviato un dialogo fra tutti i Paesi che avevano sottoscritto la Unfccc (192 Paesi) affinché si discutesse «politicamente» se e come procedere.
Nel dicembre 2007, anche a seguito di un mutato atteggiamento internazionale, vi fu una svolta e fu istituito un gruppo di lavoro specifico (Agw-Lca) sulla definizione di un nuovo trattato di attuazione della Unfccc che fosse basato su un percorso condiviso, detto «road map di Bali» costituito da due strategie (quella sul lungo periodo e quella sul breve periodo) e quattro pilastri fondamentali per le azioni da svolgere: misure di mitigazione, misure di adattamento, strumenti finanziari e
Ferrara)