(Adnkronos) – E' morto a 98 anni Roger Corman, il mitico produttore e regista "re dei B-movie", leggendario per la sua rapidità nel realizzare i film (sei/sette l'anno, alcuni in meno di due giorni), che ha dato impulso alla carriera di giovani talenti non ancora affermati (molti dei quali protagonisti del rinnovamento del cinema statunitense) come Peter Bogdanovich, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, Paul Bartel, Monte Hellmann, Jack Hill, John Sayles, James Cameron, Joe Dante, Jonathan Demme, Jack Nicholson, Robert De Niro, Ellen Burstyn, tanto da formare una factory, una vera e propria 'scuola cormaniana'. Il cineasta statunitense, considerato un gigante del cinema indipendente, che nel 2009 aveva ricevuto un Oscar onorario ai Governors Awards, è morto giovedì 9 maggio nella sua casa di Santa Monica, in California, come ha dichiarato oggi la sua famiglia a 'The Hollywood Reporter'. "Roger era generoso, aperto e gentile con tutti coloro che lo conoscevano", hanno dichiarato i suoi familiari in un comunicato. "Quando gli è stato chiesto come avrebbe voluto essere ricordato, ha risposto: 'Ero un regista, solo questo'". Corman si era fatto conoscere per una serie di film horror come 'La piccola bottega degli orrori' (1960) e la serie di adattamenti di Edgar Allan Poe con Vincent Price ('I vivi e i morti' e 'Il pozzo e il pendolo') ma era diventato famoso per saghe di droga e motociclisti come 'I selvaggi' (1966), presentato, tra le polemiche, in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia. Raggiunse la notorietà anche per 'Il massacro del giorno di San Valentino' (1967) e 'Il serpente di fuoco' (1967) che vedeva protagonista Peter Fonda nei panni di un uomo impegnato in un'odissea onirica e allucinata che ha appena fatto uso per la prima volta di Lsd. Le polemiche suscitarono l'entusiasmo di Corman, che fu uno dei primi produttori a riconoscere il potere della pubblicità negativa. La sua miscela di sesso, nudità, violenza e temi sociali è stata presa sul serio in molti ambienti anticonformisti, soprattutto in Europa, e nel 1964 è stato il primo produttore-regista americano a essere premiato dalla Cinematheque Francaise di Parigi con una retrospettiva dei suoi film. Secondo la banca dati Imdb, Corman ha prodotto 491 film, ne ha diretti 56 e interpretati 45. Nato a Detroit (Michigan) il 5 aprile 1926, dopo aver studiato al Beverly Hills College di Detroit, durante la seconda guerra mondiale Roger Corman seguì un corso di addestramento alla U.S. Navy, e nel 1947 si laureò in ingegneria industriale alla Stanford University. Compiuto un apprendistato a Hollywood nel 1948 alla 20th Century-Fox, prima come fattorino poi come assistente alla sceneggiatura, effettuò un 'viaggio culturale' in Europa, a Parigi e a Oxford, con una borsa di studio in letteratura inglese. Tornato negli Stati Uniti, dopo essere stato giornalista e agente letterario lavorò per l'American International Pictures e cominciò la sua infaticabile attività di produttore, distributore e regista. A ritmo frenetico Corman ha realizzato nel tempo centinaia di film di largo consumo, dai western, ai gangster film, ai teenagers-movies, al soft-core, alla fantascienza, ai prediletti horror. Il debutto come regista avvenne con il western "Cinque colpi di pistola" (1955) cui seguirono, nei soli anni Cinquanta, più di venti film, tra cui "La legge del mitra" (1958) e "Vita di un gangster" (1959), pervasi di violenza fisica e psicologica di quel mondo gangsteristico che sarebbe tornato poi con "Il massacro del giorno di San Valentino" (1967) e "Il clan dei Barker" (1970), con Shelley Winters, Robert De Niro e Bruce Dern, anticipatori del clima dei film di Martin Scorsese o di John Milius. L'antirazzismo di "L'odio esplode a Dallas" (1962), l'anarchismo di "I selvaggi" (1966), le visioni psichedeliche di "Il serpente di fuoco" (1967) anticiparono l'immaginario radical inaugurato dal ribellismo sessantottino. Ma furono gli horror tratti dai racconti di Edgar Allan Poe, segnati da fantasia barocca, senso onirico della messinscena, orchestrazione del ritmo, abilità nel mescolare effetti orrorifici e note grottesche, a riassumere meglio la ridefinizione estetica del fantastico cinematografico di Corman. "I vivi e i morti" (1960) inaugurò la costruzione di un universo inquietante e morboso ma anche pervaso di una vena beffarda e sarcasticamente funebre, enfatizzato dagli arredamenti di Daniel Haller, dalle luci di Floyd Crosby e dalle sceneggiature di Richard Matheson, Charles Beaumont, Robert Towne e dalla recitazione di Vincent Price o Peter Lorre. Al primo film seguirono "Il pozzo e il pendolo" (1961), "Sepolto vivo" (1962), "I racconti del terrore" (1962), "I maghi del terrore" (1963), "La maschera della morte rossa" (1964), "La tomba di Ligeia" (1964). Queste pellicole, con altri horror come "La vergine di cera", "L'uomo dagli occhi a raggi X", "La città dei mostri", tutti del 1963, contribuirono all'elaborazione visiva di un mondo fantastico, presto diventato 'di culto' in cui il mostruoso non ha più solo una funzione terrorizzante ma diventa emblema figurativo e persino significazione morale, caricandosi di allusioni psicoanalitiche. Dopo la corrosiva e sarcastica incursione nel mondo giovanile di "Gas, fu necessario distruggere il mondo per poterlo salvare" (1970) e "Il barone rosso" (1971), elegia individualista sul leggendario pilota tedesco della Prima guerra mondiale, Corman si è dedicato per tutti gli anni Settanta e Ottanta solo alla produzione e a un'encomiabile attività di distribuzione negli Stati Uniti dei film di grandi cineasti europei come Federico Fellini, François Truffaut e Ingmar Bergman. Utilizzò la sua sfrontata sensibilità di marketing di massa per distribuire "Amarcord" di Fellini, "La storia di Adele H." di Truffaut, "Dersu Uzala" di Akira Kurosawa e "Fitzcarraldo" di Wener Herzog. Nel 1970 aveva fondato la sua casa di produzione e distribuzione New World Pictures sostituita nel 1983 dalla società di produzione New Horizons Pictures e da quella di distribuzione Concorde. Nel 1990 Corman era ritornato alla regia con una contaminazione di horror e fantascienza, "Frankenstein oltre le frontiere del tempo", ispirato a un romanzo di Brian Aldiss, piena di inventiva visionaria, di umorismo nero e di colta ironia. Nel 1990 ha pubblicato l'autobiografia, scritta con Jill Jerome, "Come ho fatto cento film a Hollywood senza mai perdere un dollaro" (pubblicata in italiani dalle Edizioni Lindau nel 1998). I suoi amici ed allievi hanno affettuosamente scritturato Corman in ruoli cameo, tra cui Coppola ne "Il Padrino: Parte II" (1974) e Demme in "Il silenzio degli innocenti" (1991), "Philadelphia" (1993) e "Rachel sta per sposarsi" (2008). Nel marzo 2015, Corman e sua moglie Julie hanno intentato una causa presso la Corte Superiore di Los Angeles affermando di aver perso fino a 60 milioni di dollari quando i loro soldi sono stati gestiti male da un fondo di investimento. In seguito hanno dichiarato che i danni sono arrivati a 170 milioni di dollari. Oltre alla moglie Julie, lascia le figlie Catherine e Mary. —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Morto a 98 anni Roger Corman, mitico produttore e regista ‘re dei B-movie
Superenalotto, numeri combinazione vincente oggi 11 luglio
(Adnkronos) – Nessun '6' né '5+' al concorso del Superenalotto di oggi, 11 luglio 2024. Realizzati invece tre '5' che vincono 56.069,57 ciascuno. Il jackpot per il prossimo concorso sale a 47,3 milioni di euro: si torna a giocare domani, venerdì 12 luglio, per il penultimo appuntamento della settimana. La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi. La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata. Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima: – con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro; – con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro; – con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro; – con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro; – con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro. E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni. La combinazione vincente del concorso di oggi del Superenalotto: 10, 31, 40, 59, 80, 85. Numero Jolly: 13. Numero SuperStar: 48. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Melanoma e immunoterapia, con tris farmaci sopravvivenza al 72% in casi gravi
