I differenti comportamenti dettati dall’«Adattamento ambientale»
In natura esistono caratteristiche ben precise, oltre alla taglia, che ci permettono di distinguere fra un animale adulto ed un cucciolo.
Alcuni di questi elementi si possono ritrovare in tutte le specie, altri, invece, sono specie-specifici e dipendono dall’ambiente e dal tipo di vita che il cucciolo in questione dovrà condurre.
Osserviamo un carnivoro appena nato: è un essere piccolo, molto tozzo, assai maldestro e con una grossa testa sempre ciondolante, che vagamente somiglia al genitore.
Per un qualsiasi erbivoro, invece, la situazione è molto diversa. Anche se le sue proporzioni non corrispondono a quelle del genitore, si può individuare esattamente la sua specie d’appartenenza. Possiamo subito dire se si tratta di un puledro, di un vitello, di un piccolo di zebra o di un piccolo di gnu.
E non è tutto. Questa piccola creatura, infatti, già da pochi minuti dopo la nascita (circa mezz’ora), è in grado di reggersi sulle zampe e di seguire i genitori nei loro spostamenti. Come mai?
È l’espressione di quello che gli studiosi chiamano «Adattamento ambientale».
Il cavallo, la mucca, lo gnu, la zebra, la pecora, la capra, l’orice e così via sono animali sociali che vivono in mandrie, in greggi. Sono gruppi di individui molto numerosi, che spesso sono costretti a lunghi spostamenti per trovare luoghi ricchi di cibo.
Un piccolo appartenente a questa specie non può permettersi di rimanere indietro, di non riuscire a seguire il genitore e la mandria negli spostamenti: rimarrebbe senza cibo e diverrebbe facile preda di altri animali. Viaggiare insieme, all’interno del gregge o della mandria, assicura protezione.
La vita dei predatori è invece strutturata al contrario.
Lupi, sciacalli, iene, coyote, cani e gatti vivono da soli o in piccole, a volte piccolissime comunità. Altre volte sono in coppia e la prole viene partorita in un nascondiglio sicuro, trovato per caso o scavato nel terreno per l’occasione, perché questa è la tana dove i piccoli vivranno per parecchio tempo.
Questi cuccioli non nascono già in grado di aiutare i genitori nella caccia per un semplicissimo motivo: una femmina che portasse in grembo 4-5, o anche solo 3, piccoli fino a quando questi fossero in grado di aiutarla nella caccia, sarebbe estremamente impacciata nei movimenti. Non riuscirebbe ad essere agile e scattante, qualità necessaria per predare, si stancherebbe subito e non riuscirebbe a portare a termine nemmeno la gravidanza per lo sforzo sostenuto. Per questi motivi la gravidanza dei carnivori dura molto meno rispetta a quella degli erbivori che, con più tempo a disposizione, partoriscono cuccioli già completi alla nascita.
Un’altra differenza fra prede e predatori è da ricercarsi nel numero di cuccioli dati alla luce dagli adulti. Generalmente i carnivori partoriscono figliate, gli erbivori, invece, mettono al mondo un solo piccolo (raramente due) alla volta.
Quando parliamo di mandria, di gregge, ci riferiamo ad una comunità di parecchi individui. I predatori non sono in grado di formare comunità così numerose, inoltre spesso i genitori devono abbandonare, anche solo momentaneamente i piccoli, per cacciare, rischiando di non trovarli più al loro ritorno.
Gli erbivori devono coprire lunghe distanze, è vero, ma l’erba è indubbiamente un pasto più facile da raggiungere rispetto ad una preda da rincorrere.
Tante sono quindi le difficoltà per un predatore nel mantenere tutti i piccoli appena nati, ecco allora che una prole maggiore assicura la continuità della specie.
A questo proposito, un’ulteriore peculiarità dei predatori (come già detto) è rappresentata dalla «Costruzione» di tane per nascondere e proteggere la prole.
Le tane sono delle semplici buche, dal fondo piatto, scavate nel terreno in un posto sicuro, dove poter lasciare i cuccioli al momento della caccia. La forma della tana non è casuale, ma tende a risospingere i piccoli continuamente al centro, qualora questi volessero risalirne le pareti.
Da queste osservazioni, possiamo concludere che i cuccioli sono esseri tipicamente adattati al loro ambiente di vita. L’adattamento ambientale è dunque tutto quel complesso di informazioni, caratteristiche e peculiarità ereditarie che, espresse dall’individuo, consentono la sopravvivenza della specie.