Occhi puntati su Pechino per il grande appuntamento sportivo: l’impegno delle autorità cinesi, l’attenzione mediatica, le rimostranze degli atleti… ma dopo le Olimpiadi? Il Rapporto lancia l’allarme sul futuro della Terra e delle sue risorse
I fari sono tutti puntati su Pechino per il grande evento olimpico che partirà il prossimo 8 agosto. Ma la straordinaria accelerazione dello sviluppo economico cinese, più volte sottolineato negli ultimi tempi in vista del grande appuntamento sportivo, ha ripercussioni ambientali e sociali che non possono essere ignorate dopo l’assegnazione delle medaglie.
La Cina già oggi consuma più del doppio di quanto i suoi ecosistemi riescano a fornire: lo rivela il Rapporto sull’Impronta ecologica della Cina commissionato dal China Council for International Cooperation on Environment and Development e prodotto in partnership con il Global Footprint Network e il Wwf Cina, pubblicato in questi giorni e disponibile sul sito www.globalfootprint.org.
Oggi l’impronta ecologica della popolazione cinese è di 1,6 «ettari globali» (gha – Global Hectare). Ciò significa che, in media, ogni persona necessita di 1,6 ettari di terreno biologicamente produttivo per soddisfare i fabbisogni del suo stile di vita (la media mondiale è di 2,2). Ciò pone la Cina al 69° posto, per grandezza, fra le impronte ecologiche delle 147 nazioni in cui è stata misurata.
Nel 2003, anno cui si riferiscono i dati, la domanda di risorse da parte dell’umanità aveva superato la capacità bioproduttiva del Pianeta di oltre il 25%. Stati Uniti, Unione europea e Cina determinano più del 50% dell’Impronta ecologica totale mondiale e possiedono il 30% della biocapacità globale disponibile. La Cina in particolare, da metà degli anni 70 è in deficit ecologico e richiede più biocapacità di quanta ne possano fornire ogni anno i suoi ecosistemi. La maggior parte di questo deficit è dovuta alle emissioni di anidride carbonica da combustibili fossili. In parte la Cina copre il suo deficit importando biocapacità, sotto forma di risorse naturali, da altre nazioni. Nel 2003, la Cina ha importato risorse per 130 milioni di ettari globali da paesi esteri, circa l’equivalente dell’intera biocapacità della Germania.
L’intera regione Asia-Pacifico ospita oltre il 50% della popolazione mondiale, che necessita di circa il 40% della biocapacità globale: è chiaro come le decisioni che verranno prese in questa regione si ripercuoteranno su tutto il mondo. Come nazione, la Cina è al secondo posto nella classifica dei consumi, utilizzando il 15% della biocapacità totale mondiale. È come se la Cina avesse bisogno dell’equivalente di «due Cine» per provvedere ai suoi consumi e assorbire i suoi materiali di scarto.
Per la Cina è l’impronta del carbonio a incidere fortemente, costituendo circa la metà dell’impronta ecologica totale della nazione. Il 75% della produzione elettrica dipende dal carbone: continuando con questi trend, le stime prevedono che dal 2025 la Cina sarà il principale inquinatore di gas serra al mondo.
Nonostante gli impegni assunti in vista delle Olimpiadi dalle autorità cinesi, che prevedono tra le misure un progressivo allontanamento delle ultime grandi fabbriche dal perimetro metropolitano di Pechino, una graduale chiusura degli impianti di riscaldamento a carbone e l’inasprimento delle normative sulle emissioni delle automobili, i risultati ottenuti sono ancora molto scarsi. «Mano a mano che l’economia cinese continua a crescere, cresce anche la domanda di risorse naturali, l’inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua e l’incremento di CO2 nell’atmosfera ? sostiene Gianfranco Bologna, Direttore Scientifico del Wwf Italia -. La Cina, come qualsiasi altro paese al mondo, per perseguire uno sviluppo sostenibile deve avere una chiara conoscenza della quantità di risorse naturali che sta utilizzando. Questo rapporto sull’impronta ecologica della Cina rappresenta il primo tentativo di riunire tutte le informazioni utili a ottenere le conoscenze necessarie e riflette quello che dovrebbe essere l’impegno della Cina a creare una civiltà ecologica».
(Fonte Wwf)
(30 Luglio 2008)