(Adnkronos) – L’immunoterapia contro il melanoma sale di livello. Alla ormai consolidata somministrazione di uno o due immunoterapici insieme, che ha già comunque cambiato la storia della malattia, si aggiunge infatti una nuovissima combinazione – una 'super immunoterapia' – che prevede l’utilizzo di tutti e tre i farmaci contemporaneamente. Il tris delle molecole nivolumab, relatlimab e ipilimumab, tutti inibitori del checkpoint immunitario, in grado cioè di togliere i 'freni' al sistema immunitario contro il melanoma, porta la percentuale di sopravvivenza dei pazienti con melanoma avanzato, seguiti per più di 4 anni, a ben il 72%. Più del 20% di quanto farebbero i farmaci somministrati da soli o in coppia. Ad aprire a questa nuova frontiera dell’immunoterapia è lo studio 'Relativity-048', guidato da Paolo Ascierto, presidente Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale, condotto in collaborazione con le università di Zurigo, di Aix-Marseille, di Losanna, di Oxford e del The Sidney Kimmel Comprehensive Cancer Center della Johns Hopkins Medicine. I risultati preliminati sono stati appena presentati al meeting annuale dell'Asco, l'American Society of Clinical Oncology, in corso a Chicago. “Sono dati preliminari – precisa subito Ascierto – ma molto incoraggianti che riguardano pazienti con forme di melanoma avanzato inoperabile, con presenza anche di metastasi epatiche e cerebrali, quindi con una prognosi piuttosto sfavorevole. Nel nostro studio la tripletta di immunoterapici si è dimostrata promettente, ottenendo circa il 60% di risposte e merita certamente di essere indagata in studi clinici più ampi”. Lo studio Relativity-048 ha coinvolto 46 pazienti con melanoma avanzato e di età media pari a 61 anni. I pazienti hanno ricevuto la tripla combinazione di nivolumab, relatlimab e ipilimumab per una durata media di 5 mesi e sono stati poi seguiti in media per 49,4 mesi. “Abbiamo registrato un tasso di sopravvivenza alla malattia del 72% a 4 anni, superiore a quello osservato con altri regimi terapeutici che prevedono la somministrazione di due immunoterapici – sottolinea Ascierto -Nel 20% dei pazienti abbiamo registrato una remissione completa”. Anche i dati sulla sicurezza del trattamento sono molto incoraggianti. “Sorprendentemente, la tossicità è quasi sovrapponibile a quella del trattamento in combinazione di due immunoterapici, ipilimumab-nivolimab, e non sono emersi ulteriori eventi avversi”, precisa Ascierto, che invita comunque alla prudenza. “Il nostro è uno studio preliminare che ha coinvolto un numero limitato di pazienti – conclude -. Per questo motivo i risultati vanno interpretati con cautela e andrebbero confermati in studi più ampi, che potrebbero anche consentirci una maggiore precisione sulla selezione dei pazienti che trarrebbero il maggior beneficio da questa tripla combinazione”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Cooperfidi Italia prosegue percorso crescita rilanciando ruolo garanzia mutualistica
(Adnkronos) – Nella storica cornice del salone delle feste de 'I Portici' di Bologna si è svolta l’assemblea pubblica dei soci di Cooperfidi Italia, il consorzio fidi di riferimento dell’economia cooperativa e sociale, del terzo settore e del settore primario con sede legale e direzione generale a Bologna e sedi distaccate a Milano, Napoli e Roma. L’assemblea, che quest’anno aveva al centro il tema mutualismo e prossimità alle imprese associate, oltre a presentare e approvare i risultati del bilancio d’esercizio 2023 della società ha approfondito le tematiche dell’evoluzione della garanzia mutualistica e del credito bancario alla luce delle nuove stringenti regolamentazioni europee e nazionali. I lavori, coordinati dal presidente di Cooperfidi Italia, Mauro Frangi, hanno visto la partecipazione dei co-presidenti dell’Alleanza delle cooperative italiane, Simone Gamberini, del presidente di Legacoop, Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, Giovanni Schiavone, presidente Agci. La giornata si è aperta con i saluti introduttivi del direttore di Legacoop nazionale Gianluigi Granero e del presidente di Agci Emilia Romagna Massimo Mota a cui è seguito il video intervento dell’onorevole Irene Tinagli, presidente della Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo che ha approfondito l’evoluzione del mercato bancario e della garanzia alla luce della nuova regolamentazione europea (crr 3). Dopo l’intervento di Tinagli il presidente Frangi ha avviato l’analisi del bilancio di esercizio 2023 di Cooperfidi Italia a cui è seguita una tavola Rotonda coordinata dal direttore generale di Cooperfidi Italia Dino Forini sul ruolo della garanzia mutualistica a seguito delle nuove regolamentazioni che renderanno più complessa la concessione del credito verso le piccole e medie aziende, i soggetti operanti nel comparto dell’economia sociale e le aziende rigenerate dai lavoratori (workers buy out). Al dibattito hanno partecipato: Paolo Alberti (responsabile servizio agevolazioni per il credito di Cassa centrale banca), Stefano Bolis (responsabile direzione tstituzionali, enti e terzo settore di Banco Bpm), Riccardo Dugini (vice direttore generale di Banca Etica), Carlo Napoleoni (head of corporate department di Iccrea banca). A nome dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, Maurizio Gardini ha concluso con il suo intervento la parte pubblica dell’evento incentrando il suo intervento sulla importanza del credito per la crescita e il consolidamento delle imprese cooperative. Al termine della parte pubblica le assemblee territoriali, collegate telematicamente, si sono riunite per il dibattito e le votazioni relative al Bilancio di Esercizio 2023 di Cooperfidi Italia. L’approvazione finale del Bilancio, come da disposizione del Codice Civile, avverrà il 30 aprile 2024. Mauro Frangi, Presidente di Cooperfidi Italia, ha dichiarato: “Cooperfidi Italia prosegue nel suo percorso di crescita. Crescono i volumi di attività, gli stock di garanzie e di attività finanziarie, gli indicatori di adeguatezza patrimoniale. È la conferma che la vocazione specialistica del nostro confidi ha successo e funziona. Risponde ai bisogni delle imprese socie e genera, per il secondo anno consecutivo, un risultato economico positivo. In un 2024 in cui gli alti tassi di interesse e l’evoluzione della regolazione del credito continuano a deprimere il credito bancario, la sfida della società è quella di aumentare ulteriormente la propria efficienza operativa per accrescere la presenza territoriale, consolidare la crescita dimensionale e stabilizzare la capacità di produrre reddito.” Il co-Presidente di Alleanza delle Cooperative Italiane, Maurizio Gardini (Confcooperative), ha dichiarato: “L'accesso al credito, insieme alla carenza di personale, è uno dei nodi da sciogliere per lo sviluppo delle imprese e delle cooperative. Avere uno strumento come Cooperfidi Italia è fondamentale per garantire continuità ai programmi di sviluppo. Il percorso aggregativo, che ha portato all'attuale assetto organizzativo, è stato un obiettivo lungimirante perseguito con lucidità ed efficacia e che consente oggi alle cooperative di poter avere risorse finanziarie a condizioni di estremo favore rispetto quelle di mercato.” Il Co-Presidente di Alleanza delle Cooperative Italiane, Simone Gamberini (Legacoop), ha dichiarato: “Il perpetrarsi negli ultimi anni di un irrigidimento sui conti pubblici, dei rialzi dei tassi di interesse, delle politiche di offerta di credito sempre più rigide verso le imprese, sono elementi di forte preoccupazione per l’ecosistema imprenditoriale cooperativo. È fondamentale invertire la rotta, che per Legacoop deve dirigersi verso una finanza sostenibile, in termini di: accesso al credito, sostenibilità economica per le imprese, le lavoratrici e i lavoratori e, soprattutto, per promuovere sempre più progetti che abbiano un impatto positivo sull’ambiente, le comunità e i territori. Un driver di sviluppo fondamentale sul quale ci stiamo già muovendo, grazie al prezioso supporto di istituti qual è Cooperfidi Italia, che nel complesso periodo che stiamo attraversando, ci aiuta a misurare e favorire processi virtuosi di finanza su misura delle persone.” Il Co-Presidente di Alleanza delle Cooperative Italiane, Giovanni Schiavone (Agci), ha dichiarato: “Con l’Assemblea sul Bilancio d’Esercizio 2023 di oggi, Cooperfidi Italia consolida la sua presenza quale confidi nazionale della cooperazione italiana con attività specializzata nel rilascio di garanzie a favore di banche e istituti finanziari, un’attività svolta negli ultimi quindici anni dopo la fusione di nove confidi regionali avvenuta nel 2009. Cooperfidi Italia si conferma un importante strumento di supporto alle imprese cooperative, con particolare riferimento a quelle di piccole e medie dimensioni, che necessitano di accesso al credito su cui auspico un miglioramento che consenta alla Società di essere un puntuale riferimento dell’intero sistema.” —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Trump, la Nato e l’intenzione di ridurre la condivisione di informazioni di intelligence
(Adnkronos) –
