Erosione e cemento i nemici del Mediterraneo

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Le minacce alle splendide coste italiane insieme ad aree industriali e porti con i loro traffici marittimi

Mare Mediterraneo: 9.000 specie marine (circa il 10% del totale degli organismi che popolano i mari del nostro pianeta), lo 0,7 per cento della superficie degli oceani; un mare che bagna 21 paesi, in cui vivono 427 milioni di individui e accoglie ogni anno 175 milioni di visitatori.

Secondo le attuali proiezioni, il 50% del litorale mediterraneo potrebbe essere colpito dal fenomeno della cementificazione entro il 2025. Le sue condizioni stanno peggiorando a causa dell’inquinamento provocato dalle industrie, dal trasporto marittimo e dalla distruzione degli ecosistemi costieri: è un altro aspetto del Mare Nostrum meno evocativo o affascinante, ma che occorre affrontare con impegno, cercando soluzioni sostenibili che coniughino la conservazione dell’ambiente marino e della biodiversità con il crescente sviluppo economico.

Un aspetto che è stato protagonista del workshop organizzato dall’Ispra «L’altra faccia del mare: come coniugare la difesa dell’ambiente marino e lo sviluppo in maniera sostenibile», tenutosi oggi nell’ambito della manifestazione «I miti del mare 2009», ancora in corso fino al 26 luglio presso il Porto Antico di Civitavecchia. L’avvio all’incontro, moderato dalla giornalista conduttrice di «Pianeta Mare», Tessa Gelisio, è stato dato dal Sub Commissario dell’Ispra, dott. Stefano Laporta, cui sono seguiti gli interventi del dott. Massimo Gabellini, Capo del dipartimento Mitigazione e Prevenzione degli impatti dell’Ispra, del dott. Andrea Ferrante del ministero Infrastrutture e Trasporti, del prof. Eugenio Fresi, del Dipartimento di Biologia Animale dell’Università degli Studi di Roma «Tor Vergata»edella dott.ssa Roberta Angelini dell’Eni.

Esponenti scientifici e istituzionali si sono dunque confrontati sui temi descritti dal video dell’Ispra, presentato in anteprima, che illustra i possibili impatti antropici ricadenti sul mar Mediterraneo, descrivendo le attività dell’Istituto per monitorare e controllare costantemente l’ambiente marino costiero, prevenendo, ove possibile, impatti durevoli.

Infatti, le attività dell’Ispra sono orientate anche lungo direttrici di ricerca nei settori critici della movimentazione dei fondali in ambiente costiero e lagunare tra cui, ad esempio, le bonifiche ambientali, i dragaggi portuali, la progettazione di piani di monitoraggio delle aree di scarico, le valutazioni di rischio ambientale e il controllo delle fonti di inquinamento.

È ormai concetto condiviso a livello europeo che norme ambientali rigorose possano servire da stimolo all’innovazione e alle opportunità imprenditoriali e che le politiche economiche, industriali, sociali e ambientali debbano essere strettamente integrate.

La sfida finale, accolta da tutti all’unanimità, è quella di coniugare la tutela e il risanamento degli ambienti e la conservazione della biodiversità con le esigenze di un’economia in continua crescita, tutto ciò in modo sostenibile e nel lungo periodo.

Porti e bonifica dei siti d’interesse nazionale

In Italia abbiamo circa 800 porti, che rappresentano un reticolo di attività economiche estremamente complesse e strettamente connesse con il sistema produttivo e con la organizzazione logistica del trasporto terrestre. L’Ispra è strutturato in gruppi operativi che si occupano di tutte le problematiche relative alla movimentazione dei fondali, dai dragaggi portuali (necessari per la navigabilità dei porti) all’utilizzo di depositi marini sommersi finalizzati al ripascimento di aree costiere soggette ad erosione o arretramento, alle valutazioni ambientali della posa di cavi e condotte sui fondali marini fino alle bonifiche dei Siti di interesse nazionale, vale a dire quelle aree industriali dismesse altamente contaminate, come ad esempio Porto Marghera, Augusta, Bagnoli, Gela e Piombino.

