Religione ecologica

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Non sono affatto religioso. Però vedo nei discorsi dei Papi una sensibilità nei confronti dell’ambiente che non ha riscontro in altre autorità di qualunque tipo, l’ho già detto, ma lo voglio ribadire.
L’Eden ci è stato donato perché lo coltivassimo e lo custodissimo, ma ci siamo dimenticati di custodirlo, pensando solo a coltivarlo. La natura si ribellerà. L’albero del frutto proibito rappresenta un limite all’uso delle risorse.
Queste frasi, questi concetti, sono sia di Giovanni Paolo II sia di Benedetto XVI. Forse Giovanni Paolo II un pochino comunista lo era, anche se è lui che ha contribuito più di ogni altro alla caduta del comunismo reale. Ma Benedetto XVI proprio non si può dire comunista. Entrambi, però, condannano l’avidità per i beni materiali (a volte suona strano in bocca a persone vestite d’oro, ma questi sono dettagli) e richiamano l’uomo alle sue responsabilità nei confronti del creato (è il modo con cui chiamano l’ambiente).
Non mi importa se non credo alle divinità che questi signori dicono di rappresentare in terra. So che molti si fidano di loro, e mi piace vedere che persone così influenti hanno capito, e vedono il mondo in un modo più spostato verso l’ecologia che verso l’economia.
Poi mi dico: ma sarà vero? Qualche casinetto il Vaticano lo ha combinato in campo economico. Il Banco Ambrosiano (la più importante banca privata italiana, se non ricordo male) e l’Istituto di Opere Religiose (per chi non lo sapesse questo pio nome è stato affibbiato ad una banca, quella del Vaticano) hanno condotto affari non proprio limpidi. Calvi e Sindona non possono più dir niente, e Marcinkus è passato a miglior vita, ma qualche dubbietto che abbiano fatto qualche porcheriuola rimane. Magari predicano bene e razzolano male.
Certo, il problema principale siamo noi, il nostro numero, e questi signori propongono il controllo delle nascite attraverso «metodi naturali». Funzionano benissimo i loro metodi. Falliscono solo una volta all’anno… ma non possiamo chiedere al Papa di distribuire preservativi o pillole anticoncezionali, no? Intanto ascoltiamolo nei suoi moniti contro la distruzione dell’ambiente. Ha ragione il sant’uomo. Ragione da vendere. Peccato che quando dice queste cose, comunque, non lo ascolti nessuno. La televisione dà la notizia in modo asettico, non ci sono dibattiti, non ci sono articoli di fondo. Niente. Se dice una frase sull’aborto o sulla fecondazione assistita, allora si scatena la bagarre. Ho visto che ci sono ancora «filosofi» (li metto tra virgolette per non offendere i filosofi) che discettano sulla validità della teoria dell’evoluzione biologica, mettendola in dubbio dall’alto delle loro grandi conoscenze. A duecento anni dalla nascita di Darwin stiamo ancora discutendo per decidere se la terra è piatta o se è rotonda. Ve lo dico io: è rotonda, e le specie evolvono in altre specie. I «filosofi», per perdere le virgolette, dovrebbero occuparsi un po’ più di ecologia. Lo so che ce ne sono, come Edgar Morin, ma ovviamente non bastano.
Queste voci, i Papi, i filosofi, gli scienziati, stanno gridando in


modo isolato e sconnesso lo stesso avvertimento: l’ecologia deve prevalere sull’economia. Forse, per riuscire davvero a contare qualcosa dovrebbero cominciare a cantare in coro.

Non vorrei essere frainteso. Non sto dicendo che l’economia è cattiva e l’ecologia è buona. Sto dicendo che «questa» economia non va bene. Ma le questioni economiche si possono risolvere solo con gli economisti. E quindi l’economia è importantissima. Però gli economisti, per essere buoni economisti, devono conoscere l’ecologia, la base di tutto. Poi, una volta conosciuta l’ecologia, possono provare a salvare il mondo che ci siamo costruiti e dove si starebbe così bene, se fossimo meno scemi.