La biodiversità mondiale globale continua anche nel 2008 ad essere in declino in tutto il mondo ed in alcune aree del Sud America e del sud est asiatico. In tali aree, il ritmo di riduzione della biodiversità terrestre appare addirittura disastroso a causa della forte espansione della urbanizzazione, e della ancor più forte espansione dell’agricoltura per usi energetici e non alimentari, con conseguente cambiamenti delle caratteristiche ecologiche ed ambientali dei suoli o dell’uso dei suoli, frammentazione del territorio per le specie animali, introduzione di specie vegetali aliene e aumento complessivo della vulnerabilità al clima ed ai cambiamenti del clima degli ecosistemi preesistenti. Ma ci sono anche segnali incoraggianti per la conservazione della biodiversità quali l’aumento delle aree protette sia terrestri che marine, che hanno raggiunto, nel loro insieme, una estensione complessiva di oltre 21 milioni di km2, di cui, oltre 18 milioni di km2 riguardano l’ambiente terrestre continentale (12% delle terre emerse) e poco più di 2 milioni di km2 riguardano l’ambiente marino (0,7% degli oceani).
Gli indici di biodiversità e di estinzione delle specie, elaborati dalla Iucn (International Union for Conservation of Nature), mostrano che la maggior parte delle specie a rischio di estinzione per concomitanti fattori di attività umane e di cambiamenti del clima, sono attualmente in Australia ed Oceania, mentre sarebbero a minor rischio quelle del nord Africa e dell’Asia occidentale. Minori informazioni sono disponibili per la biodiversità marina per la quale i maggiori fattori che ne causano il declino non sono solo quelli legati al cambiamento del clima (come sta accadendo, per esempio, per le barriere coralline), ma anche e soprattutto alla pesca intensiva ed illegale che è in forte aumento in tutto il mondo, compresa l’area mediterranea.
L’Unione europea (nell’ambito della strategia europea per la biodiversità varata nel 1998), si era posta obiettivi ambizioni per fermare la perdita di biodiversità in Europa entro il 2010, invece che al 2015 (come richiedevano le Nazioni Unite), attraverso un apposito «Action Plan», diviso in 4 aree e 10 obiettivi (approvato nel 2001 ed aggiornato nel 2006). Ebbene, la Commissione della Ue ha dovuto ufficialmente ammettere il 17 dicembre scorso che non sarà possibile, o comunque che è molto improbabile, il raggiungimento degli obiettivi posti al 2010 da tale «Action Plan» e, dunque, l’impegno della Unione europea per la protezione della biodiversità viene spostato di fatto al 2015. Gli impegni programmati appaiono largamente disattesi, seconda la Ue, per questi motivi:
– insufficiente riconoscimento da parte dei paesi membri del problema della biodiversità (scarsa o nulla consapevolezza nei cittadini e nei decisori politici);
– insufficiente ricerca scientifica e insufficienti conoscenze su come affrontare il problema della biodiversità nel medio e lungo termine (compresi i problemi di gestione di parchi, riserve ed aree protette);
– insufficiente informazione e scarsa consapevolezza sul significato economico e sul valore socio-economico, dei servizi che derivano dalla biodiversità, per le attuali e future generazioni (manca un rapporto para-Stern per la biodiversità);
– inesistente o difficile identificazione dei responsabili dei danni alla biodiversità.