L’attività di bonifica delle aree industriali dismesse è l’insieme degli interventi di caratterizzazione prima, e poi di progettazione, atti a eliminare le fonti d’inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurne le concentrazioni presenti nei fondali marini ad un livello uguale o inferiore a valori di concentrazione limite accettabili. Attraverso la bonifica si raggiunge un livello di qualità dell’ambiente tale da consentirne tutti gli usi possibili.

Traffico petrolifero e piattaforme off shore

Ogni giorno le acque del Mediterraneo sono solcate da 2.000 traghetti, 1.500 cargo e 2.000 imbarcazioni commerciali, di cui 300 navi cisterna (il 20% del traffico petrolifero marittimo mondiale) che trasportano ogni anno oltre 340 milioni di tonnellate di greggio, ben 8 milioni di barili al giorno.

In media nel Mediterraneo si contano circa 60 incidenti marittimi all’anno e in circa 15 di questi sono coinvolte navi che provocano versamenti di petrolio e di sostanze chimiche. Ogni anno finiscono da 100 a 150.000 tonnellate di idrocarburi in mare. La densità di catrame pelagico riscontrata nel mare, con una media di 38 milligrammi per metro cubo.

È fondamentale quindi non sottovalutare la minaccia alle specie e all’ambiente marino che derivano dalla massiccia presenza di idrocarburi e sostanze inquinantiche sono centinaia, e per ognuna di esse l’intervento deve essere specifico, quindi è impossibile avere pronti piani d’intervento dedicati.

Il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si è avvalso dell’Icram, ed oggi si avvale di Ispra, per la predisposizione dei Piani di monitoraggio finalizzati, ad esempio alla creazione del servizio Emergenze ambientali per gli sversamenti di idrocarburi da incidente, o ad altri gruppi che monitorano gli effetti eventuali dovuti allo scarico in mare delle cosiddette acque di produzione rilasciate dalle piattaforme off-shore, ossia acque fossili, presenti nelle formazioni geologiche associate agli idrocarburi. Al fine valutare i potenziali effetti dello sversamento di queste acque, è in corso dal 2000 un programma di monitoraggio su 42 piattaforme a gas ubicate nel bacino Adriatico, ed una piattaforma ad olio ubicata ala largo di Brindisi. In particolare, in un’area di 500 mt all’intorno di ogni singola piattaforma, sono monitorati la colonna d’acqua, relativamente ai parametri temperatura, salinità, torbidità, densità, pH, ossigeno disciolto, clorofilla a, nutrienti (nitrati, nitriti, ammoniaca e fosfati) e composti organici (oli totali, fenoli, idrocarburi alifatici ed aromatici), nonché esemplari del bivalveMytilus galloprovincialis, attaccati ai piloni delle piattaforme, per lo studio del bioaccumulo di rame, arsenico, piombo, cromo, mercurio, benzene e toluene.

A partire dal 2002 fino ad oggi l’Ispra svolge inoltre il monitoraggio ambientale degli effetti prodotti dalla fase perforazione dei pozzi e dalla installazione della piattaforma Emilio, sempre ubicata nel Mare Adriatico, mediante la valutazione della contaminazione dei sedimenti e le variazioni morfologiche dei fondali.

Circa 700 milioni di euro di investimenti, 1.600 metri di profondità, 420 km di lunghezza, 1.000 megawatt di potenza: questi sono i principali numeri del Sapei, il doppio elettrodotto sottomarino che collegherà la Sardegna con il Lazio. Questi sono i numeri con cui Terna S.p.A., azienda della rete elettrica nazionale, avvalendosi delle competenze dell’Ispra per il monitoraggio ambientale, sta installando i suoi cavi sottomarini

Ripascimento delle spiagge sabbiose e posidonia oceanica

Circa 3.500 sono i chilometri di spiagge sabbiose presenti in Italia; oltre 2.000 di questi corrono seri pericoli di erosione e 1.400 km sono soggetti a forte erosione; la «salvezza» di tali spiagge, attraverso interventi di ripascimento con sabbie marine, oggi può diventare realtà per molte di queste coste. Per risolvere il problema, sono stati approntati e definiti studi metodologici, ricerche ed interventi di vario tipo, che sfruttano la sinergia di diversi soggetti sia pubblici sia privati.

