La continua degradazione delle foreste plurisecolari e la quasi totale scomparsa degli alberi più maestosi, oltre a impoverire biologicamente l’intero ecosistema, comporta l’irreversibile rarefazione della Rosalia, e con lei di tutte le altre specie d’Insetti indissolubilmente legati alla selva primeva
Tra gli animali più interessanti e tipici della montagna appenninica, oltre ai grandi e piccoli Vertebrati (Mammiferi, Uccelli, Rettili, Anfibi e Pesci) non mancano molte specie di Insetti, tra cui i Coleotteri, nella loro inesauribile varietà, rivestono un ruolo dominante.
Uno dei più belli e vistosi è senza dubbio il Cerambice del Faggio (Rosalia alpina), dal corpo di splendido colore azzurro cinereo, cosparso di fasce trasversali nero velluto, così da formare un disegno talvolta variabile da individuo a individuo. Elegantissima nei movimenti, la Rosalia colpisce soprattutto per le lunghe antenne, caratteristiche dei Coleotteri appartenenti alla vasta e varia famiglia dei Longicorni.
È uno spettacolo magnifico osservarla in silenzio, nel pieno dell’estate e nei momenti più caldi e assolati della giornata, nel suo tipico ambiente della foresta matura di Faggio: in volo lento ma sicuro con le antenne protese avanti in funzione di bilancieri, o in agile corsa su qualche patriarca arboreo deperiente, oppure immobile su un vecchio tronco grigiastro dove, restando perfettamente immobile, tenta abilmente di mimetizzarsi con la ruvida corteccia cosparsa di muschi e licheni.Il suo ciclo vitale, piuttosto lungo allo stato di grassa larva biancastra, che nascosta nel tronco divora il legno sofferente degli alberi stramaturi, scavando tortuose gallerie, è invece piuttosto breve per l’adulto, il quale sfarfalla con il caldo e di solito vive una sola estate. Il bellissimo Insetto morirà infatti di vecchiaia già al culmine dell’agosto, non senza aver prima assicurato con l’accoppiamento, e poi con la deposizione delle uova da parte delle femmine, la propria missione più importante: la perpetuazione della specie.Si può ritenere che la sua penetrazione dall’Europa centrale nel nostro Paese, e poi la discesa lungo la dorsale dell’Appennino, senza dimenticare la Sicilia, risalga all’epoca Quaternaria: e abbia coinciso con l’espansione verso Sud della Faggeta, favorita dalle oscillazioni climatiche in senso oceanico del periodo postglaciale.
Oggi però il continuo riscaldamento del clima restringe progressivamente le Faggete, isolandole su montagne spesso lontane tra loro: e ciò frammenta l’areale di diffusione del Longicorne in tanti piccoli nuclei residui, in luoghi dove sempre più incombono pesanti minacce per la sua sopravvivenza. La Rosalia è infatti legata agli alberi più vetusti, plurisecolari, in via di disseccamento, cariati e pieni di cavità: e come molti altri importanti Coleotteri, fondamentali per l’ecosistema, non potrebbe mai vivere su piante giovani, diritte e sane… Come gli arboscelli del «bosco-stecchino», che certe «tecniche silvicolturali» amerebbero vedere diffondersi ovunque, per scopi meramente economici e produttivistici, ma che assai male si armonizzerebbero con la vera conservazione della natura.La continua degradazione delle foreste plurisecolari e la quasi totale scomparsa degli alberi più maestosi, oltre a impoverire biologicamente l’intero ecosistema, comporta l’irreversibile rarefazione della Rosalia, e con lei di tutte le altre specie d’Insetti indissolubilmente legati alla selva primeva. Ma questa situazione non è senza conseguenze per intere catene alimentari, privando di nutrimento molti predatori terrestri o alati, come i nobilissimi Picchi alla perenne ricerca di tronchi con riserve la Rosalia non godeva di alcuna protezione legale in Italia, mentre veniva seriamente tutelata in altri Stati Europei, tra cui Germania Federale e Cecoslovacchia: e si trattava indubbiamente d’un convincente esempio di tutela della natura affermata in modo non platonico, ma semplice e concreto. Perché significa riconoscere il principio che ogni essere vivente, anche piccolo e apparentemente trascurabile, gioca un ruolo insostituibile nel complesso equilibrio della natura: e che l’armonia dell’insieme non può in alcun caso prescindere dall’esistenza di tutte le singole parti. Né l’uomo, inseritosi spesso in modo goffo e disordinato in questo scrigno della vita, ha il diritto di condannare all’estinzione altre creature viventi che forse, alla sua visione egoistica e superficiale, non appaiono di qualche utilità immediata.Oggi, la progressiva unificazione dell’Europa non ha soltanto fatto cadere molte barriere, mentre le due Germanie si unificavano e la Cecoslovacchia si divideva in due parti: ha soprattutto fatto espandere principi più alti e normative più rigorose, ponendo giustamente in primo piano la salvaguardia della ricca e varia natura europea. E così la Rosalia è stata inserita, con altri Insetti famosi, spesso anche grandi e vistosi, nella Lista delle specie meritevoli di protezione assoluta.
Ha dunque assunto un compito più grande di lei, diventando quella che nel linguaggio dei naturalisti viene definita «specie-simbolo», «specie-bandiera» o «specie-ombrello»: perché tutelare seriamente il suo habitat vuol dire proteggere indirettamente, ma efficacemente, anche altre centinaia di specie piccole e grandi, che con lei convivono. E per ottenerlo, occorre estendere la conoscenza e l’interesse oltre la ristretta cerchia degli specialisti e degli «addetti ai lavori», portando l’argomento alla ribalta della cultura, dove molto contano non soltanto le nomenclature latine, ma anche le storie vere, l’amore per la bellezza e le emozioni di un contatto, magari fugace, con la vera natura viva e pulsante. Proteggere la Rosalia, come l’Europa vuole, significa quindi evitare massacri di alberi plurisecolari e foreste antiche, vuol dire far tacere il trambusto di motoseghe, trattori e camion: almeno nel cuore delle Aree Protette. Un chiaro monito, anzitutto, per quei Parchi Nazionali che hanno la fortuna di custodire ancora i residui più intatti delle selve di un tempo.