Ma, se non esiste un destino, come è ragionevole sostenere, forse possiamo cercare nelle risorse naturali, in quelle immateriali (personali e collettive) e nelle sinergie, gli strumenti e le opportunità per interrogarci sul vero possibile e per muovere quel cambiamento responsabile, quel progresso umano, che è nelle nostre aspirazioni più profonde.
Potremmo provare, ad elaborare mentalmente una possibile visione alternativa delle cose. Potremmo, per esempio, scoprire che negli spazi insondabili di una idea di vero e di falso «assoluti», sono naufragati, e continuano a naufragare, i «solitari» avventurieri del pensiero unico e intere tenaci «civiltà avanzate». Potremmo, poi, scoprire che vi sono anche altri che «lavorano» nella stessa direzione: quelli che si astengono da ogni coinvolgimento nelle valutazioni sul vero e sul falso e che si rifugiano nelle rituali giustificazioni del «senso comune delle cose».
Non è certamente semplice oggi muoversi fra i clamori di relativismi e assolutismi che mettono in ansia le nostre coscienze per temuti e ignoti sottintesi, ma anche per il senso, ambiguo e spesso non molto comprensibile, affidato alle argomentazioni ad essi connesse.
Certamente non sappiamo come difenderci, in tempo utile, dalle esasperate passioni di qualche «solitario» (animato da maniacali ricerche di identità assolute) o dalle prevaricanti polarizzazioni della nostra attenzione sul mito di quelle civiltà tecnologicamente più progredite che si immaginano anche «faro» delle cose del mondo (ma che, forse, sono solo troppo deboli per affrontare in altro modo l’ignoto della condizione umana e per accogliere con intelligenza e saggezza una precarietà del vivere, comune a tutto il genere umano).
Vorremmo saper scansare l’agguerrito attacco di quegli interessati agitatori delle acque che affannano la navigazione, già complessa, delle nostre coscienze per farci arenare nelle secche dello sfinimento fisico e psichico.
Dovremmo, però, scoprire anche quanto noi siamo tutti sofferenti e «ammalati» delle esasperanti ma naturali incertezze della vita. Dovremmo scoprire quanto queste incertezze, se passivamente subite, finiscono col pesare sulle nostre ansie, sulle nostre inerzie. Quanto cioè sia indispensabile comprendere la natura delle incertezze per convivere, piuttosto che per opporsi vanamente ad esse, e finire poi col sottomettersi alle mistificanti certezze ideologiche, buone per le peggiori stagioni della storia dell’uomo. Dovremmo poter riconoscere le incertezze come risorse uniche per entrare in operosa e virtuosa relazione con la realtà, che esse stesse propongono, nella sua essenza, alle nostre percezioni e valutazioni critiche. Dovremmo non cedere a quelle accattivanti ideologie che vorrebbero rimuovere il «vero scomodo» delle incertezze per affermare il «falso consolante» delle loro equivoche certezze affidate al caso o a chi ne dovesse indossare l’abito per muovere masse consenzienti proselitismi.