Certificazioni di qualità – Ancora ritardi inspiegabili e colpevoli

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La battaglia per promuovere in Italia una seria cultura e politica ambientale è ancora dura, ci si muove tra leggi ambientali spesso contraddittorie e controlli scarsi, in questo sistema è difficile avviare una buona politica di pianificazione ambientale. Una «provocazione» del Direttore generale di Apat

(Nostro servizio) – «In questi ultimi due anni i valori di crescita per le aziende che si avvicinano alle certificazioni volontarie come Emas o Ecolabel riportano dati interessanti – sottolinea Umberto Di Matteo del ministero dell’Ambiente – ma la battaglia per promuovere in Italia una seria cultura e politica ambientale è ancora dura, ci si muove tra leggi ambientali spesso contraddittorie e controlli scarsi, in questo sistema è difficile avviare una buona politica di pianificazione ambientale».
O forse non sarebbe il caso, come ha sostenuto Giorgio Cesari, direttore generale Apat, di passare da un sistema incentivante, tipico di una stagione in cui bisogna incoraggiare e spingere verso alcune scelte, ad un’altra disincentivante per chi, nonostante la sensibilità ambientale sia cresciuta e i vantaggi economici sono chiari, continua a restare al di fuori delle scelte di certificazione.
L’occasione per fare un primo punto sulla situazione italiana nel merito delle politiche di certificazione è a Rimini, in seno all’VIII edizione di Ecomondo, la fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile; tra pochi giorni gli stessi argomenti si approfondiranno a Roma, dove il 25 novembre prossimo si traccerà il quadro di riferimento a dieci anni dall’introduzione dei regolamenti e certificazioni ambientali in Italia.
«Stiamo assistendo ad un processo culturale in larga parte inaspettato – evidenzia Pino Lucchesi, presidente del comitato Emas ed Ecolabel in Italia – a livello italiano ed europeo. La fase di sensibilizzazione, dopo aver coinvolto le aziende, sta contagiando anche gli enti pubblici: la provincia di Viterbo ha appena ottenuto la certificazione Emas, come primo grosso ente certificato e presto raggiungeranno il traguardo anche le province di Parma e Bologna e il comune di Grosseto. Certo siamo in una fase in cui la sensibilizzazione è essenziale, così come una forte spinta politica, ma il terreno fertile già esiste».

Quando si parla di certificazione ambientale volontaria spesso ci si trova davanti la scarsa conoscenza di tante piccole imprese che vedono nei processi di certificazione più un costo che un beneficio. In Italia sono poche le grandi imprese internazionali che nel resto del mondo hanno fatto da apripista tra le certificazioni, il nostro tessuto economico è rappresentato per il 98% da pmi poco attrezzate a pianificazioni strategiche di ampio raggio e ancora poco motivate.
«Sono assolutamente necessarie strategie specifiche – spiega Umberto Di Matteo – una più incisiva politica di finanziamenti e contributi per le imprese che si certificano, riuscire ad incentivare il mercato al consumo dei prodotti ecologici, semplificare gli iter burocratici di certificazione e far sì che le aziende pubbliche facciano acquisti e accettino commesse in prevalenza da aziende certificate. Il modello di riferimento per l’Italia può essere la Germania dove gli ottimi risultati in campo ambientale sono stati raggiunti grazie al sostegno del sistema pubblico».
«Gli strumenti finanziari per premiare le pmi che scelgono di certificarsi ci sono, ma stranamente sono poco utilizzati – sottolinea Fulvio D’Alvia di Confindustria, citando il decreto del 7 maggio 2003 del ministero dell’Ambiente, che stanzia 8 milioni di euro da risorse Cipe come contributi a copertura del 70 e 80% per le imprese che si certificano Iso o Emas –. Il problema spesso è culturale e legato alle piccole imprese che operano secondo strategie di brevissimo tempo e non seguendo i grandi scenari di riferimento. Da parte nostra sono 4 anni che Confindustria porta avanti politiche di promozione cercando di dimostrare come il sistema di gestione ambientale è una leva di sviluppo competitivo importante e che a lungo termine si traduce in risparmio, come ad esempio la riduzione degli scarti o il minor consumo di energia».
Il programma di sensibilizzazione di Confindustria è il progetto Ecoimpresa e viene portato avanti dal 2002; a brevissimo si avvierà una seconda fase (Ecoimpresa2) per promuovere tra tutte le associate i vantaggi a vivere ed operare secondo standard ecocompatibili. Inoltre è stato sottoscritto un accordo con Ania per degli sconti sulle polizze assicurative anti-inquinamento sottoscritte da aziende che scelgono di certificarsi.

La nuova frontiera tra le certificazioni ambientali volontarie è la «certificazione di distretto» o «di ambito produttivo omogeneo», secondo le linee guida europee. In pratica si avvia un tavolo di concertazione tra sistema politico-amministrativo locale ed imprese per realizzare un’analisi ambientale del territorio e dei settori produttivi insediati per evidenziare le criticità ambientali nello sfruttamento delle risorse e poi si arriva a stilare un programma ambientale condiviso dal decisore politico e privato, con obiettivi da monitorare e riaggiornare periodicamente secondo il modello Emas di crescita qualitativa nel tempo.

(05 Novembre 2004)