La velocità dei cambiamenti climatici

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( Direttore Centrale Enea )

L’anidride carbonica è il principale gas serra, ma non l’unico. Le attività umane producono altri gas serra in quantità minori o molto minori (come protossido di azoto, perfluorocarburi, clorofluorocarburi, ecc.), molti dei quali hanno un potere di riscaldamento climatico che però è enormemente superiore a quello dell’anidride carbonica e, dunque, nel loro complesso contribuiscono efficacemente ai cambiamenti del clima alla pari dell’anidride carbonica.
Tuttavia, quello che preoccupa maggiormente, non è il cambiamento climatico in quanto tale, perché il nostro pianeta è stato oggetto di continui e profondi cambiamenti climatici per fattori astronomici e fattori naturali interni al sistema planetario. Questi cambiamenti, però, sono avvenuti tutti con cicli superiori ai 20mila anni. Quello che preoccupa gli scienziati è, invece, la velocità del cambiamento climatico ed in particolare l’accelerazione che sta subendo il cambiamento climatico del nostro pianeta soprattutto in questi ultimi decenni.

I modelli di analisi della evoluzione del clima attuale e di proiezione degli andamenti futuri del clima, quantunque imprecisi, mettono in evidenza rischi enormi di destabilizzazione della macchina climatica del nostro pianeta, che non ha analoghi riscontri nella passata storia del nostro pianeta. Se il processo di riscaldamento climatico sarà molto veloce, questi modelli, che sono piuttosto «lineari» (causa ed effetto sono collegati da una relazione esprimibile in termini matematici) quasi certamente non funzioneranno più.
Infatti, se i cambiamenti avvengono rapidamente si possono innescare processi «non lineari» (causa ed effetto sono del tutto scollegati) o «a soglia» (dopo una certa soglia causa ed effetto cambiano correlazione), che rendono del tutto imprevedibile qualsiasi evoluzione futura del clima.
Alcuni casi, noti dalla storia passata del nostro pianeta, hanno messo in evidenza che alcuni processi che concorrono alla stabilizzazione del clima potrebbero destabilizzarsi: come per esempio il collasso dei ghiacci della Groenlandia con innalzamento repentino del livello del mare fino a circa 7 metri, oppure il collasso della corrente del Golfo, con la conseguente glaciazione di gran parte dell’emisfero nord del nostro pianeta, invece che del riscaldamento torrido.
Poiché, il rischio di destabilizzazione del sistema climatico è tanto maggiore quanto maggiore è la velocità del suo riscaldamento, semplici criteri di prevenzione (principio di precauzione), ma anche di buon senso, ci consigliano di contenere il riscaldamento climatico entro variazioni molto piccole e, comunque, tali da poter essere considerate ancora perturbazioni «lineari», piuttosto che lasciare, in modo incontrollato ed incontrollabile, la possibilità che avvengano variazioni rapide, il cui esito potrebbe essere del tutto imprevedibile e perfino catastrofico.