Se eletto alla Casa Bianca, Donald Trump vorrebbe ridurre la condivisione di informazioni di intelligence con i membri della Nato, ovvero con i Paesi europei che molto dipendono in tal senso dagli Stati Uniti. Il che avrebbe conseguenze gravi per la sicurezza, in particolare per il tentativo ucraino di respingere l'invasione russa. Lo scrive Politico citando tre funzionari europei e un alto funzionario della Nato a condizione di anonimato, secondo i quali la riduzione della condivisione di informazioni sensibili rientrerebbe in piano più ampio di Trump per ridurre il sostegno e la cooperazione degli Stati Uniti con l'Alleanza atlantica. Già durante il suo primo mandato presidenziale Trumo aveva messo più volte in discussione la Nato cercando di delegittimarne il ruolo. ''E' stata l'intelligence americana a convincere molti paesi della Nato che Putin era determinato a invadere l'Ucraina", ha detto un funzionario europeo a condizione di anonimato a Politico. "Alcuni Paesi non credevano che la Russia avesse le capacità per portare avanti una campagna militare di successo", ha aggiunto la fonte. Un portavoce della campagna di Trump contattato da Politico per un commento in merito si è limitato a citare un intervento del candidato repubblicano su TruthSocial secondo cui l'ex presidente "ripristinerà la pace e ricostruirà la forza e la deterrenza americana sulla scena mondiale". La riduzione della condivisione di informazioni di intelligence sotto un'eventuale futura Amministrazione Trump è stato argomento di discussione al summit della Nato a Washington, secondo i funzionari citati da Politico. Perché ridurre la condivisione di informazioni di intelligence da parte degli Stati Uniti potrebbe diminuire la capacità dell'Europa di resistere a un'invasione russa, qualora il presidente Vladimir Putin decidesse di espandere le operazioni militari nel continente oltre l'Ucraina, ha affermato un alto funzionario statunitense. Il presidente americano Joe Biden ha al contrario ampliato la quantità di informazioni sensibili che gli Stati Uniti condividono con gli alleati stranieri, in particolare quelle relative alla Russia. Non è chiaro, dicono i funzionari europei, se un eventuale Amministrazione Trump intenda tornare al precedente livello di condivisione di informazioni o ridurle ulteriormente. La condivisione di informazioni da parte di Washington con i propri alleati è stata utile, ad esempio, a prepararli a un potenziale attacco terroristico o per aiutare la Nato a rafforzarsi contro una minaccia militare immediata. In particolare, "la condivisione di informazioni di intelligence tra i membri della Nato e con Kiev è stata assolutamente fondamentale per contrastare l'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina, nonché per scoprire e ostacolare altre attività russe destabilizzanti in Europa e oltre", ha affermato John Brennan, ex direttore della Cia. "Un'interruzione o una significativa riduzione della condivisione di informazioni di intelligence degli Stati Uniti con gli alleati e i partner della Nato avrebbe un impatto negativo immediato, profondo e potenzialmente duraturo sugli interessi di sicurezza occidentali", ha aggiunto Brennan. Inoltre, come ha detto un funzionario europeo al vertice Nato, "la condivisione di informazioni è spesso a doppio senso" e potrebbe finire per danneggiare anche gli Usa. La decisione dell'Amministrazione Biden di aumentare la condivisione di informazioni di intelligence rientra anche in una strategia più ampia degli Stati Uniti volta a contrastare l'influenza e la potenza militare russa in aree del mondo tradizionalmente dominati dagli americani, compresi i paesi africani. Oltre che sui movimenti russi in Ucraina, quindi, negli ultimi anni l'intelligence statunitense ha fornito agli alleati informazioni vitali sulle partnership della Russia con l'Iran e la Corea del Nord, oltre che sull'uso da parte di Mosca della tecnologia militare cinese per supportare le sue operazioni. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Israele, guerra da più di 100 miliardi di dollari mette in ginocchio l’economia
(Adnkronos) – Il conflitto in Medio Oriente ha un costo umano considerevole ma anche un costo economico notevole per Israele che con l'inizio delle operazioni di terra in Libano e l'attacco dell'Iran di ieri rischia di essere ancora più alto. La forchetta attuale si aggirerebbe tra i 67 miliardi di dollari stimati dalla banca centrale israeliana e i 120 miliardi di dollari (circa il 20% del pil israeliano) stimati dall'economista israeliano Yacov Sheinin. Ad agosto, infatti, la banca centrale israeliana aveva stimato il costo del conflitto per Israele tra il 2023 e il 2025 in 67 miliardi di dollari (di cui 32 miliardi per le sole spese militari), pari a quasi il 13% del pil del paese, al quale si aggiungeva 10 miliardi di dollari per finanziare il trasferimento dei circa 100 mila israeliani che hanno dovuto lasciare le loro abitazioni nelle vicinanze della Striscia di Gaza o del confine con Libano dopo che erano stati presi di mira dai razzi di Hamas e dell'Hezbollah. La riparazione dei danni causati da queste azioni veniva stimata ad agosto in 6 miliardi di dollari. E' particolarmente alto il costo della difesa del territorio. Israele con l'Iron Dome, che è stato schierato per la prima volta nel 2011 e con la 'Fionda di Davide' e con i missili Arrow riesce ad intercettare circa il 90% dei razzi. Ma a quale prezzo? Si stima che ogni missile dell'Iron Dome costi circa 50 mila dollari (ogni batteria dislocata su tutto il territorio comprende tre o quattro lanciatori che contengono 20 missili). I missili del sistema missilistico detto 'Fionda di Davide' che è stato progettato per abbattere missili balistici a corto, medio e lungo raggio a bassa quota costano circa 1 milione di dollari l'uno. Poi ci sono anche i missili Arrow il cui costo, secondo un ex consulente finanziario del capo di stato maggiore dell'Idf , è intorno ai 3,5 milioni di dollari l'uno. L'economia israeliana, quindi, è una delle vittime collaterali del conflitto scoppiato dopo l'attacco del 7 ottobre di Hamas. Migliaia di aziende israeliane, infatti, si sono ritrovate in difficoltà anche a causa del fatto che i riservisti hanno dovuto imbracciare le armi. Circa 287.000 israeliani, riferisce il 'Washington Post', sono stati infatti chiamati a prestare servizio dopo il 7 ottobre, un numero particolarmente importante in un paese di meno di 10 milioni di abitanti. A questi lavoratori prestati all'esercito si aggiungono i circa 85 mila lavoratori palestinesi che operavano soprattutto nel settore dell'edilizia che sono praticamente scomparsi, poiché non sono stati autorizzati a lavorare in Israele a causa di problemi legati alla sicurezza e ai lavoratori stranieri che hanno lasciato il Paese.
CofaceBdi, a luglio, ha stimato che 46 mila aziende israeliane hanno chiuso a causa del conflitto in corso e ha previsto che entro la fine dell'anno il loro numero potrebbe salire fino a 60 mila (nel 2020 con il Covid circa 76 mila imprese erano state costrette a chiudere mentre in un anno normale il numero di imprese costrette a chiudere si aggira intorno a 40 mila). "Non c'è un settore dell'economia che sia immune dalle ripercussioni della guerra in corso", aveva spiegato al 'Times of Israel' il Ceo di CofaceBdi, Yoel Amir. A soffrire di più sono comunque le imprese che operano nei settori dell'edilizia, dell'agricoltura, del turismo, dell'ospitalità e dell'intrattenimento. "Le imprese stanno affrontando una realtà molto complessa: la paura di un'escalation della guerra, unita all'incertezza su quando finiranno i combattimenti, insieme a continue sfide come la carenza di personale, la bassa domanda, le crescenti esigenze di finanziamento, l'aumento dei costi di approvvigionamento e dei problemi logistici e, più recentemente, il divieto di esportazione da parte della Turchia, stanno rendendo sempre più difficile per le imprese israeliane sopravvivere a questo periodo". Con il conflitto in corso il turismo in Israele è crollato di oltre il 75%, ha affermato l'Ufficio di statistica israeliano a giugno e molti negozi hanno chiuso nelle vie solitamente trafficate della Città Vecchia di Gerusalemme. "L'economia è in serio pericolo a meno che il governo non si svegli", ha affermato nei giorni scorsi Dan Ben-David, che dirige la Shoresh Institution for Socioeconomic Research al 'Washington Post'. "In questo momento sono completamente disconnessi da tutto ciò che non è guerra… e non si vede la fine". L'economia "dovrebbe essere una delle cose che spinge Israele a volere che la guerra finisca prima piuttosto che dopo", aggiunge Ben-David. Le ripercussioni si fanno sentire anche sui dati della crescita. S&P (che ieri ha annunciato un taglio al rating di Israele portandolo da 'A+' a 'A' a causa dell'aumento dei rischi geopolitici in seguito all'inasprimento del conflitto con l'Hezbollah libanese), ha rivisto al ribasso la sua stima del pil: nel 2024 la variazione dovrebbe essere nulla (contro +0,5% stimato in precedenza) mentre nel 2025 dovrebbe tornare a crescere del 2,2% (contro +5% stimato in precedenza). Per Moody's, che venerdì scorso ha abbassato il rating da 'A2' a 'Baa1', il pil dovrebbe crescere quest'anno dello 0,5% e dell'1,5% l'anno prossimo (contro il 4% stimato in precedenza).
