Tecnologie di Bonifica

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In riferimento all’applicazione delle tecnologie di bonifica, sono stati elaborati da ex Apat numerosi protocolli e documenti tecnici. Tra questi:

– il Protocollo per l’applicazione dell’ossidazione chimica in situ

– il documentoApplicazione di tecnologie in situ per la bonifica delle acque sotterranee mediante l’iniezione di composti e reagenti chimici

il documento Criteri per la definizione e la verifica delle aree di non intervento

– il Protocollo per la verifica di fondo-scavo e pareti.

 

Il Protocollo per l’applicazione dell’ossidazione chimica in situ e il documento Applicazione di tecnologie in situ per la bonifica delle acque sotterranee mediante l’iniezione di composti e reagenti chimici contengono le indicazioni tecniche per l’applicazione di tecnologie che prevedono l’iniezione in situ di reagenti chimici e di composti che favoriscono la degradazione di contaminanti di tipo organico. In particolare vengono fornite linee-guida per l’esecuzione degli studi di fattibilità in laboratorio, elemento imprescindibile alla valutazione di eventuali “effetti collaterali” connessi all’applicazione di tali tecnologie e alla stima dell’efficienza/efficacia delle stesse.

Il documento Criteri per la definizione e la verifica delle aree di non intervento, elaborato da ex Apat in collaborazione con Arpa Veneto per il Sito di interesse nazionale di Porto Marghera, le indicazioni generali per la definizione e la verifica da parte degli Enti di Controllo delle eventuali aree di non intervento, ovvero delle aree interne a siti contaminati inclusi nel perimetro dei Siti di interesse nazionale, che vengono escluse, su richiesta dei soggetti obbligati alle attività di bonifica, dagli interventi di bonifica previsti dal progetto sottoposto alle autorità competenti.

In particolare, all’interno del documento si stabilisce che sono definibili aree di non intervento quelle aree in cui sussistono elementi fisici ostativi al completamento degli interventi di bonifica quali, ad esempio:

– presenza di impianti, edifici ed infrastrutture, che potrebbero essere irrimediabilmente compromesse dall’esecuzione degli interventi;

– presenza di reti tecnologiche attive, elettrodotti, sottoservizi in genere che potrebbero essere danneggiati dall’esecuzione degli interventi;

– sussistenza di particolari condizioni di carattere geologico e geotecnico, per le quali la realizzazione di qualsiasi intervento di bonifica effettuato nell’area in esame porterebbe a problemi di sicurezza e durabilità strutturale ad uno o più degli elementi menzionati ai due precedenti punti;

– presenza di strade in uso, senza possibilità di viabilità alternative da utilizzare durante la bonifica.

Vengono inoltre fornite chiare indicazioni agli Enti di Controllo in merito alle modalità di valutazione della sussistenza delle condizioni di cui ai precedenti punti.

Il Protocollo per la verifica di fondo-scavo e pareti è stato elaborato da ex Apat ed Arpa Veneto e condiviso da Iss e contiene una proposta di integrazione del «Protocollo Operativo» per il campionamento e l’analisi dei campioni dei siti inquinati approvato con Delibera di Giunta della Regione Veneto n. 2922 del 3 ottobre 2003, con particolare riferimento alle modalità di campionamento di pareti e fondo scavo. Tale protocollo è, infatti, ad oggi impiegato per la verifica degli interventi di bonifica eseguiti nel Sito di interesse nazionale di Porto Marghera e in molti altri Siti di interesse nazionale. Il Protocollo è stato elaborato prendendo come riferimento numerosi documenti tecnici e linee guida pubblicati successivamente alla prima approvazione del «Protocollo Operativo», in considerazione degli sviluppi normativi in tema di bonifica dei siti contaminati conseguenti all’entrata in vigore del DLgs 152/06, con particolare riferimento all’applicazione dell’analisi di rischio.

Occorre inoltre ricordare che L’Ispra (ex Apat), ha realizzato e reso disponibile sul sito web dell’Ispra, una matrice di screening, come strumento di supporto alle decisioni nella selezione delle tecnologie di bonifica. Le variabili per ognuna delle tecnologie prese in considerazione nella matrice includono l’applicabilità allo specifico contaminante o categoria di contaminanti, tempi di applicazione, necessità di manutenzione. La matrice verrà inoltre corredata di una trattazione dei casi studio italiani delle tecnologie in essa contemplate. Proprio per la raccolta dei casi studio, è stato predisposto da Ispra uno specifico format, reso disponibile sul sito web dell’Istituto La matrice prende in considerazione 22 tecnologie in situ ed ex situ per la bonifica del suolo e dei sedimenti, 16 tecnologie per la bonifica delle acque sotterranee. Le variabili utilizzate includono:

– Tempi di applicazione (vengono presi in considerazione i seguenti range: 3 anni)

– Necessità di monitoraggio a lungo termine

– Impatti a breve e lungo termine sulle risorse naturali

– Limiti ed applicabilità.

Per lo sviluppo della matrice è stato utilizzato il modello della matrice di screening delle tecnologie sviluppato dalla Federal Remediation Technologies Roundtable (Frtr).

Le classi di contaminanti prese in considerazione sono le stesse classi prese in considerazione dalla normativa vigente in tema di siti contaminati (tabella 1 dell’Allegato 5 al titolo V della parte quarta del D.Lgsl.152/06). Occorre precisare che mentre la classificazione dei contaminanti individuata dal legislatore è basata su caratteristiche tossicologiche (come ad esempio la distinzione degli Idrocarburi alifatici clorurati in composti cancerogeni e non cancerogeni), la classificazione dell’applicabilità delle tecnologie andrebbe fatta sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche (ad esempio la Costante di Henry).

Si segnala pertanto che le tecnologie non necessariamente possono essere applicabili a tutti i contaminanti individuati in quella specifica classe di composti. Nell’ambito della classe dei metalli, grazie alle informazioni reperite in letteratura sull’applicabilità di alcune specifiche tecnologie, è stata operata un’ulteriore ripartizione. Sono stati individuati 6 metalli di particolare interesse (Arsenico, Cadmio, Cromo, Piombo, Mercurio, Zinco) e sotto la voce «altri metalli e composti inorganici» sono stati racchiusi tutti gli altri contaminanti. Occorre, anche in questo caso, sottolineare che diversi stati di ossidazione del metallo possono rendere efficace/inefficace una determinata essere tecnologia.