Perplessità e critiche di Greenpeace. Positiva l’introduzione di nuove sanzioni per i governi che non sapranno ridurre le emissioni dei settori «non-Ets»
Luci e ombre sul voto di oggi del Comitato ambiente del Parlamento europeo riguardo il sistema di scambio europeo delle emissioni di CO2 (Ets), parte del «pacchetto» europeo in materia di energia e clima. Il Parlamento ha confermato che l’obiettivo unilaterale per la riduzione dei gas serra scatterà al 30% in caso di raggiungimento di un accordo internazionale per la seconda fase di Kyoto. Tuttavia sono stati stanziati nuovi sussidi all’industria del carbone, concedendo crediti di CO2 per 10 miliardi di euro a progetti di cattura e sequestro della CO2 (Ccs). La patata bollente passerà ora nelle mani del Consiglio europeo dell’energia il prossimo 10 ottobre.
«È impensabile lasciare alle spalle l’era oscura delle fonti fossili se l’Europa continua a elargire nuovi incentivi. La Ccs è una truffa per tenere in piedi l’industria del carbone, abbiamo invece bisogno di una rivoluzione energetica pulita adesso», afferma Francesco Tedesco, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace.
Greenpeace è critica anche sulla possibilità, aperta dal Parlamento europeo, di accettare crediti di CO2 provenienti da progetti di riforestazione all’estero. Se così fosse, il prezzo della CO2 andrà per la seconda volta in «caduta libera». Prima di fare un passo del genere i governi europei dovrebbero inoltre assumersi chiaramente la responsabilità dei gravi impatti per la biodiversità e violazione di diritti umani.
Il voto del Parlamento ha, inoltre rinnegato il principio «chi inquina paga» concedendo ampie eccezioni a diversi settori industriali che continueranno a ricevere quote di CO2 gratis dai governi per lungo tempo. L’assegnazione su base d’asta completa entrerà in vigore per tutti solamente dal 2020. Greenpeace giudica invece positiva l’introduzione di nuove sanzioni per i governi che non sapranno ridurre le emissioni dei settori «non-Ets».
«Il Governo italiano è avvertito: la strada verso un ritorno al nucleare in Italia è impraticabile perché compromette la possibilità di sviluppare le rinnovabili e limitare da subito le emissioni di gas serra. Scaricare sui cittadini italiani i rischi nucleari, i costi per la gestione delle scorie radioattive e le multe per le inadempienze su Kyoto da qui al 2020 è un piano diabolico», conclude Tedesco.
(07 Ottobre 2008)