Vincenzo Giuliani

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( Dottore di ricerca in Geobotanica )

Per la nostra Capitanata mancano lavori scientifici in proposito; tra l’altro, la stessa «botanica» trova pochi riferimenti anche a livello di studiosi locali.
I personaggi che meritano di essere citati sono almeno tre attraverso i quali possiamo avere un’idea del rapporto delle nostre comunità con le piante: Vincenzo Giuliani (Vieste, 1753), Michelangelo Manicone (Vico del Gargano, 1806) e Luigi Baselice (1812).
L’intento di Giuliani è quello di illustrare ai suoi garganici la ricchezza vegetale del Promontorio e dei loro pregevoli «liquori» medicamentosi, per cui parlerà di manna, e di frassino ed orniello «da cui estraggasi», camomilla e di tante altre specie, perché il Gargano e «un giardino di Botanica» nel quale «vi nascono molte erbe attinenti alla medicina e vengono dai paesi forastieri a raccoglierle gli Erbattoli».
Negli anni del Giuliani l’interesse per le piante è quello medicinale, così è ovunque, la botanica, infatti, è ancora una branca della medicina. Nel suo elenco, limitato, perché «eccederebbe dal suo istituto» (ma se il tempo lo permetterà e, contribuiranno le forze, spera di darne un saggio più distinto) si trova la «Bietola selvatica, nella nostra città detta Ghieta, di cui ne fanno uso in minestre…», con foglie «liscie, ripiene di sugo, e di un gusto nitroso». Ma l’intento di Giuliani è quello di evidenziare che la Ghieta «purifica il sangue ed essendo ammolliente muove il ventre». Per cui se si può trovare qualche altro riferimento utile al nostro scopo, come il finocchio selvatico «che comunemente passa con il nome di Finocchietto di Puglia…, quantunque di un gusto piacevole, … il succo dalle foglie spremuto lo decantano a rischiarar la vista».
Così sarà per gli asparagi «buoni da mangiare, di gran uso nelle cucine ed esquisiti sono, apparecchiandosi col brodo di pesce», ma solo perché «provocano l’orina, e perciò giovano nell’iscuria, disuria e stranguria, e molti gli commendano come un preservativo ne’ calcoli, e nei vizi tutti de’ reni». Così sarà, infine, per i capperi, che «condite, vaglioni a risvegliar l’appetito; … si colgono per serbarli nella salmoia, o nell’aceto…, dei quali nella città di Foggia se ne fa tanto acquisto, empiendo botti per spedirle altrove» perché la sua radice è molto «lodata per la sua virtù astergente ed incisiva a togliere le ostruzioni della milza, e del fegato».