Blocchi di granito contro la pesca a strascico

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Per proteggere dalla distruzione i fondali marini delle zone di Lilla Middelgrund e Fladen

Oggi gli attivisti di Greenpeace hanno affondato 180 blocchi di granito nel mare di Kattegat, di fronte alla costa svedese, per creare una barriera di protezione contro la pesca a strascico nelle zone di Lilla Middelgrund e Fladen, due aree marine protette dalla direttiva Habitat. L’operazione si è conclusa con successo dopo quasi una settimana di intensa attività. I massi, fino a tre tonnellate di peso, ostacoleranno le reti a strascico, responsabili della distruzione dei fondali marini, ecosistemi ricchissimi di biodiversità. Nel 2003 Lilla Middelgrund e Fladen sono state riconosciute come aree marine da proteggere sia dalla Svezia che dalla Comunità europea (secondo la direttiva Habitat). Purtroppo, in assenza di effettive misure legali, metodi di pesca distruttiva come lo strascico vengono comunemente praticati in queste zone di grande valore ecologico. Come spesso accade anche in altri paesi europei, la salvaguardia dell’ambiente marino rimane solo sulla carta.

«C’è bisogno di una riforma urgente della politica comunitaria sulla pesca. I ministri dell’Ambiente e della Pesca hanno l’obbligo di risolvere il blocco legale relativo alla protezione degli habitat marini. Solo così non saremo più costretti a gettare blocchi di granito in mare per proteggere habitat particolarmente sensibili» afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna «Mare» di Greenpeace Italia.

Nel 2008 Greenpeace aveva già posizionato 320 massi a Sylt Outer, al largo della costa tedesca, un’altra area «protetta» distrutta da attività di pesca a strascico.

I massi sono serviti  a bloccare la pesca su tali fondali e sono già stati colonizzati da una gran quantità di vita marina.

Prima delle attività di questa settimana, Greenpeace ha commissionato uno studio di impatto ambientale per assicurarsi che l’operazione non avesse alcuna ripercussione sull’ecosistema.

L’associazione continuerà a fare campagna con ogni strumento a sua disposizione per chiedere l’istituzione di una rete di riserve marine che copra il 40% dei mari del Pianeta.

(Fonte Greenpeace)