Quando si perde il senso del vivere

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È, dunque, in questo scenario predeterminato da un consenso generico e disinformato, che, oggi, si prendono decisioni sulle scelte di sviluppo del nostro paese, e su quelle energetiche in particolare, andando ad incidere minacciosamente su quel «senso del vivere» che l’uomo ricerca per dare risposte alle proprie aspirazioni più profonde.
Oggi si tenta di posizionare, al centro della questione energetica, la necessità di un «fare le cose» che vorrebbe alimentare, con l’abbrivio dei «successi» raggiunti, anche il poterle continuare a fare prima che qualcun altro proponga legittime domande (se non proprio legittimi dubbi) sulla «razionalità» e soprattutto sulla «intelligenza», delle scelte. Sulla «bontà», sui «vantaggi» economici delle «cose da fare» e dei risultati, vi sono spesso incertezze, normalmente sottaciute.
Nel campo delle scelte energetiche le incertezze sono, però, troppo profonde per farle passare sotto silenzio. Negli scenari alternativi, da sottoporre a confronto nelle scelte dei sistemi di produzione di energia elettrica, per esempio, i costi di produzione dipendono troppo dalla volatilità dei prezzi dei combustibili (compresi quelli nucleari) e degli impianti (soprattutto per quelli più a rischio come quelli nucleari) per poter fare comparazioni significative. E soprattutto le comparazioni, fra le convenienze, diventano poi scandalosamente impresentabili se, come avviene per gli impianti nucleari, i costi più rilevanti e i loro onerosi aggiornamenti vengono imputati alle risorse finanziarie derivanti dalla fiscalità generale (a spese dello Stato, cioè di noi contribuenti).
In questa inaccettabile prospettiva di «suddivisione» dei costi del nucleare, si vengono a precostituire le condizioni per una vera e propria «truffa» a danno dei cittadini e dei consumatori indotti a immaginare una falsa convenienza della produzione di elettricità dal nucleare, misurata dal prezzo pagato in bolletta e non anche dalle corpose integrazioni che tutti, attraverso il pagamento di tasse, verseremo forzosamente per il funzionamento degli impianti nucleari.
Ma i rischi, oggi, non sono solo tecnici: è significativo il fatto che nelle zone più turbolente del nostro mondo le azioni di guerra si progettano (e sono state anche già compiute) prevedendo l’attacco alle centrali nucleari per ottenere l’«ottimizzazione» dei danni possibili! Per non parlare di tutto il materiale fissile, plutonio innanzitutto, che può essere oggetto di furti e contrabbando anche per la costruzione delle cosiddette «bombe sporche» che al danno meccanico, dell’esplosione delle bombe tradizionali, aggiungono quelli della diffusione di polvere radioattiva e tossica che rimarrà tale, nell’ambiente, per lunghissimi tempi!