Gli Ogm continuano a spaventare gli italiani e da una ricerca…

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Dallo studio finanziato dal ministero delle Politiche Agricole risultano risposte problematiche nelle cavie dal punto di vista immunitario e nutritivo

Dopo due anni dalla presentazione del Progetto Ogm in agricoltura giungono i primi risultati. Allo studio finanziato dal ministero per le Politiche agricole e forestali e coordinato dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Inran) hanno collaborato diversi ricercatori appartenenti a università (Napoli II, La Sapienza, Firenze) ed istituti di ricerca (Ense, Mipaf), un lavoro multidisciplinare che prevede anche la creazione di una banca dati disponibile per la comunità scientifica.
I risultati presentati fanno discutere, a partire dagli esperimenti sulla sicurezza d’uso del mais MON810: gli esperimenti effettuati in vivo su topi nutriti con mais transgenico hanno indicato alcune modifiche nella risposta immunitaria sia intestinale sia periferica rispetto alle cavie nutrite con mais convenzionale.
Anche dagli aspetti nutrizionali sono arrivati alcuni segnali di attenzione: nel mais MON810 è stata riscontrata una quantità significativamente più alta di lignina (19,2 contro il 5,3 %), sostanza che rende meno appetibile il mangime per gli animali. Ma segnali che denotano la necessità di studi ulteriori e di seri approfondimenti su quelli che possono essere gli effetti indesiderati o non previsti degli Ogm giungono anche dal grado di stabilità del genoma. Da questo punto di vista, le ricerche hanno ribadito quanto sia importante controllare la stabilità degli Ogm non solo al momento della presentazione della documentazione per la richiesta delle autorizzazioni, ma anche ad ogni singola generazione della pianta.
Per quanto riguarda gli impatti sul suolo le ricerche hanno evidenziato differenze minime tra i terreni sottoposti a coltivazioni Ogm e quelli con colture convenzionali, sugli effetti di medio lungo periodo, però, il giudizio è ancora sospeso.
Infatti sono state notate piccole differenze a livello di composizione della microflora del suolo che se amplificate su larga scala potrebbero dare problemi.

L’impatto commerciale

Il progetto Ogm in agricoltura non si è limitato ad analizzare le coltivazioni Ogm, ma ha anche approfondito i potenziali impatti socio economici sul sistema agroalimentare italiano attraverso indagini demoscopiche.
In particolare, è stato rilevato come solo una piccola minoranza (18%) degli agricoltori italiani sono interessati a coltivare Ogm. Si tratta quasi esclusivamente di agricoltori presenti nel nord est del paese e che lavorano in aziende di grandi dimensioni. Tra i consumatori la percezione è decisamente sfavorevole alla coltivazione di Ogm: ben il 62% del campione di intervistati si è dichiarato contrario e circa l’81% del campione considera meno naturali i prodotti Ogm. I motivi del rifiuto sono rintracciabili sostanzialmente nel non vedere vantaggi per l’agricoltura italiana e nella mancanza di certezze circa gli effetti per i consumatori e l’ambiente.
Su questo ultimo punto, ben 87 intervistati su cento richiedono un maggior numero di test (al momento, è bene ricordarlo, le autorizzazioni vengono rilasciate sulla base di test compiuti dalle aziende produttrici di Ogm e la ricerca indipendente è davvero modesta).
Interessanti anche i risultati di una inchiesta condotta sui turisti stranieri presenti in Italia: secondo il 63% degli intervistati la qualità dei prodotti italiani peggiorerebbero nel caso di una introduzione di Ogm e addirittura il 73% ritiene questa scelta nociva per la immagine dei prodotti italiani. Il 57%, nel caso di una introduzione continuerebbe a rivolgersi solo a prodotti Ogm free italiani.

(Fonte Fare verde)
(12 Marzo 2006)