Dall’entusiasmo alla mistica del nucleare

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In merito al consumo di elettricità, non si possono, dunque, avere dubbi sul fatto che un aumento della produzione di energia elettrica non può essere presentato come una «preoccupazione urgente».
Il 30% di petrolio trasformato annualmente in energia elettrica (44,4 x 106 TEP; fonte: Unione Petrolifera su dati 2003 ministero delle Attività Produttive) corrisponde a una potenza erogata (assumendo come fattore di conversione: 1 TEP = 4,5 MWh effettivi di produzione elettrica erogata) di 44,4 x 106 x 4,5 MWh = 199,8 x 106 MWh, cioè, mettendola in una forma approssimata e di più immediata lettura, si tratta di circa 200.000.000 MWh elettrici erogati nell’anno 2003.
Per la produzione elettrica dal nucleare possiamo assumere il dato realistico di 5 MWh annui, prodotti a regime, per ogni KW nucleare installato. Avremo, così, per i 20.000 MW totali (cioè 20.000.000 KW) di nucleare, che pare si intendano installare, una corrispondente produzione di 20.000.000 x 5 MWh = 100.000.000 MWh. Dunque una quantità di energia elettrica di origine nucleare che, in riferimento al totale di energia elettrica erogata nel 2003 (200.000.000 MWh), potrebbe arrivare a sostituirla fino al 50%, o ad incrementarla di un terzo. Certamente si tratta però di un rischioso (per la popolazione), pesantissimo (per il territorio) e costosissimo piano (40 miliardi di euro) di almeno 10 grandi reattori di terza generazione, che alla fine inciderebbero solo per un 15% circa sul totale dell’energia consumata nel nostro paese. Un «sollievo» per il consumo di petrolio, ma, certamente, non una soluzione per il problema energetico. Si tratta di un 15% che, per altro, si può anche colmare con una politica di risparmio energetico (privo di costi di gestione), se la si volesse veramente attuare: ma, oggi purtroppo, le «convenienze» e la ricerca dei vantaggi del «successo», nel saper «fare» le cose, soffiano in senso contrario.

Ma che cosa è il nucleare? È una nuova fonte di energia elettrica? No! E solo una fonte di calore, molto complicata da gestire, che può essere sfruttata per produrre vapore e far girare le turbine dei generatori di energia elettrica.
La storia della scoperta dell’energia nucleare è affascinante! A partire dagli inizi della prima metà del 900 scorso si cominciarono a formulare ipotesi plausibili sull’energia nucleare che gli atomi potevano liberare nei processi di trasmutazione (processo fisico di ricombinazione della struttura nucleare di atomi che possono trasformarsi in altri atomi diversi e più stabili, andando così a posizionarsi su livelli di energia più bassi e di conseguenza liberando l’energia persa nella trasformazione). Negli anni 40 l’energia nucleare era già una realtà e purtroppo, con la sua applicazione militare, i primi segnali non furono positivi per la storia dell’umanità.
Il cambiamento, nella visione delle cose della fisica della materia, per la velocità con cui è avvenuto in quel periodo, era inaspettato, ma veramente sorprendente è stato poi il cambiamento indotto, dalla scoperta dell’energia nucleare, anche nell’immaginario collettivo di quei tempi. Negli anni 50 del XX secolo si raccontava come le prospettive dello


sviluppo mondiale e del progresso umano fossero ormai senza limiti: carbone e petrolio venivano cancellati dal nostro futuro. Si fecero le prime centrali, ma le società private ripensarono rapidamente alla reale convenienza di quel «business» e si resero disponibili solo a costruirle e/o a gestirle, con notevoli aiuti economici, per conto degli Stati.
Oggi quasi «tutti» si sono accorti che si era esagerato nel magnificare il nucleare come soluzione dei problemi umani. Di questi, molti, valutati i rischi e le convenienze economiche, hanno poi preferito astenersi dal continuare a credere nel nucleare. Vi sono, però, altri che gli sono rimasti «affezionati», un po’ per entusiasmo incontrollato, verso quello che è stato per lungo tempo un simbolo delle nuove frontiere della scienza moderna, e un po’ per i buoni risultati che continuano a sperare di poter vedere, nonostante il notevole ridimensionamento dello sviluppo dell’industria nucleare tradizionale, conclusosi poi a fine anni 80.
Ma vi sono anche quelli che sono rimasti tenaci sostenitori della tecnologia nucleare tradizionale ad uranio arricchito (quella che caratterizza ancora oggi il nucleare di terza generazione o poco più) perché, questa, con la sua complicata gestione della produzione elettrica, porta ad un’istintiva e coinvolgente sfida che vede impegnate le capacità umane a vincere mitiche ed epocali difficoltà, peraltro funzionali a produrre non «trascurabili» e «vantaggiosi» profitti.
Vi sono, infine, altri che, dopo aver assunto significative responsabilità pubbliche (forse temendo di non esserne all’altezza) vedono nel nucleare un piano che permette di realizzare «vistose opere», segni di una remunerante immagine del «fare» e dell’«aver fatto» le cose con «successo». Non possiamo parlare, per questi ultimi due gruppi, sostenitori «interessati al nucleare», dell’esistenza di una vera e propria «mistica del nucleare», ma tolto tutto ciò che di «sacro» e di «nobile» può caratterizzare un fenomeno «mistico», il concetto che rimane (quello di una dedizione anima e corpo, fino all’«annullamento» di se stessi, per qualcosa a cui si attribuiscono qualità superiori) è sostanzialmente proprio quello giusto per indicare quel misto di convinzioni e di interessi che oggi soffiano, senza remissioni, sul fuoco dell’«entusiasmo nucleare».