S&P sostiene che "maggiori minacce alla sicurezza smorzeranno la fiducia di consumatori e investitori, mentre i settori del turismo, dell'edilizia e dell'agricoltura resteranno quelli più colpiti". Un "un'operazione di terra più ampia in Libano – che richiederà la chiamata di riservisti – potrebbe anche limitare la ripresa economica nel breve termine". Sulla stessa linea anche Moody's che sottolinea come "la probabile estensione del servizio militare per gli uomini a 36 mesi dagli attuali 32 mesi" peserà sulla disponibilità in manodopera e "rimuovendo una delle parti più produttive della società per un periodo più lungo di quanto non accada attualmente". Inoltre, osserva l'agenzia di stampa internazionale, "i lavoratori palestinesi continuano a non essere in grado di lavorare in Israele. E questo è particolarmente rilevante nel settore edile; prima della guerra, i lavoratori palestinesi (inclusi quelli di Gaza) rappresentavano circa il 30% di quelli occupati del settore, che rappresenta oltre il 5% del pil". E nonostante gli sforzi del governo israeliano per portare lavoratori stranieri in Israele, "è probabile che persista una carenza materiale di manodopera". Per quanto riguarda i conti pubblici S&P stima che con l'aumento delle spese militari il rapporto deficit/Pil nel 2024 dovrebbe salire al 9% prima di scendere al 6% nel 2025 (mentre Moody's stima un deficit/pil a circa il 7,5% quest'anno data la minore crescita del pil e la spesa aggiuntiva per i riservisti e gli sfollati dal Nord). Per Moody's "il rapporto debito/pil dovrebbe salire intorno al 70%, rispetto alla nostra previsione di una riduzione verso il 50% prima del 7 ottobre". Anche sul fronte degli investimenti la situazione non è rosea. Per Moody's, infatti, "è probabile che gli investimenti restino più contenuti per un periodo più lungo a causa del rischio di fare affari in Israele dal punto di vista della sicurezza". Gli investimenti attualmente sono inferiori di oltre 16 punti percentuali in termini reali rispetto al periodo precedente al 7 ottobre 2023. Per quanto riguarda le prospettive S&P ritiene che comunque grazie ad "un'economia altamente adattabile e diversificata" Israele "storicamente ha goduto di forti tassi di crescita e si è ripreso rapidamente dalla precedente crisi". (Di Emmanuel Cazale) —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Italia-Ecuador 2-0, gol di Pellegrini e Barella
(Adnkronos) –
L'Italia batte l'Ecuador 2-0 con un gol in apertura di Pellegrini al 3' con un tiro da fuori e e uno in pieno recupero di Barella al 94' con un tocco morbido su passaggio di Orsolini. In realtà il risultato non rende giustizia all'impegno della giovane squadra latinoamericana che soprattutto nel secondo tempo ha spinto con decisione e velocità, pur senza rendersi pericolosa se non su un colpo dalla distanza di Plata ribattuto da Vicario. Ben quattro gli ammoniti fra gli azzurri (Jorginho, Zaniolo, Mancini, Cambiaso) in una partita giocata con decisione e grande velocità. Per l'Italia ora una pausa fino a a giugno quando sono in calendario altre due amichevoli – contro Turchia e Bosnia – prima dell'inizio del Campionato Europeo. "Nel primo tempo abbiamo avuto più la palla e siamo stati più alti, e potevamo fare un altro gol. Poi nel secondo tempo siamo stati più sporchi ma sempre stati squadra anche nel secondo tempo dove loro si sono presi un po' di campo in più", dice il ct Luciano Spalletti. Il commissario tecnico azzurro traccia comunque "un bilancio molto positivo della tournee, che è stata ottima, con una organizzazione della Federazione perfetta". "Abbiamo fatto due buone prestazioni, ci sono cose da mettere a posto, ma ora dobbiamo fare una analisi e poi tirar fuori cose positive", conclude. —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Lanciata da Coop ‘Foresta Blu’, nuova campagna per protezione praterie di Posidonia
(Adnkronos) – Al via 'Foresta Blu', la nuova campagna di Coop per il monitoraggio, il ripristino e la protezione di tratti di praterie di Posidonia oceanica, importantissima sentinella della qualità dei nostri mari. Praterie di queste piante marine saranno monitorate, riforestate e protette nel biennio 2024-2025 nel mar Tirreno (Liguria e Toscana) e nel basso mar Adriatico (Puglia). La Posidonia oceanica è una pianta marina, endemica del mar Mediterraneo, dalle straordinarie potenzialità: ogni metro quadrato di prateria può generare quotidianamente da 4 a 20 litri di ossigeno e rappresenta un habitat ideale per la biodiversità e un luogo eletto di riproduzione e nursery. La sua presenza aiuta lo stoccaggio sottoterra di anidride carbonica e le sue foglie sono dimora permanente per circa il 25% delle specie marine del Mediterraneo. Nonostante ciò, le praterie di Posidonia sono in costante e progressiva regressione a causa dell’azione dell’uomo sia sulle spiagge (cementificazione e turismo) sia a largo (ancoraggi e pesca). Si stima che negli ultimi 50 anni la loro presenza nel nostro mare sia diminuita di oltre il 30% e la regressione stia proseguendo. Da queste premesse nasce la nuova iniziativa di Coop che prosegue così il suo impegno nella tutela dell’ambiente dopo 'Un mare di idee nelle nostre acque', la precedente campagna che nell’arco di un triennio ha permesso l’installazione di 46 Seabin (i cestini del mare) in grado di raccogliere rifiuti in decine di porti d’Italia. Dal 2023 membro della Water Defenders Alliance, alleanza tra imprese creata per generare un impatto concreto nella difesa delle acque, Coop rinnova la collaborazione con LifeGate e conferma il suo impegno per far tornare a respirare i nostri mari. Al fianco di Coop e LifeGate, l’Istituto Europeo per l’innovazione e la sostenibilità Eiis, due team di ricercatori universitari dell’Università di Genova e dell’Università di Bari, sub e biologi professionisti tra cui docenti ed esperti dell’Issd, l’International School for Scientific Diving, associazione no profit e prima scuola italiana di formazione di ricercatori scientifici subacquei, e l’equipaggio 'ecologico' della barca a vela Anywave. Non manca la community di attivisti under 35, coinvolti in corsi ed esperienze in mare sulla biodiversità subacquea, e ovviamente i soci e clienti, che potranno partecipare acquistando piantine di Sansevieria, tra l’8 giugno e l’8 settembre. Per ogni pianta, 1 euro sarà devoluto al progetto. “Siamo certi che non si possa parlare di futuro senza guardare alla salute del nostro Pianeta oggi e siamo allo stesso modo convinti che ogni protagonista dell’economia del Paese possa fare la sua parte nella lotta al cambiamento climatico – osserva Maura Latini, presidente di Coop Italia – Questo progetto rispecchia tutte le caratteristiche dell’agire di Coop nella società. Alla conoscenza, che amiamo condividere con le generazioni più giovani, associa la competenza dei nostri partner scientifici e dei professionisti delle Università, l’esperienza del team di Anywave che vive quotidianamente il mare, e l’impegno dei nostri soci e consumatori che da sempre ci sostengono nelle nostre campagne ambientali. È una sfida, ce ne rendiamo conto, i cui risultati non possono essere previsti ma sappiamo che seminare innovazione e conoscenza oggi è il modo più proficuo per raccogliere rigogliosi frutti domani”. Si parte tra maggio e giugno con 200 metri quadrati di Posidonia reimpiantata a largo dell’Isola di Bergeggi, Area Marina Protetta in provincia di Savona, habitat preservato e ideale per l’attecchimento di nuove praterie. Realizzata in collaborazione con l’Università di Genova e la professoressa Monica Montefalcone, e con il supporto tecnico dell’Issd, coordinato dal suo direttore Stefano Acunto, l’operazione consiste nell’utilizzo dell’innovativo protocollo di riforestazione ideato proprio dall’International School for Scientific Diving. Una tecnica sostenibile che prevede l’installazione sul fondale di biostuoie costituite da reti di fibra di cocco per ripristinare porzioni di posidonieti degradati. Sopra a queste biostuoie vengono innestate talee di Posidonia, recuperate tra quelle strappate dalle praterie naturali ad opera delle mareggiate o da attività antropiche, che verranno monitorate per i 24 mesi successivi per verificarne l’attecchimento. Un habitat, quello dell’Area Marina Protetta di Bergeggi gestita dal Comune di Bergeggi e diretta da Davide Virzi, favorevole a questa pianta marina che già nel 2023 ha superato la sperimentazione di un impianto attecchito per oltre il 70% della superficie dopo 12 mesi. Stesso iter si seguirà nel 2025 davanti all’Isola d’Elba. Con lo stesso team di lavoro, a settembre 2024 saranno individuate e monitorate le aree dove sorgono praterie di Posidonia in regressione e, nel 2025, avverrà la riforestazione di 100 metri quadrati e il posizionamento di un campo boe in grado di garantire la protezione in superficie e scongiurare così ancoraggi troppo invasivi per il fondale marino. Discorso diverso quello dell’Adriatico dove la Posidonia, per le sue particolari esigenze ecologiche, lungo la costa italiana è presente solo a partire alle coste della Puglia e non si spinge più a nord delle isole Tremiti. In collaborazione con un team di ricercatori dell’Università di Bari, nelle acque di Monopoli, Torre Guaceto e Savelletri, si procederà agli inizi di luglio 2024 al monitoraggio scientifico dei tre grandi posidonieti presenti per verificare lo stato di regressione o conservazione di praterie già esistenti e grazie alla presenza della barca a vela Anywave si svilupperà un’azione di conoscenza e sensibilizzazione sul tema. Ausilio della campagna sulle acque sarà Anywave, la barca da regata partner di Coop già in Barcolana, che nel 2024 amplia il proprio progetto di navigazione rispettosa degli ecosistemi. Dopo la figura del REco, il responsabile ecologico di bordo incaricato della programmazione sostenibile di cambusa e navigazione, da quest’anno porta in mare un innovativo kit antisversamento. Adottato dalla Water Defenders Alliance e brevettato da un’azienda italiana, la dotazione di una serie speciale di spugne, idrofobe e oleofile, formulate in poliuretano espanso a celle aperte, permette la raccolta degli idrocarburi già a bordo, prevenendone lo sversamento in mare. Anywave sarà anche luogo di incontro e di racconto della biodiversità marina e incrocerà e sosterrà 'Foresta Blu' nella tappa adriatica dove, a seguito del monitoraggio, ospiterà a bordo scienziati, biologi marini e attivisti per illustrare i risultati. A settembre poi a salpare sulla Anywave, per un’uscita didattica nella zona del Conero, saranno anche 10 ragazzi selezionati tra i 100 della community di giovani che da aprile sono impegnati nel progetto Sea Explorers. E la barca sarà ancora partner di 'Foresta blu' nella stagione 2025 al largo dell’isola d’Elba. Sea Explorers è un corso di formazione avviato a marzo che trova ora prosecuzione e compimento nella campagna 'Foresta Blu'. Ideato e realizzato in collaborazione con Eiis (European Institute of Innovation for Sustainability) e il suo vicepresidente Diego Raiteri, il corso ha accolto nella prima fase 400 iscritti. Ora i 100 più motivati parteciperanno a giugno a esperienze on sea, con l’osservazione dei fondali e di alcune praterie marine sulla costa toscana (Isola d’Elba) e dorica (a largo di Ancona). E infine per 10 di loro l’esperienza a bordo di Anywave (settembre 2024). —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Manovra 2024, riparte il cantiere dopo pausa estiva: nodo risorse
