India, Cina, Messico si porteranno in testa nelle scelte energetiche rinnovabili. L’Italia fa scelte anacronistiche
Più passa il tempo, più ci avviciniamo all’appuntamento di Copenhagen, più ripassiamo nella memoria i summit internazionali sui cambiamenti climatici, più ci convinciamo che le resistenze sventolate dai paesi industrializzati, verso Cina, India, Australia e Usa erano un alibi per restare immobili. Un favore al ginepraio di interessi fra la vecchia economia e i relativi referenti politici.
Come altro spiegare il fatto che questi paesi «arretrati» ora ci stanno sorpassando? E non ci sfuggì, sottolineare, già ai tempi di Rio, quando gli Usa iniziarono a tirarsi fuori, che la California era già il paese all’avanguardia nella legge per regolare la qualità dell’aria e i campi di eolico, fotovoltaico, solare erano una realtà.
Questo per sottolineare la mole degli interessi in gioco. Ora qualcosa sta cambiando.
L’India ad esempio
«National Solar Mission» è il piano solare indiano che verrà presentato ufficialmente a settembre.
Con 20mila MW di energia solare al 2020 che diventeranno 100mila MW al 2030 e 200mila MW al 2050, l’India si posiziona come una nuova potenza mondiale nel campo delle energie rinnovabili.
Delhi parte da un livello bassissimo (3 MW) e punta a entro il 2020 ad oltre 6.000 volte di più dei livelli attuali, da quintuplicare, poi, entro il 2030 e raggiungere infine quota 200mila MW al 2050. Per avere un idea di cosa significano questi numeri basti pensare che 20mila MW sono la metà della potenza necessaria per i consumi complessivi elettrici dell’Italia.
Si punterà soprattutto su grandi impianti di solare «a concentrazione» (la tecnologia sviluppata in Italia dall’Enea sotto la guida del premio nobel, Carlo Rubbia), ma anche sulla generazione distribuita e le reti intelligenti di energia, note come smart grids (tecnologia che si sta sviluppando anche in Europa).
Inoltre, sarà utilizzata largamente anche la tecnologia del solare fotovoltaico. Il progetto, infatti, prevede di avere un milione di tetti fotovoltaici connessi in rete e premiati con una tariffa feed in (come il nostro conto energia). Oltre a questo si porterà l’elettricità con il sole a 3 milioni di case che al momento non ce l’hanno. I pannelli fotovoltaici saranno resi obbligatori per tutti i nuovi edifici pubblici.
Infine, si farà ricorso anche al solare termico per la produzione di acqua calda per tutti i nuovi edifici (sia pubblici sia commerciali) che ospitano molte persone, come gli ospedali, gli alberghi, i complessi residenziali: si vogliono installare nella prima fase 40-50 milioni di metri quadrati di pannelli per il solare termico.
Per avere un’idea della dimensione di questa operazione si pensi che le previsioni Iea (International Energy Agency) al 2020 parlano di 27mila MW di capacità installata per il fotovoltaico dell’intero pianeta mentre, alla stessa data, il piano indiano prevede per il paese da solo una capacità di 20mila MW: più di tre quarti di quella mondiale prevista dall’Iea.
Da notare che l’India (insieme a Cina, Australia e Usa) ha sempre rifiutato limiti alle emissioni. Il paese, quarto emettitore mondiale, ma ventesimo per emissioni procapite, con 1.166 miliardi di abitanti di cui il 25% sotto la soglia di povertà, ha sempre visto le pressioni dell’occidente a ridurre le emissioni come una sorta di intrusione coloniale che mette a rischio la crescita del paese. Lo sviluppo delle rinnovabili invece è una buona strada per contribuire alla lotta al global warming creando ricchezza e soddisfacendo la crescente fame di energia del paese, che attualmente conta sul carbone per il 68% del fabbisogno elettrico e mira a costruire anche nuove centrali sporche da qui al 2012.
Questo piano trentennale, secondo i calcoli di Delhi, dovrebbe comportare una riduzione delle emissioni pari a 42 miliardi di tonnellate di CO2. Non basterà da solo a fermare le emissioni del gigante che secondo i dati della Banca Mondiale crescono del 5% annuo e ammontano a 1402 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, ma sicuramente farà emergere una nuova potenza della green economy e indirizzerà il gigante verso uno sviluppo più sostenibile.
La Cina e il Messico
«Ma se l’India avanza a grandi passi verso le energie rinnovabili e le nuove tecnologie energetiche, la Cina non sta a guardare – osserva Vincenzo Ferrara -. Il capo dei negoziatori cinesi per i negoziati sul clima delle Nazioni Unite, l’ambasciatore Yu Qingtai, ha fatto sapere, subito dopo l’annuncio dell’India, che, allo stato attuale, la Cina è il primo produttore mondiale di energia idroelettrica e da fonte solare, è il quarto produttore mondiale da fonte eolica e nel giro dei prossimi 10 anni, un sesto del fabbisogno energetico cinese sarà assicurato da fonti rinnovabili. Inoltre, la Cina in questi ultimi 4 anni ha aumentato tanto rapidamente la propria efficienza energetica da ridurre del 10% la propria intensità di energia (il rapporto tra consumo di energia e prodotto interno lordo) riduzione che supererà il 20% nei prossimi 10 anni».
Ma insieme a Cina e India, osserva ancora Ferrara, «anche il Messico sta preparando un dettagliato piano di sviluppo economico basato sull’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e la riduzione della deforestazione, che presenterà a Copenhagen nel prossimo dicembre, come ha dichiarato alcuni giorni fa Adrian Fernandez, presidente dell’Ente nazionale messicano per l’energia».
L’Italia e le sue «verità»
Di fronte all’avanzata vera della green economy non è più possibile stendere un velo pietoso su come l’Italia sta affrontando l’economia e le tematiche ambientali, strettamente collegate.
Ma se i paesi industrializzati a cominciare dagli Usa, dalla Germania e dalla Gran Bretagna si sono resi conto che ormai tira un’aria molto diversa dal passato e che Copenhagen sarà un serissimo banco di prova, come mai noi italiani non ce ne siamo accorti? «Noi italiani – osserva Vincenzo Ferrara – ci riteniamo ovviamente superiori e più lungimiranti. Il governo che ci guida ritiene un “bluff” questa corsa al solare di questi “meridionali” del mondo, quali sono gli indiani e i cinesi, che, tra l’altro, si comportano proprio come i terroni nostrani: tutti fannulloni, tutti pizza e mandolino, tutti invasati di “o sole mio” e di “kisto è o paese do sole”.
«La maggioranza di governo, attraverso un organo “scientifico” di saggezza suprema, qual è la Commissione ambiente del Senato, sta lavorando, infatti, per ripristinare le grandi verità dell’umanità. Alla fine di luglio scorso, con una mozione votata a maggioranza, ha chiarito agli infedeli dei combustibili fossili e del nucleare, che l’energia solare è soltanto una balla costosa e che gli impianti solari occupano spazio prezioso che viene, ovviamente, sottratto alla cementificazione del territorio e delle coste. Solo il nucleare porterà l’Italia ad un futuro radioso.
«E per chi obietta che le tecnologie solari “a concentrazione” che la Cina ci vuole copiare, sono già un settore di punta per l’Italia, il governo risponde fa sapere che è un’altra balla colossale, irrealizzabile e senza futuro. Se, poi, si insiste a dire che il solare è una valida alternativa per combattere i cambiamenti del clima, anche qui il governo ha voluto ripristinare la verità».
Gli inglesi si consolano dicendo «Dio salvi la Regina» ma a noi Dio vorrà salvarci?