Trent’anni fa, correva l’anno 1976, un piccolo gruppo di ambientalisti si schierava compatto, sotto l’egida del Wwf, in difesa della quasi sconosciuta Val di Farma, una delle aree naturali più intatte e suggestive della Toscana e dell’Italia Centrale, all’epoca minacciata dall’immancabile progetto di grande opera, una diga con annesso bacino artificiale. A lanciare l’allarme da Siena furono alcuni giovani naturalisti coordinati da Fabio Cassola, nipote del famoso scrittore, con il prezioso ausilio di Nilla e Roberto Bartali, indimenticabile coppia di attivisti poi purtroppo prematuramente scomparsa. Si unirono a loro personalità di prestigio internazionale, tra cui Franco Tassi e Antonio Cederna, e qualche tempo dopo, a prezzo di molti sforzi, la battaglia fu vinta, giungendo finalmente ad assicurare adeguata protezione al fiume, alla vegetazione riparia, ai boschi adiacenti e alla importante biodiversità ivi presente.
Oggi la Val di Farma è di nuovo in pericolo, perché una vicina cava di caolino a cielo aperto ha inflitto un primo sfregio alla foresta, e forse potrebbe espandersi ancora in futuro. Mentre si attende che prenda vita l’idea di un vero Parco della Val di Farma, da più parti auspicato, un Comitato di abitanti locali, da Roccastrada, ha levato alta la propria voce affinché quei luoghi non vengano svenduti per un pugno di lenticchie, ma siano tramandati alle future generazioni intatti, proprio come i nostri predecessori li avevano a noi affidati. Avviare oggi qui, nel cuore dell’Etruria, i ben noti, disastrosi processi di erosione, degradazione e banalizzazione della natura che hanno già sfregiato metà dell’Italia più bella vorrebbe dire compiere non solo un misfatto imperdonabile, ma anche il più grave errore per il futuro della Maremma, della Toscana e dei suoi abitanti.
Le Antiche Selve Etrusche, un complesso di boschi che cinge Grosseto e Siena, estendendosi quasi ininterrottamente dalle Bandite di Scarlino sul Mar Tirreno all’Umbria, e dai Monti Pisani e dalle Colline Metallifere all’Alta Tuscia nel Viterbese, costituisce uno dei più importanti e vasti complessi forestali di media quota del nostro Paese, ed uno dei più significativi e ricchi comprensori europei per flora e fauna, arte e storia, archeologia e paesaggio, folclore e prodotti naturali, in cui vino e olio occupano posizioni di assoluta eccellenza, e nel quale non è difficile scorgere un potenziale straordinario per un avvenire di comunità locali e di ospiti di ogni provenienza, in equilibrio e simbiosi con la natura.
Ma ciò sarà vero soltanto se l’ambiente saprà salvaguardare quelle eccezionali caratteristiche, che lo hanno reso sempre più ospitale e attraente, fino a spingere molti stranieri a eleggervi la propria dimora permanente: solo se si riconoscerà il Dominio, materiale e spirituale, delle Antiche Selve Etrusche.
Qui parchi e riserve potranno convivere con villaggi e monumenti unici, zone di attività venatoria ben regolamentata coesistere con piccoli agriturismi e itinerari storico-archeologici, agricoltura biologica sposarsi con cultura e arte: in un «mosaico intelligente» colorato delle tinte più varie, unico e smagliante, capace di conciliare tutte le esigenze e di armonizzare ogni tipo di vita. Solo se avremo la capacità di
conservare quel patrimonio che tutto il mondo ammira, e quelle selve che rivestono un ruolo insostituibile per la difesa idrogeologica e l’equilibrio climatico-meteorologico, per la salvezza di suoli e acque, aria e biodiversità, per il tempo libero e le attività ricreative, per l’ecoturismo e la ricerca scientifica, per la cultura e il ristoro spirituale. Verso un avvenire non schiavo del trambusto e della tecnologia, dell’inquinamento e del rumore, ma vivo e promettente, vitale e stimolante, come quello che vorremmo lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti.
Comitato Parchi, Maremma Viva