(Adnkronos) –
Riparte il cantiere della manovra 2024 dopo la pausa estiva. Oggi 27 agosto, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti rientrerà al Mef dove inizieranno le prime ricognizioni tecniche post vacanze in vista della presentazione, entro il 20 settembre, del Piano strutturale di bilancio che ha preso il posto della Nadef. Il Bilancio sarà anche al centro del vertice di maggioranza in programma per venerdì 30 agosto. Prima delle vacanze il ministro aveva incontrato separatamente vari colleghi di governo per un confronto sui tagli di spesa. Anche quest'anno si presenta il nodo risorse da sciogliere, ma questa volta la risoluzione del rebus è resa più ardua sia per il ritorno delle regole di Maastricht, seppur riformate, sia perché l'Italia è sotto procedura per deficit eccessivo quindi dovrebbe tagliare il disavanzo strutturale almeno dello 0,5% annuo per i prossimi sette anni, circa 10 miliardi l'anno. A volere riconfermare le misure della precedente manovra e le spese inderogabili, il conto partirebbe da oltre 20 miliardi di euro. Tra le principali voci, il taglio del cuneo a 14 milioni di lavoratori (10,7 miliardi) e l'accorpamento delle prime due aliquote Irpef (circa 4 miliardi); i sostegni per la Zes pesano per 1,9 miliardi; per le missioni internazionali serve almeno 1 miliardo; per la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività oltre 800 milioni. Per le coperture il governo punta sulla spending review, sugli stanziamenti di misure abolite, come l'Ace, e sulle entrate fiscali. Dal concordato biennale proposto a 2,7 milioni di autonomi e imprese sui redditi da dichiarare nel 2024 e 2025 con la garanzia di essere esclusi dai controlli si punta ad un gettito pari a circa 2 miliardi. Ma la stima appare – secondo fonti parlamentari – troppo ottimistica visto che oltre 1 milione dei contribuenti interessati dal concordato presenta un indice di affidabilità fiscale basso sollevando qualche perplessità sulla volontà di questi ultimi di aderire entro il 31 ottobre. Nel novero delle risorse anche gli incassi dal pagamento delle ultime rate della rottamazione quater prorogata al 15 settembre. Ne consegue che il quadro sulle coperture sarà chiaro solo più avanti. Intanto entro il 20 ottobre il governo dovrà mettere mano al Documento programmatico di Bilancio da trasmettere a Bruxelles e al Parlamento, dopo arriverà l'articolato della manovra, da approvare entro il 31 dicembre. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Alluvione in Spagna, “assassino”: re Felipe contestato a Valencia – Video
(Adnkronos) – ''Assassini''. Così il re di Spagna Felipe IV e il premier spagnolo Pedro Sanchez sono stati contestati a Paiporta, una dei Paesi più colpiti dall'alluvione nella regione di Valencia dove si registrano finora oltre 200 morti. Come si vede dalle immagini diffuse, la tensione al passaggio dei reali è stata altissima e i cittadini scesi in strada hanno gettato fango contro il re. Il dispositivo di sicurezza ha tentato di proteggere la delegazione reale, dopo che il protocollo è stato violato. Le persone hanno oltrepassato il cordone che era stato stabilito attorno ai reali. Per garantire la sicurezza sono intervenuti agenti della Polizia nazionale a cavallo, oltre a membri della Guardia Civil. Un gruppo di persone ha gridato in coro "dov'è Pedro Sánchez?". La protesta si è accesa soprattutto quando, accanto ai reali, è apparso anche il primo ministro Sanchez accusato di aver sottostimato l'allarme e di aver ritardato i soccorsi. ''Non ci è rimasto più nulla'', urlavano. Sánchez ha deciso di interrompere la visita. Re Felipe si è invece rifiutato di interrompere la visita a Paiporta e ha cercato di parlare con i cittadini nonostante le forti contestazioni contro di lui. A fatica è riuscito ad avanzare, protetto da un rigido cordone di sicurezza, e cercando di esprimere comprensione e di ascoltare le persone colpite. Anche la regina Letizia, che lo ha accompagnato, ha parlato con alcune donne, ma gli agenti sono dovuti intervenire e portarla via dopo che le è stato gettato fango contro. Nelle immagini della protesta trasmesse dall'emittente Rtve si vede anche un uomo ferito negli scontri con la polizia e che ha una ferita alla testa, sanguinante. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Ferrovienord, 74 assunzioni e nuove selezioni del personale in corso
(Adnkronos) – Negli ultimi 11 mesi 74 nuovi assunti sono entrati a far parte dell’organico di Ferrovienord, la società del gruppo Fnm che gestisce in Lombardia 331 km di rete ferroviaria e 125 stazioni dislocate su cinque linee nelle province di Milano, Brescia, Como, Monza e Brianza, Novara e Varese. Si tratta – sottolinea una nota della società – di una crescita del 56% rispetto ai nuovi ingressi registrati nello stesso periodo dell’anno precedente. All’interno del nuovo personale si registra una forte presenza di under 30, che valgono il 53% del totale. Il piano delle assunzioni di Ferrovienord non si ferma e prosegue con la ricerca di altre figure professionali, già in corso, in modo da rispondere alle esigenze dei diversi dipartimenti della società. Tutti i 74 nuovi assunti – come i profili attualmente selezionati – sono entrati in azienda con contratto a tempo indeterminato. Il servizio della manutenzione ha visto il maggior numero di ingressi, con il 59% dei nuovi addetti, seguito dal servizio circolazione, con il 26%. Oltre l’86% degli assunti in questi due settori sono operai; gli impiegati, che rappresentano invece il 12%, sono entrati invece all’interno delle altre aree della società: direzione generale, direzione sviluppo infrastruttura, direzione tecnica, gestione investimenti, prevenzione e protezione dei lavoratori, Programmazione e controllo. Per tutte le mansioni inerenti alla manutenzione dell'infrastruttura e alla regolarità e sicurezza dell'esercizio ferroviario sono previsti percorsi formativi interni all'azienda. Attualmente sono in corso ricerche per alcuni profili tecnici. Per la gestione della manutenzione degli impianti elettrici di bassa tensione e illuminazione si ricerca un impiegato tecnico per sistemi di alimentazione, laureato in ingegneria elettrica. Un impiegato diagnostica analisi dati, dotato preferibilmente di laurea in ingegneria e conoscenza delle indagini a ultrasuoni, sarà inserito nel settore della diagnostica dell’infrastruttura ferroviaria di Ferrovienord con compiti di controllo e gestioni di attività in cantiere. Un tecnico di segnalamento, preferibilmente dotato di laurea magistrale in elettrotecnica e con 5 anni di esperienza nell’ambito elettrotecnico o segnalamento, sarà inserito nella gestione operativa dei contratti di manutenzione di tutti gli impianti tecnologici a supporto della circolazione ferroviaria (impianti di segnalamento e sicurezza ferroviari, rete dati, fibra ottica, apparati di informazione al pubblico, etc…). Infine, l'azienda seleziona un impiegato nell’ambito qualità e ambiente, dotato di laurea magistrale o triennale in ingegneria e con un’esperienza specifica di 3 o 4 anni nel settore del trasporto ferroviario, che si occuperà di sicurezza ferroviaria, analisi di valutazione dei possibili rischi conoscenza e applicazione delle normative in materia. Le candidature si possono inviare direttamente sul sito della capogruppo Fnm. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Covid fattore di rischio per Alzheimer, l’analisi
(Adnkronos) – "L'infezione da Sars-CoV-2 dovrebbe essere considerata un fattore di rischio per l'Alzheimer, anche se la distinzione tra causalità e accelerazione della malattia non è chiara". Va ancora capito, in altre parole, se Covid può causare la demenza oppure velocizzarne la comparsa e l'evoluzione. E' la conclusione a cui sono giunti gli autori di un approfondimento sul virus 'Sars-CoV-2 come causa di neurodegenerazione', pubblicato su 'The Lancet Neurology'. Gli scienziati partono dal presupposto che "le malattie infettive sono una" possibile "causa di neurodegenerazione" già "stabilita, "benché il pericolo neurologico legato alle infezioni virali sia difficile da quantificare". In generale, sottolineano gli esperti, "finora il rischio cumulativo stimato di demenza dovuta a un ricovero ospedaliero per qualsiasi infezione virale nel corso della vita è di 1,48 (intervallo di confidenza 95% 1,15-1,91)". Riguardo al Covid, "uno studio longitudinale sulle conseguenze dell'infezione da Sars-CoV-2 nei decenni" successivi "non è ovviamente disponibile", considerando che la malattia è 'nata' per quanto si sa nel 2019. Tuttavia, i ricercatori citano degli studi i cui risultati indicano che "Covid-19 può determinare un rischio di demenza superiore rispetto all'influenza" e che, "a breve termine, il rischio di danni neurologici gravi come sequela di Sars-CoV-2 è significativo, guidato da meccanismi vascolari e probabilmente da altri processi complessi" che possono coinvolgere la proteina amiloide. Quella che si accumula nelle placche cerebrali caratteristiche dei malati di Alzheimer. "Una correlazione diretta tra precedente infezione Sars-CoV-2 e aumento del rischio Alzheimer è stata segnalata" e appare "robusta", proseguono gli autori, però "rimane difficile – puntualizzano – distinguere tra casi di demenza ipoteticamente scatenati o solamente accelerati" da Covid. Alcuni punti chiave dell'analisi vengono evidenziati via social dallo scienziato americano Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, fondatore e direttore Scripps Research Translational Institute, che ne pubblica il testo in chiaro rimarcandone in particolare la chiusa: "La terapia antivirale – ritengono i firmatari dell'articolo – dovrebbe essere presa in considerazione anche per le infezioni da Sars-CoV-2 moderate, per ridurre la gravità dei sintomi e limitare la probabilità di sequele". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Parigi 2024, Stano quarto nella marcia 20 km: bronzo sfiorato