Uno degli studi messi in atto dall’Ispra, riguarda la valutazione e il monitoraggio dell’impatto delle attività di ripascimento, con particolare attenzione alla presenza di specie di interesse commerciale, specie e habitat sensibili come ad esempio le praterie di Posidonia oceanica, pianta superiore che forma praterie sottomarine, il cui ecosistema risulta essere il più importante del mar Mediterraneo ed è stato indicato come «habitat prioritario» dalle Direttive europee. Nell’ecosistema costiero la Posidonia oceanica riveste un ruolo fondamentale, perché grazie al suo sviluppo fogliare libera nell’ambiente fino a 20 litri di ossigeno al giorno per ogni m2 di prateria, produce ed esporta biomassa sia negli ecosistemi limitrofi sia in profondità, offre riparo ed è area di riproduzione per molti pesci, cefalopodi (quali polpo o seppia), bivalvi (cozze, telline, vongole) ed echinodermi (ricci e stelle di mare). Infine, essa consolida il fondale sottocosta, contribuendo a contrastare un eccessivo trasporto di sedimenti sottili dalle correnti costiere e smorza la forza delle correnti e delle onde prevenendo l’erosione costiera.

Oggi, in tutto il Mediterraneo, le praterie di Posidonia sono in regressione, un fenomeno che si è andato incrementando con l’aumento della pressione antropica sulla fascia costiera; l’Ispra, in collaborazione con il ministero dell’Ambiente e tutela del Territorio e del Mare e con il supporto delle Arpa costiere, collabora ad un programma di monitoraggio delle acque marino-costiere che prende in considerazione anche il controllo delle praterie di Posidonia oceanica lungo le coste italiane.

La banca dati Sidimar

Le informazioni del programma di monitoraggio dell’ambiente marino costiero arrivano alla banca dati del Sistema difesa mare (Sidimar.) presso il ministero dell’Ambiente, che raccoglie i dati provenienti dalle reti di osservazioni regionali sull’ambiente marino e li mette a disposizione degli utenti via Internet.

Il Sidimar è a tutt’oggi l’unica banca dati che raccoglie a livello nazionale i dati relativi all’ambiente marino costiero, dagli anni Novanta ad oggi. Ormai migliaia di dati relativi allo stato di salute del mare, alla qualità dell’acqua, ai sedimenti e, naturalmente, alle praterie di Posidonia, raccolti dalle regioni costiere, risiedono in questa banca dati.

«L’insieme di queste attività, come tante altre che Ispra porta avanti – ha dichiarato Stefano La porta, Sub Commissario dell’Ispra – rendono peculiare e non riproducibile il ruolo e la funzione dell’Istituto, caratterizzandolo come “interfaccia tecnica” in cui aspetti istituzionali, scientifici ed operativi si fondono e sono messi al servizio delle Amministrazioni e della Comunità. La sfida intrapresa sta nel combinare la tutela e il risanamento degli ambienti e la conservazione della biodiversità con le esigenze di uno sviluppo in continua crescita, in modo sostenibile e nel lungo periodo anche a fronte dei cambiamenti climatici in atto».

«L’Ispra si pone con un ruolo istituzionale sancito dalle norme – ha affermato Massimo Gabellini dell’Ispra – interpretato attraverso un continuo supporto tecnico alle amministrazioni coinvolte, in primis il Ministero Vigilante, ed un contenuto tecnico-scientifico, frutto di un’esperienza pluridecennale acquisita sul campo e nei consessi scientifici nazionali ed internazionali. L’Istituto opera sull’intero territorio lungo vari programmi riguardanti il supporto, la prevenzione, il controllo e il monitoraggio verso le potenziali attività fonti di turbativa per l’ambiente e la valutazione degli effetti che le attività antropiche hanno sulla fascia costiera».

(Fonte Ispra)

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Nella foto di Pina Catino un tratto di costa soggetto a erosione