Soluzioni biodegradabili per la coltivazione di pomodori…

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…E anche per la conservazione delle mozzarelle. La sostanza ricavata dagli scarti della lavorazione dei pomodori

Le eccellenze Cnr nel settore dei biomateriali in mostra dal 22 al 25 febbraio a Napoli. Vasi biodegradabili, biofilm per prolungare la vita degli alimenti, packaging e imballaggi ricavati dai residui vegetali in un convegno che si è svolto oggi, presso la Mostra d’Oltremare

La plastica è da sempre tra i principali imputati per l’impatto ambientale provocato dai rifiuti. A Napoli, i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare (Icb-Cnr), insieme ai loro colleghi dell’Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri (Ictp-Cnr) e dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli e Avellino, stanno lavorando da tempo sull’estrazione di polisaccaridi dagli scarti della lavorazione industriale dei pomodori, ottenendo materiale plastico biodegradabile.
Alcuni dei risultati conseguiti verranno illustrati nel convegno dal titolo «Presente e futuro dei bioimballaggi attivi nella filiera dell’agroalimentare. Come trasformare i residui vegetali in ricchezza» che si svolge oggi, a Napoli, nell’ambito della mostra Tiam – Medpack 2008 (Mostra d’Oltremare 22-25 febbraio).

«Quest’operazione ? sottolinea Barbara Nicolaus dell’Icb-Cnr di Pozzuoli ? può anche aiutare a risolvere un altro problema ambientale, dovuto all’eliminazione degli scarti dell’industria alimentare conserviera, consentendo inoltre una riduzione dei costi». Il pomodoro è uno dei prodotti di maggiore interesse per l’industria alimentare mondiale. In Italia, in particolare, le industrie agro-alimentari conserviere e la trasformazione industriale rappresentano un importante settore per l’economia, con circa 200 stabilimenti presso cui sono trasformate circa 6.300.000 tonnellate di pomodori (dati 2004), quasi il 70% della produzione.
«Dagli scarti industriali derivanti dalla lavorazione del pomodoro ? spiega Barbara Nicolaus ? è stata ottenuta una nobilitazione di semi e bucce con il recupero di biomolecole d’interesse. In particolare, è stato messo a punto un metodo di estrazione di polisaccaridi a basso impatto ambientale, rapido, di facile applicazione e in grado di fornire alte rese di prodotto. Inoltre, ne sono state sperimentate ed ottimizzate le potenzialità per la realizzazione di biomateriali tra cui un nuovo materiale per l’imballaggio alimentare».
Una spruzzata di polimeri naturali ricavati dagli scarti di pomodoro sostituirà anche gli antiestetici teloni di plastica nera usati per la pacciamatura, ossia per evitare la proliferazione di erbe infestanti. La soluzione acquosa messa a punto dal progetto Life Biocoagri, coordinato da Mario Malinconico dell’Ictp-Cnr, si solidifica come uno strato di vernice e può essere rimossa senza rischio di inquinamento.
«Attualmente per una superficie di 100.000 ettari, il consumo annuale di queste pellicole è di circa 65.000 tonnellate ? commenta Malinconico ? e, una volta rimosse, circa l’80% di queste pellicole sporche e contaminate da diserbanti e fertilizzanti è abbandonato sul terreno o bruciato in modo incontrollato».

I nuovi usi possibili degli scarti della lavorazione del pomodoro non terminano qui: Malinconico, Barbara Nicolaus e Barbara Immirzi hanno scoperto che possono essere riutilizzati per la creazione di contenitori biodegradabili per la cosiddetta coltivazione «tray plant». «Le piante attualmente sono poste in contenitori di polistirolo (tray o nursery pots) contenenti un substrato costituito principalmente da torba bionda fibrosa ? spiegano i ricercatori ?. Nel periodo invernale le piante, con tutto il substrato e le foglie più giovani, sono interrate e portate a crescita. Questo spostamento, però, può provocare danni all’apparato radicale delle piantine. Inoltre i contenitori non sono biodegradabili, né possono essere riciclati come plastica nelle campane per la raccolta differenziata».
Il loro accumulo in agricoltura sta diventando un grosso problema ambientale, visto che solo in Italia se ne usano ogni anno decine di migliaia di tonnellate. «La nostra idea ? proseguono Malinconico e Nicolaus ? è stata quella di sostituire il polistirene con un materiale, completamente biodegradabile, ottenendo contenitori altrettanto leggeri e resistenti che possono essere interrati con tutte le piantine». Dagli scarti dei contenitori, inoltre, vengono recuperati, attraverso l’impiego di solventi organici non tossici, sostanze ad attività antiossidante (carotenoidi, licopene e flavonoidi) presenti nelle bucce e da utilizzare come potenziali integratori alimentari.

Nei laboratori dell’Ictp-Cnr di Pozzuoli in collaborazione con l’Isa-Cnr di Avellino, è stato messo a punto un gel per avvolgere la mozzarella, una miscela gelatinosa ricavata da polisaccaridi derivati da frutta, ortaggi, alghe e cellulosa. «Questo formaggio manterrà le sue caratteristiche organolettiche e nutritive addirittura per 30 giorni ? spiega Maria Grazia Volpe dell’Isa Cnr di Avellino ?. La miscela consente la stabilizzazione del pH e un rilascio controllato della soluzione salina dalla superficie all’interno della mozzarella, che mantiene così a lungo le caratteristiche iniziali, consentendo, inoltre, un più comodo trasporto dei latticini, che vengono liberati dal rivestimento gelatinoso al momento dell’utilizzo».
L’argomento riveste in Italia un rilevante interesse poiché i materiali plastici, tra i più usati nel settore dell’imballaggio agro-alimentare, attualmente impiegano soprattutto polimeri ottenuti da derivati del petrolio e l’industria della plastica guarda con attenzione a nuovi sistemi per produrre polimeri naturali biodegradabili.

(Fonte Cnr)
(22 Febbraio 2008)