(Adnkronos) –
Massimo Stano quarto nella 20 km di marcia, la gara che apre il programma dell'atletica leggera alle Olimpiadi di Parigi 2024. L'azzurro, campione olimpico a Tokyo 2020, chiude ai piedi del podio in una gara eccellente. Il pugliese è all'altezza dei migliori fino al 17esimo chilometro, quando incappa in una distorsione alla caviglia sinistra: da lì in poi, Stano perde terreno rispetto ai rivali. La medaglia d'oro va all'ecuadoregno Brian Daniel Pintado (1h18'55''). Argento al brasiliano Caio Bonfim e bronzo allo spagnolo Alvaro Martin. L'azzurro arriva a 18'' dal vincitore e ad un solo secondo dal terzo posto. Il gruppo procede compatto con un ritmo 'soft': si marcia sul piede dei 4 minuti a km nei primi 5 km in una lunga fase di studio che non produce nessuna selezione. Stano e Orsoni si affacciano ripetutamente nelle prime posizioni del plotone, che propone una prima fila molto estesa. Il copione non cambia granché, si passa ai 7 km in 28'22''. Stano passa per primo agli 8 km con il tempo di 32'21'': si scende sotto i 4 minuti a chilometro, troppo poco per parlare di accelerazione ma si intravedono i primi segnali di una progressione. Il passaggio ai 9 km (36'21'') conferma il ritmo 'gradito' dal gruppo. Chi si aspetta che la gara si accenda rimane deluso, si va avanti senza sussulti tra il decimo e l'undicesimo km. Al km numero 13 si passa in 52'18'', con un'andatura ampiamente consolidata: il gruppo di testa comprende una ventina di elementi e di fatto non perde pezzi pregiati. Il cronometro segnala un passaggio più rapido al km 14: una variazione di pochi secondi, sufficiente però a provocare un'iniziale selezione sollecitata soprattutto da Stano, che occupa stabilmente la prima posizione. L'azzurro impone una progressione che fa scendere il parziale verso i 3'50'' a km, prima di cedere il comando delle operazioni al brasiliano Caio Bonfim tra il quindicesimo e il sedicesimo chilometro. Al 17esimo chilometro, a 3000 metri dal traguardo, rimangono in 4 per il podio: con Stano e Bonfim, l'ecuadoregno Pintado e lo spagnolo Martin. L'azzurro incappa in una distorsione alla caviglia sinistra, incidente che ricorda l'infortunio subito in primavera in Turchia. L'articolazione non sembra perfettamente stabile, Stano perde qualche metro rispetto ai rivali trascinati da Bonfim, che spinge al massimo nonostante due proposte di squalifica. Il campione di Tokyo 2020 stringe i denti, inizia l'ultimo km con 4'' di ritardo rispetto al trio di testa. Impossibile recuperare. Pintado trionfa, Stano chiude a un secondo dal bronzo. "Mi sono concentrato su me stesso, non sugli altri. Mi sono trovato più volte davanti perché mi sentivo bene. Ho dato il massimo, non è stato sufficiente", dice Stano alla Rai. "Ho usato tutte le energie che avevo, sarebbe stato bello vincere una medaglia ma sono contento perché non era scontato arrivare tra i primi con soli 55 giorni di preparazione. Più volte la caviglia si è girata, probabilmente c'è qualcosa da rivedere: perdo la stabilità, forse è una questione legata anche ad una carenza muscolare". Il quarto posto "è una mezza vittoria, sono soddisfatto. Per la medaglia, mi sa che mi tocca fare Los Angeles…". —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Cistite in estate, donne più colpite: cause, sintomi, come prevenirla
(Adnkronos) – Può essere una scomoda compagna di vacanze, e rendere più complicati i giorni tanto sognati sotto l'ombrellone, fra mare e bagnasciuga. Estate tempo di cistite, soprattutto tra le donne. Secondo le stime, almeno una su 3 ne ha sofferto nella vita e fra queste c'è chi va incontro a forme ricorrenti. "Le cistiti, episodi fastidiosi di infezioni delle vie urinarie che colpiscono più facilmente le donne, sono molto più frequenti in estate per tante ragioni – spiega all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova – Si beve meno acqua, in genere si hanno più rapporti sessuali" nella stagione delle vacanze "e la cistite, nelle donne sessualmente attive, è appunto spesso correlata direttamente ai rapporti sessuali". Altre condizioni che aumentano il rischio di incappare in una cistite sono per esempio "il costume bagnato – elenca ancora Bassetti – o degli indumenti particolarmente stretti che magari si utilizzano di più in estate, tutti fattori che aumentano evidentemente il rischio di queste infezioni che possono essere veramente fastidiose, soprattutto nel genere femminile". Campanelli d'allarme sono il classico bruciore, o dolore, quando si fa la pipì; difficoltà a urinare e bisogno frequente e urgente; ma anche una sensazione di peso sulla vescica, al basso ventre, e di non completo svuotamento e visivamente si osservano anche urine torbide. Il fastidio può essere significativo, osserva l'infettivologo, sottolineando l'importanza di non trascurare questa problematica, perché spesso questi episodi di cistite "portano a un utilizzo spropositato di antibiotici, anche in autoprescrizione – avverte lo specialista – Purtroppo oggi le infezioni urinarie sono uno dei settori nel quale abbiamo più facilmente batteri resistenti agli antibiotici, necessità di ricovero in ospedale e quant'altro. Quindi bisogna fare grande attenzione", ammonisce. L'esperto affronta il tema anche in un post su Facebook dedicato alle cistiti estive, nel quale dispensa qualche consiglio "per provare a prevenirle: bevi almeno 2 litri di acqua al giorno – suggerisce – segui una dieta ricca di vitamine e antiossidanti come frutta e verdura; evita cibi zuccherati e bevande gassate; svolgi attività fisica regolarmente; bevi molta acqua; limita il consumo di caffè, alcolici, dolci o cibi troppo conditi; non trattenere la pipì; non indossare vestiti troppo attillati di materiale sintetico o passare la giornata con il costume bagnato". E infine: "In caso di episodio di cistite, è molto importante fare un'urinocoltura prima di iniziare l'antibiotico (meglio evitare il fai da te)". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Harris-Trump verso le elezioni, ecco tutti i testa a testa negli Stati chiave
(Adnkronos) – Manca meno di un mese all'election day e il duello elettorale tra Kamala Harris e Donald Trump appare come un testa a testa all'ultimo voto. La vice presidente ha un modesto vantaggio a livello nazionale, del 3,4% secondo l'ultima media di The Hill. Considerando però il sistema del Collegio elettorale – che prevede che vengano eletti in ogni stato i grandi elettori, in numero proporzionale alla popolazione, che poi voteranno per il presidente – saranno i sette Stati chiave a decidere l'esito delle elezioni, determinando quale candidato raggiungerà il 'magic number' di 270 voti elettorali che consegna la Casa Bianca. Secondo le ultime medie, Harris è in vantaggio in quattro di questi Stati, Trump in tre, ma si tratta di scarti minimi, meno di punti, in alcuni casi meno di un punto percentuale. Nelle prossime settimane quindi si prevede una battaglia elettorale accanita, con le campagne che spenderanno centinaia di milioni di dollari negli Stati chiave. Ecco la situazione Stato per Stato. Arizona Trump ha un vantaggio minimo, dello 0,8% in questo stato chiave dove, essendo sul confine, la questione dei migranti, per la quale Trump promette il pugno di ferro, è centrale. Secondo un recente sondaggio Cnn, l'ex presidente ha il 50%, contro il 34% di Harris, per quanto riguarda la politica sui migranti. Quattro anni fa, l'Arizona è stato uno degli stati con lo scarto più basso, con Joe Biden che ha vinto con un vantaggio dello 0,3% dopo una lunga fase di contestazioni da parte di Trump. Georgia Trump anche è in vantaggio con lo 0,7% nello stato che Biden nel 2020 si è aggiudicato con appena 12.670 voti di vantaggio, diventando il primo democratico a vincere le presidenziali in Georgia dal 1992, prima vittoria di Bill Clinton. L'ex presidente aveva un vantaggio molto più consistente ma si è assottigliato dopo che Harris ha sostituito Biden nella corsa per la Casa Bianca nello stato in cui il voto degli afroamericani, che sono il 33% della popolazione, è cruciale. Michigan Minimo, dello 0,2%, il vantaggio di Harris nello stato dove invece subito dopo la convention a fine agosto era riuscita ad ottenere un vantaggio di 2 punti. Secondo alcuni al suo arretramento nei sondaggi sta contribuendo l'aggravarsi della situazione in Medio Oriente, dal momento che nello stato del Mid West vivono 200mila arabo americani che hanno minacciato di non sostenere i democratici per l'appoggio dato ad Israele dall'amministrazione Biden. Quattro anni fa Biden vinse nello stato per 150mila voti e nel 2016 Trump per meno di 11mila. Nevada Harris ha qui il suo vantaggio più consistente, due punti, dovuta al fatto che lo stato negli ultimi cicli elettorali si è sempre di più spostato verso i democratici. L'ultimo repubblicano a vincere le presidenziali è stato, due volte, George W. Bush. Ad agosto la democratica ha incassato l'endorsement dell'influente Culinary Workers Union Local 226, che rappresenta i lavoratori del settore alberghiero di Las Vegas e Reno ai quali entrambi i candidati hanno promesso misure per detassare le mance. North Carolina