«L’adesione dell’Italia al Protocollo di Kyoto non è in discussione e non ho mai pensato di uscire dall’accordo sul clima – ha detto Matteoli -. Ma sono convinto che occorra una seria riflessione su come gestire nel 2012, cioè fra 8 anni, il dopo Kyoto»
L’Italia aderisce a Kyoto ma in discussione è la sua partecipazione al dopo Kyoto specialmente se paesi come gli Usa continueranno a stare fuori come quelli emergenti che nel 2030 saranno responsabili della metà delle emissioni.
È in sostanza la sintesi di una giornata altalenante e contraddittoria dopo alcune dichiarazioni pubblicate sui giornali italiani.
Il senso quindi rimane inalterato. L’Italia, molto probabilmente, uscirà fuori dal protocollo di Kyoto alla sua scadenza del 2012, secondo quanto annunciato dal ministro dell’Ambiente e riportato da alcuni grandi quotidiani nazionali come il «Corriere della Sera» e «la Repubblica».
Secondo il Ministro, senza la partecipazione di Stati Uniti, Cina ed India non è pensabile che l’Italia possa proseguire nella partecipazione ad un trattato post-Kyoto. E il direttore generale dell’Ambiente, Corrado Clini, aveva indicato una strada diversa: «si potrebbero raggiungere accordi internazionali su standard di efficienza minimi nei vari settori».
«L’adesione dell’Italia al Protocollo di Kyoto non è in discussione e non ho mai pensato di uscire dall’accordo sul clima». Ha tentato di precisare Matteoli, in risposta alle notizie di stampa diffuse in seguito alle sue dichiarazioni di mercoledì. «Ma sono convinto – ha aggiunto il ministro, a Buenos Aires per la Conferenza mondiale sul clima – che occorra una seria riflessione su come gestire nel 2012, cioè fra 8 anni, il dopo Kyoto». Indispensabile, per Matteoli, «ampliare al massimo il fronte dei Paesi che combattono l’effetto serra coinvolgendo sempre di più i Paesi emergenti come Cina, India e Brasile. Ma anche gli Usa. Solo così – ha proseguito – avremo trovato un modo efficace per affrontare i mutamenti climatici in una strategia globale». Strategia necessaria visto che, ha riferito il ministro, i Paesi emergenti «nel 2030 saranno responsabili di più della metà delle emissioni globali di anidride carbonica».
«L’Italia crede in Kyoto e farà tutti gli sforzi necessari per rispettare gli impegni presi. Per il dopo-Kyoto, vedremo: è tutto da costruire». In un’intervista all’Adnkronos il ministro spiega che «entro aprile» partirà la «borsa del clima» anche in Italia, con il via libera al commercio delle emissioni, una delle strategie per l’attuazione del trattato internazionale contro l’effetto serra. Con questo meccanismo le imprese potranno ridurre i costi di applicazione del protocollo attraverso un meccanismo per il quale le aziende inquinanti possono acquistare quote di emissioni di carbonio da quelle virtuose.
Tornando alle polemiche scoppiate a Buenos Aires, Matteoli sottolinea che «quello che si dovrà fare alla scadenza del protocollo di Kyoto, è un processo tutto da costruire alla luce di due dati reali. Il primo – spiega – è che gli Stati Uniti non lo hanno firmato e l’Unione Europea non può farsi carico delle emissioni di tutto il Pianeta». Un secondo dato è il problema delle emissioni dei paesi emergenti: «Noi possiamo aiutarli a ridurle, ma dobbiamo avere contropartite in termini di crediti di carbonio». Per avere successo nella lotta al surriscaldamento dell’atmosfera, il dopo-Kyoto, sostiene ancora Matteoli, deve essere «costruito insieme agli Usa e ai grandi paesi in via di sviluppo quali Cina, India, Brasile».
(16 Dicembre 2004)