Con il recente ampliamento del Piano Nazionale di Assegnazione delle emissioni di gas serra, l’Italia mostra i muscoli all’Unione europea per difendere una politica energetica superata: a pagare saranno le aziende e la competitività
L’Italia ha recentemente inviato all’Unione europea le Integrazioni al Piano Nazionale di Assegnazione (Nap) delle emissioni di gas serra. Per il Wwf si tratta di un testo ancora peggiore della precedente versione che la stessa Ue aveva bloccato: le emissioni di CO2 non vengono ridotte, ma anzi aumentano. Il Wwf denuncia che le Integrazioni al Nap, inviate il 24 febbraio 2004, non correggono i precedenti errori tant’è che:
1) le quantità totali provvisorie assegnate nei tre anni presi in esame (2005-2006-2007) ammontano a 44,24 milioni di tonnellate di CO2 in più rispetto al piano precedente;
2) Lo scenario di riferimento (previsioni di emissioni al 2010) subisce un incremento del 12,29%, tutto a favore del settore energetico;
3) Lo scenario di riferimento fa salire le emissioni dei settori compresi nello schema di Commercio delle Emissioni del 29% rispetto al 1990, altro che -6,2 previsto dal protocollo di Kyoto!
Il Nap è uno strumento strategico previsto dalla Direttiva 2003/87/CE, sul controllo e commercio delle emissioni di gas serra, e ha lo scopo di permettere ad ogni Paese della Ue di garantire gli obiettivi nazionali determinati dal Protocollo di Kyoto per fronteggiare il riscaldamento globale. Esso prevede infatti che le imprese che producono le maggiori emissioni di CO2, in particolare le industrie energetiche, ricevano annualmente un tetto massimo di emissioni.
La prima versione del Nap che era stata inviata nell’agosto 2004, dal Governo italiano alla Commissione europea, non fu però accettata: il testo venne giudicato incompleto e necessitava di integrazioni giacchè non era stato reso noto l’elenco delle installazioni soggette all’emission trading, rendendo di fatto impossibile verificare le emissioni di ogni singola installazione. In realtà, per il Wwf, quel piano era da respingere poiché invece di prevedere scenari di riduzione delle emissioni climalteranti consentiva, in particolar modo al settore energetico, di aumentarle: il Protocollo di Kyoto prevedeva che, per i settori regolamentati dalla direttiva sull’emission trading, le emissioni sarebbero dovute passare dalle 258,1 Mt di CO2 del 1990 alle 241 Mt nel 2010, al contrario il Nap indicava come scenario di riferimento (al 2010) le 309,9 Mt di CO2 vale a dire 52 Mt in più di quanto previsto da Kyoto! Il Piano, nel prevedere tali crescite, contraddiceva in maniera palese quanto prescritto dalla stessa delibera Cipe del 2002.
L’Italia, con il nuovo Piano emissioni, non solo non si è riallineata con gli obiettivi della Direttiva sull’Emission Trading ma, aumentando le stime introdotte dal Piano Nazionale di Assegnazione al solo fine di assecondare la spinta da parte di alcuni produttori di elettricità che puntano a rivedere il mix dei combustibili a favore del carbone, non ha però fatto i conti con gli obiettivi di Kyoto e con i costi futuri delle emissioni in eccesso, che supereranno i 40 ?/tCO2. E saranno costi molto salati che finiranno con danneggiare la stessa economia italiana: ci troveremo ad avere imprese meno efficienti e meno capaci di reggere il confronto con quelle di altri paesi europei. Per Wwf l’Italia ha perso l’ennesima occasione per un rilancio sostenibile dell’economia, un rilancio che non può prescindere dall’aumento dell’efficienza energetica e dal massiccio sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e pulite.
(Fonte Wwf Italia)
(10 Marzo 2005)