Harris ha un vantaggio dello 0,8% nello stato che è stato l'unico stato chiave vinto da Trump quattro anni fa. I precedenti storici sembrano comunque favorire l'ex presidente: Barack Obama è stato l'unico democratiche a vincere nello stato dal 1976. E ci è riuscito nel 2008 ma non nel 2012. Ma in favore di Harris può giocare il fatto che il 22% della popolazione è afroamericana ed una sua affluenza massiccia alle urne potrebbe essere determinata per la candidata afroamericana. Favorevole ai democratici anche il fatto che la North Carolina è tra gli stati chiave quello con il maggior numero di laureati, gruppo che negli anni recente tende a votare dem. Pennsylvania Il Keystone State appare quest'anno come lo stato da conquistare per arrivare alla Casa Bianca, grazie ai suoi 19 voti elettorali, il bottino maggiore tra tutti gli stati chiave. Harris al momento è avanti dello 0,8%, ma oggi è atteso un nuovo comizio di Trump a Butler, la località dove il 13 luglio l'ex presidente è scampato ad un tentato assassinio. A confermare quanto sia cruciale la vittoria in questo stato, a sostegno di Harris nei prossimi giorni arriverà in Pennsylvania Obama, che terrà un comizio a Pittsburgh il 10 ottobre. Wisconsin Harris ha un vantaggio relativamente più consistente, 1,3%, ma sfortunatamente per lei i sondaggi in Wisconsin si sono rivelati diverse volte errati nello stato. Nel 2016 davano Clinton in testa per 6 punti, invece Trump vinse di misura. E anche quattro anni fa Biden era dato avanti di 7 punti, invece alla fine ha vinto per il rotto della cuffia. Bisogna infine notare che anche in questo stato, nelle ultime settimane la democratica ha visto ridursi in modo preoccupante il vantaggio ottenuto dopo la convention che in Wisconsin era arrivato a quattro punti. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Webuild, nel 2023 nuovo record di ordini a 22 mld, portafoglio a 64 mld
(Adnkronos) –
Webuild segnala di avere toccato nel 2023 il record per il terzo anno consecutivo di nuovi ordini: ne sono stati infatti acquisiti 22 miliardi, di cui 11 miliardi all’estero”. Il portafoglio ordini si attesta a 64 miliardi, “che copre interamente il business plan in corso e garantisce ampia visibilità per i prossimi 6 anni” . Sul fronte infrastrutture Webuild sottolinea la consegna di opere ‘iconiche’ come il ponte sul Danubio
in Romania e il completamento di “significativi avanzamenti su alcuni progetti”, tra cui la metro m4 di Milano, l’alta velocità Milano-Genova, l’impianto idroelettrico Snowy 2.0 in Australia, la linea 16 di Grand Pari Express e lo Ship Canal Water Quality project in Usa. Il gruppo sottolinea come sia stata gestita con successo la sfida della carenza di personale con 87.000 persone nei progetti del gruppo nel mondo, di cui 16.900 in Italia; nel 2023 sono state compiute oltre 12.000 nuove assunzioni. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
“Putin vuole distruggere l’Occidente e durare altri 15 anni”. Parla il dissidente Khodorkovsky
(Adnkronos) – A margine di una tavola rotonda organizzata da Ecfr, European Council on Foreign Relations, l'Adnkronos ha intervistato Mikhail Khodorkovsky, un tempo l'uomo più ricco di Russia, oggi dissidente in esilio e oppositore del regime putiniano. A 32 anni acquisisce, con i metodi opachi dell'era Eltsin, il gigante del petrolio Yukos, che sarà poi ri-nazionalizzato, con i metodi brutali dell'era Putin: nel 2003 Khodorkovsky viene arrestato per frode fiscale e passerà 10 anni in prigione sulla base di condanne che ha sempre considerato politicizzate e manovrate dal Cremlino. Amnistiato nel 2013, da allora vive a Londra e gira per università, think tank ed eventi pubblici con l'obiettivo di costruire una coscienza democratica nei suoi concittadini. La ricetta è condensata nel libro pubblicato l'anno scorso 'Come uccidere un drago': per lui la Russia può essere o unita o democratica, dunque propone di passare dal presidenzialismo a un sistema parlamentare e dal centralismo al federalismo. Eppure la frammentazione che è seguita al crollo dell'URSS negli anni '90 non è stata sicuramente sinonimo di stabilità o democrazia. "Guardi, a parte un po' di confusione e il caso estremo della Cecenia, in quegli anni la situazione non è stata così drammatica. In una Russia federale ci sarebbero diversi sistemi politici: alcune regioni, tra cui Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk, diventerebbero delle democrazie piene, simili a quelle europee. Mentre altri avrebbero sistemi meno democratici, delle autocrazie 'leggere', ma sicuramente meno distruttive di quella attuale". Si diceva che Putin lo avesse graziato in cambio della promessa di non occuparsi di politica, ma quando glielo chiedo reagisce seccato: "Non ho mai detto una cosa del genere e lo stesso Putin l'ha negata. Possibile che tutti gli altri credano a questa storia?". Vista la fine che hanno fatto altri dissidenti, non ha paura di conseguenze su di sé o sulla sua famiglia? "Nelle dittature, chiunque è in pericolo. Soprattutto dopo tanti anni i dittatori diventano più insicuri e più aggressivi con gli oppositori. Ma io non cerco ruoli politici in Russia, sono un manager che studia e prova a fare il suo dovere civico. Se Putin domani volesse farmi fuori, dovrebbe rinunciare a far fuori qualcun altro che magari in questo momento è più insidioso per lui".
Putin ha due obiettivi: mantenere il potere più a lungo possibile, "anche per altri 15 anni", e indebolire l'Occidente, con la propaganda, i sabotaggi, la minaccia nucleare. Una strategia cinese "dei mille tagli", un processo lento ma inesorabile per introdurre e rafforzare i problemi sociali, politici ed economici. Così da costringere Europa e Stati Uniti a chiudersi in loro stessi e abbandonare velleità globaliste. "Eppure negli ultimi due anni l'Europa ha dormito, non ha capito che doveva immediatamente concentrare tutti i suoi sforzi sull'industria militare per sostenere lo sforzo ucraino, che ora è davvero al limite. Soprattutto quando parliamo di droni, la superiorità russa è impressionante. Solo adesso vi state muovendo, meglio tardi che mai. Certo, per me è inspiegabile che Macron, dopo il suo giusto discorso sulla capacità di Putin di distruggere l'Europa, mandi il suo rappresentante all'inaugurazione presidenziale a Mosca". Altra fissa del potere putiniano è la contrapposizione con gli Stati Uniti, unici considerati in grado di fermare il suo disegno. "Basti pensare allo scontro tra Israele e Hamas. Ora Putin si schiera con l'Iran non perché creda alla causa palestinese, ma perché sa che questo crea problemi agli Stati Uniti". Le sanzioni occidentali sono riuscite a fiaccare il regime? "E' un bilancio in chiaroscuro. Ce ne sono di quattro tipi: personali destinate all'élite putiniana, sono state utili perché li hanno privati di molti strumenti economici; finanziarie, contro lo Stato e le aziende, non hanno creato forti conseguenze, visto che la bilancia economica russa resta positiva; energetiche, che invece hanno colpito duramente soprattutto le esportazioni di gas, e devo dire di essere stato sorpreso dalla determinazione tedesca; tecnologiche, per impedire a Mosca di accedere a chip e strumenti fondamentali per la sua industria bellica, che iniziano a fare effetto ma hanno molti difetti, soprattutto nelle categorie-colabrodo di prodotti vietati". (di Giorgio Rutelli) —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Elon Musk, avvocati sulla lotteria da 1 milione di dollari: “Creata emergenza fasulla”
(Adnkronos) – Gli avvocati di Elon Musk, miliardario proprietario di Tesla e SpaceX e sostenitore di Donald Trump, hanno accusato il procuratore distrettuale progressista di Philadelphia di aver “fabbricato un'emergenza fasulla” per cercare d'interrompere la lotteria giornaliera da 1 milione di dollari organizzata dal suo super Pac, che premia ogni giorno i 'fortunati' firmatari di una petizione pro- Trump. Da diversi giorni Musk e il suo team di avvocati sono impegnati in una battaglia legale con il procuratore capo di Philadelphia, Larry Krasner, che aveva denunciato il piano del magnate come 'schema di lotteria illegale'. Nella giornata di ieri, Musk era chiamato a comparire in udienza al tribunale statale di Philadelphia, ma ha scelto di non presentarsi presentando richiesta affinché la questione venga affrontata di fronte a un tribunale federale. “La causa manifesta il desiderio di Krasner di ottenere una restrizione preventiva di un discorso politico fondamentale, protetto dalla legge elettorale federale e dal Primo Emendamento, perché il procuratore distrettuale non è personalmente d'accordo con l'oratore”, hanno scritto gli avvocati di Musk in un documento. La richiesta di Musk è stata accolta, e ora la controversia si sposta nel tribunale federale, con il magnate che spera di dilatare le tempistiche andando anche oltre il 5 novembre, data delle elezioni. Musk sta infatti traendo vantaggio dal prolungarsi della disputa legale, tanto che Krasner aveva chiesto al giudice statale d'interrompere immediatamente la lotteria giornaliera. Dall'altra parte, gli avvocati di Musk hanno esortato il giudice federale, che si sta occupando del caso, a muoversi lentamente. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Caffè al bar, prezzo +14,3% in 3 anni: Bolzano la città più cara
(Adnkronos) – Aumentano i prezzi del caffè al bar del 14,3% in tre anni da luglio 2021 a luglio 2024. E' quanto rileva Fipe, in occasione della Giornata internazionale del caffè, in una indagine per l'Adnkronos. Si tratta di un aumento maggiore rispetto all'aumento dei prezzi dei vari prodotti al bar, dai cornetti alle paste e al cappuccino, che nello stesso periodo hanno segnato +13%. Tuttavia, sottolinea l'associazione degli esercenti pubblici di Confcommercio, sono aumenti al di sotto del tasso di inflazione che da agosto 2021 ad agosto 2024 è stato di 15,5%. A determinare l'aumento del costo della tazzina, spiega Fipe, c'è il forte incremento dei prezzi all'origine. Se il prezzo medio del caffè al bar si attesta a 1,20 euro lungo lo Stivale, tra le città la tazzina più cara si consuma a Bolzano (1,37 euro), seguita da Bologna (1,27) e Venezia (1,23).
