Il parco più dimenticato d’Italia sta vivendo momenti di grande pericolo ecologico, di revisionismo ambientale strisciante e di attacchi concreti alla natura
Cosa succede nel parco del Pollino? Il parco più dimenticato d’Italia sta vivendo momenti di grande pericolo ecologico, di revisionismo ambientale strisciante e di attacchi concreti alla natura.
Le legittime e corrette prese di posizione di associazioni ambientaliste che pongono problemi, non ricevono risposte in punta di fatto ma attacchi secondo uno stile di un tempo che credevamo andato.
Riperimetrazione, mano libera nel tagliare i boschi, uccisione senza regole della fauna protetta o comunque patrimonio del Parco, libertà di aprire strade discutibili… sono tutti segnali preoccupanti di una gestione politica che poco assomiglia alla gestione di un’area protetta.
/> L’esempio della politica delle biomasse è il segno di un nuovo e pericoloso attacco al parco.
Il Consiglio Comunale di San Donato di Ninea dopo il Consiglio comunale di Orsomarso (entrambi del lato calabrese del Parco del Pollino) ha preso contatti insieme ad altri Centri per stipulare una convenzione pare con la società emiliano-romagnola Bio Energy Srl, fornitrice del combustibile per numerose centrali a biomassa già funzionanti in Italia, per la gestione integrata del bosco comunale (3.000 ettari). Secondo i proponenti, il progetto di utilizzazione della biomassa legnosa del parco rientrerebbe nel protocollo di Kyoto con lo sfruttamento della cosiddetta filiera del legno e dei «serbatoi di CO2».
Queste sono le eco iniziative che solo perché hanno il prefisso eco credono di avere via libera per un nuovo e selvaggio attacco al territorio. Un po’ come gli impianti eolici che, producendo energia rinnovabile credono di poter essere installati ovunque e il paesaggio diventa solo «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni», come viene riportato in un opuscolo dell’Anev (Associazione nazionale energia del vento).
«Percepita», altra parola magica dell’ultim’ora che lascia la porta aperta a chicchessia di dire che non è poi vero scientificamente.
Ma un bosco, un paesaggio è un pezzo «reale» di biosfera dove l’uomo vive e occupa. Anzi sarebbe opportuno sottolineare che sempre più spesso deturpa.
E i due comuni calabresi sono gli stessi che sin dall’inizio dell’esistenza del Parco ne hanno condizionato la vita: interferendo con l’Ente parco, richiedendo una riperimetrazione e ottenendola ora.
C’entrano per caso i caprioli, la gestione dell’acqua che rifornisce Cosenza, le biomasse? Senza parlare degli incendi, che pure hanno lasciato perplessi per la carenza degli interventi e per non aver segnalato il catasto delle aree bruciate e alle denunce si sono avute risposte approssimative. Ma ora giunge il responso che «chiarisce» della Corte dei Conti…
Certo l’attacco che viene dalle biomasse è diretto e dando mano libera al prelievo si può arrivare alla distruzione totale, o ad un forte impoverimento, del patrimonio boschivo.
Ma se il territorio si trova in zona parco, questo è certamente per valutazioni scientifiche delle valenze di quelle aree e, fino a prova contraria, i responsabili degli Enti locali sono chiamati «amministratori» non «proprietari». E il compito degli amministratori dovrebbe essere quello di conoscere e valorizzare il
se al contrario inquiniamo di più dei combustibili fossili.
Altra musica è il recupero energetico dei residui agricoli e delle biomasse di scarto. Non si tratta di opporsi alle centrali a biomasse ma di capire il progetto, le dimensioni. Nel caso dell’accordo di Orsomarso, si parla di un progetto da 35 MW, che insiste in un territorio delicato e di grande interesse naturalistico: qui ci sono ancora il capriolo autoctono dell’Orsomarso, la lontra, il lupo e molte specie floro?faunistiche rare e minacciate.
Ci troviamo in un territorio tutelato dall’Unione Europea con un Sito di Interesse Comunitario (Sic) e due Zone di Protezione Speciale (Zps). Si impone, come sostiene il Wwf, che per progetti su estensioni superiori a 100 ettari venga fatta la valutazione di impatto ambientale per valutare i rischi di erosione, di riduzione della biodiversità, di aumento della diffusione di malattie delle piante a causa della semplificazione operata, causati dal prelievo dei residui forestali a scopo energetico che potrebbe impoverire eccessivamente i suoli.
Sono nodi che siamo chiamati a gestire e a tutelare per le future generazioni e chi dimostra di non comprendere e non saper gestire la complessità dei problemi che ha di fronte è bene che rifletta seriamente e si apra al dialogo. (I. L.)