( Docente di contabilità pubblica e di diritto amministrativo nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino )
Il risultato senza dubbio più sorprendente delle applicazioni di questo tipo di contabilizzazione ambientale è l’entità della spesa impegnata per l’ambiente a livello locale in gran parte dei comuni italiani. Escludendo i trasporti pubblici, l’ambiente costituisce tra il 12,8% e il 16,1% delle spese in media degli enti locali. La spesa ambientale a livello nazionale rappresenta meno di due punti del Pil e se ne desume che nessun attore pubblico dedica quote così consistenti del proprio budget all’ambiente quanto la collettività locale. Un altro dato interessante è che l’insieme dei costi di distribuzione e trattamento delle acque e della gestione rifiuti rappresentano tra il 50% e il 58% della spesa ambientale, ossia tra il 10% e il 15% dei budget locali.
In modo del tutto simile, anche l’analisi degli introiti presenta un quadro di grande interesse. Il tabulato riassuntivo delle percentuali di copertura di spesa, evidenzia la quota dei costi direttamente coperta dagli utenti. Ne risulta che i costi di gestione dell’acqua e dei rifiuti vengono quasi interamente coperti dagli utenti. Ovviamente alcuni servizi come quello di gestione del verde pubblico non hanno la benché minima opportunità di riscossione e quindi i loro costi sono interamente coperti dall’amministrazione pubblica.
Dati di questo tipo, se contestualizzati, permettono di confrontare le strutture territoriali e, talvolta, di confrontare ipotesi gestionali diverse. Permettono, quindi, una migliore e più intelligente gestione della res publica. In questo senso le convenzioni di stima rappresentano un primo momento applicato di contabilità ambientale e un’occasione di confronto concreto tra amministratori e cittadini; cioè si tratterebbe di una prima vera applicazione concreta e pragmatica del principio di «sussidiarietà». Lo scopo principale è quindi stabilire, innanzitutto, quali cose vanno misurate, alla luce dell’obiettivo comune e, in un secondo momento, verificare le strategie di programmazione economica, per approdare ad una vera e propria programmazione «dinamica».