A determinare l’aumento del costo della tazzina di caffè al bar c’è il forte incremento dei prezzi all’origine. La crisi climatica che ha devastato i raccolti nei Paesi produttori, Vietnam in particolare, le tensioni geopolitiche che stanno cambiando le tradizionali rotte alle forniture, l'esplosione dei noli marittimi, sono le cause principali che stanno determinando i rialzi dei prezzi all'origine alle borse merci di Londra e New York, con l'Arabica che ha avuto in un anno incrementi superiori al 60% e la Robusta di oltre il 90%. "In questo contesto, i bar stanno facendo grandi sforzi per assorbire gli aumenti, contenendo il costo finale per il consumatore" sottolineano dalla Fipe, che in un'indagine, diffusa sempre oggi, rileva un aumento dell'espresso al bar del 14,3% in 3 anni. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Sarri, addio alla Lazio: da Anna Falchi a Osho, tifosi vip divisi su dimissioni
(Adnkronos) – Deputati, vip, personaggi dello spettacolo. La notizia delle dimissioni di Maurizio Sarri da allenatore della Lazio irrompe tra i tifosi biancocelesti eccellenti. Da Anna Falchi a Osho, da Enrico Montesano ai tifosi della 'prima squadra della Capitale' nei palazzi della politica. Molti ringraziano il tecnico per le due stagioni e mezza alla guida della squadra, ma c'è anche chi è convinto che il passo indietro del tecnico toscano sia la soluzione migliore in un momento di crisi, con 4 sconfitte consecutive. "Le dimissioni dalla Lazio fanno onore a Sarri, che è un uomo che ha dignità e carattere. Credo abbia fatto la scelta giusta: serviva una scossa", dice all'AdnKronos Enrico Montesano. "Io personalmente -spiega il popolare attore romano, noto tifoso bianco bianco celeste- ritengo che Sarri sia un grande chef, di quelli che però hanno bisogno di ingredienti di grande qualità per fare un buon piatto. Noi, con gli ingredienti che abbiamo, leggi calciatori, abbiamo bisogno di un bravo cuoco che con gli ingredienti che ha faccia un bel primo alla gricia, una bella carbonara. Non dico che serve la Sora Lella, ma per intenderci, ci serve un gioco più casereccio ma che vada al sodo, più di sostanza”. “Noi non abbiamo i fuoriclasse del Bayern, dell'Inter, del Barcellona -aggiunge Montesano- E oggi, per fare tre competizioni, una parte di ragione forse ce l'ha anche Sarri. Ha fatto un gesto onesto. E per l'ambiente, credo abbia fatto bene". La notizia delle dimissioni di Sarri "mi ha lasciato abbastanza di stucco. Sinceramente non me l'aspettavo, anche se stamattina la sua decisione era già nell'aria. Sono molto dispiaciuta in un momento così di crisi per la Lazio: va via il nostro perno, il nostro grande Mister e, da 'sarrista' convinta quale sono, mi dispiace veramente tantissimo". Così all'Adnkronos Anna Falchi, attrice e conduttrice televisiva super tifosa laziale, confessando di vedere il futuro "non proprio roseo" per una squadra "già destabilizzata da come stanno andando le cose. Ora, con l'andata via del nostro mister – aggiunge – la vedo ancora peggio". Secondo Falchi, "sarà difficile rimpiazzare Sarri: sto sentendo i nomi che girano – dice – e sembra si stia puntando su un ex giocatore della Lazio per un fatto anche affettivo, una cosa questa che sembra un po' emulare l'idea che ha avuto la Roma prendendo De Rossi. Tra i nomi che girano – aggiunge – quelli di Klose e Rocchi ma non ci sono ancora certezze. Vedremo".
Federico Palmaroli, alias Osho, tifoso biancoceleste e autore di una celebre vignetta che ne esaltava i momenti più esaltanti durante il campionato, commenta all'Adnkronos la giornata speciale. "Spero che alla fine ci possa essere un momento in cui finalmente non saremo più ostaggi di questa proprietà. Perché sì, Sarri a me non è mai piaciuto e mai ne ho fatto mistero, ma il principale responsabile di tutta questa situazione che si è venuta a creare è la società e la vignetta che farò per l'occasione avrà come protagonista proprio il presidente Lotito", afferma Il santone Osho che, curiosamente vestito in biancoceleste si chiedeva 'Ma 'sta Lazio?', è, per Federico Palmaroli una vignetta "che ciclicamente si può riproporre, perché anche quest'anno abbiamo visto momenti eclatanti". Ma oggi è altro. Oggi la parabola discendente si chiude, forse, con l'addio dell'allenatore e l'amarezza per sconfitte pesanti. "Sarri pensavamo fosse quell'allenatore poco aziendalista che si mettesse un po' di traverso rispetto alle scelte della società, che chiedesse i giocatori che voleva, che si imponesse da questo punto di vista, cosa che non è avvenuta – continua Palmaroli – Si è lamentato del mercato quando era ormai troppo tardi, a gennaio non c'è stato alcun acquisto nonostante le necessità. Lì si sarebbe dovuto dimettere. Sarri non mi è mai piaciuto, il suo gioco mitizzato l'ho visto al massimo in tre partite, per me è un allenatore sopravvalutato". "Ho apprezzato il gesto di Sarri di dimettersi purtroppo dopo la sconfitta in casa con l'Udinese si era arrivati a un punto di non ritorno e il mister si è assunto le sue responsabilità. Ora mi auguro che chi è rimasto sappia reagire per salvare la stagione. C'è una semifinale di Coppa Italia da giocare e ancora 10 partite in campionato da onorare cercando di fare più punti possibili. Ora per la squadra non ci sono più scuse", dice l'ex campione di scherma e grande tifoso della Lazio Stefano Pantano. "E' stata una stagione piena di alti e bassi -prosegue Pantano-. C'è stato un bel percorso in Champions League, con la qualificazione agli ottavi e la vittoria all'andata con il Bayern, in campionato sembrava che con le 4 vittorie di fila si fosse riaperto il discorso per la qualificazione in Champions, purtroppo in queste ultime settimane le cose sono precipitate e ci troviamo in questa situazione". Il campione del mondo di spada ha le idee chiare su chi possa sostituire il tecnico toscano: "Io fare una scelta in linea con quella fatta dalla Roma con De Rossi prendendo un ex giocatore che possa stimolare l'orgoglio dei giocatori e dare la scossa in questi ultimi due mesi di stagione. A me piacerebbe, anche se forse sono un po' influenzato dall'affetto che provo per lui, Angelo Gregucci". Dai vertici del Lazio Club Montecitorio, l'associazione che raduna gli onorevoli biancocelesti di ogni schieramento, arriva l'apprezzamento per il gesto del tecnico toscano, che ha rimesso il mandato nonostante il suo contratto prevedesse uno stipendio di 3,5 milioni di euro netti a stagione fino al prossimo anno. "La dimissione è un atto nobile, in un mondo dove normalmente nessuno si dimette. Ma non conosco il retroscena o le motivazioni", commenta con l'Adnkronos il deputato di Fratelli d'Italia e presidente del Lazio Club Montecitorio Paolo Trancassini. "Certamente – osserva il questore della Camera – la Lazio è in un momento di crisi, probabilmente Sarri avrà ritenuto di dare una scossa all'ambiente. Se penso che qualche giorno fa ci giocavamo l'accesso ai quarti di Champions League contro il Bayern dopo una partita d'andata straordinaria, la situazione attuale non è bella. Però penso anche che la Lazio abbia tutti gli elementi per ripartire, abbiamo una semifinale di Coppa Italia da giocare, con la possibilità di conquistare ancora un trofeo". Per Trancassini "c'è necessità di cambiare pagina e di avere consapevolezza dei propri mezzi per uscire da questa situazione". Complice della stagione opaca dei biancocelesti è anche la cattiva sorte, secondo il deputato di Fdi: "La Lazio è stata sfortunata: se per esempio entrava il gol di Immobile col Bayern, era tutta un'altra partita…". Non nasconde la sua delusione Giorgio Mulè, vicepresidente azzurro della Camera, ma anche grandissimo tifoso biancoceleste. "L'addio di Sarri? Sto a lutto, è inutile girarci intorno, non dovevamo essere noni in classifica, né dovevamo uscire dalla Champions… Abbiamo perso male a Monaco, abbiamo perso male ieri sera -ammette interpellato dall'AdnKronos- . Ora tocca al presidente Lotito tirare fuori dal cilindro il coniglio, anzi, meglio, l'aquila…". "Non mi permetto certo di dare consigli, vedrà lui cosa c'è sul mercato, Klose e Rocchi sono due nomi che circolano, due nomi che offrono ampie garanzie, ma tocca al patron, io chiedo di vivere questo momento in silenzio…". —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)