L’erosione, il male che sta divorando la Terra

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A Malta questo fenomeno è particolarmente presente accompagnato da un crescente inaridimento, anticamera della desertificazione

L’impatto che si ha con l’isola di Malta, nel cuore del Mediterraneo, è quello di ammirare un piccolo scrigno aperto ricolmo di gioielli, con i suoi colori simili a pietre preziose come l’acquamarina, la giada, l’occhio di tigre, gli smeraldi, i topazi… che come lampi hanno squarciato i miei occhi un istante e poi il buio. Non riuscivo a essere coinvolta dallo stupore e dalla gioia che vedevo negli occhi dei ragazzi e dei turisti alla vista delle grotte dai limpidi fondali di un azzurro intenso, striato da conoidi color smeraldo. Quei colori non riuscivano a distogliere il mio sguardo dal male silenzioso che sta divorando l’isola, l’erosione.

Erosione, erosione, desertificazione, erano sempre presenti nel mio obiettivo sia quando inquadravo un monumento, un fregio architettonico, un palazzo, sia le baie dai colori suggestivi, magnetici, immerse in una macchia mediterranea fragile, assetata, rachitica.

Quante volte ho affondato le mie mani nel fragile terreno che si polverizzava, privo di acqua; quante volte ho camminato su terreni spaccati dalla mancanza di humus; andavo per mare, da una baia ad un’altra, o su una isoletta (Cominotto, nella foto, N.d.R.). Andavo per mare su un suolo piatto (un vallo, una piattaforma), ma non di sabbia, bensì tufaceo, oppure affondavo nell’argilla… Una volta, era la terraferma di un’isola, oggi pittoreschi isolotti con calette a strapiombo nelle azzurrine acque dell’arcipelago maltese… Fotografavo e riflettevo come quel tratto dell’isola si fosse inabissato.

Malta è un catalizzatore molto forte di erosione: essendo una piccola isola, il fenomeno è evidente.

Lì mi sono resa conto di quello che sta accadendo al nostro pianeta, ho compreso ciò che dal 1957 scienziati e ambientalisti, stanno cercando di fare: tutelare il nostro pianeta dalla penuria d’acqua, dagli sconvolgimenti climatici e dall’effetto serra.

Fotografando i siti megalitici di Tarxien (3000 – 2500 a. C.), M?arr (3800 – 3600 a. C.), ?a?ar Qim , Mnajdra, Hal Saflieni, ossia il periodo dei Templi (4500 – 2500 a. C.) legati ai Culti della Fertilità e dell’Acqua, ci si rende conto di cosa possa essere accaduto nell’antichità. Durante le glaciazioni, l’ultima delle quali terminata circa 12.000 anni fa, Malta e la Sicilia erano connesse tra loro per mezzo delle rispettive estremità sud – orientali.

Fra i siti templari, uno dei più impressionanti, costruito con megaliti dalle dimensioni gigantesche, fino a dominare l’orizzonte, che si trova nell’isola di Gozo, è quello di G?antija, lo stesso che dà il nome a una fase della preistoria. Si pensa che solo una stirpe di giganti abbia potuto erigere simili monumenti, più antichi delle piramidi d’Egitto. Il motivo della fine di questa civiltà intorno al 2500 a. C., resta tuttora uno dei più oscuri misteri della preistoria maltese. È, tuttavia possibile, che cambiamenti nelle condizioni climatiche ne siano stati la causa, come si è verificato in varie parti del nostro pianeta, ad esempio per gli Anasazi1 (700 – 1300) il popolo delle Pietre, che abitavano l’attuale foresta pietrificata dell’Arizona, scomparsi in una notte.

I guasti dell’erosione

Molti sono i terreni a rischio di erosione nel bacino del Mediterraneo (tutta la Puglia, La Liguria, la costa romagnola, la Calabria, la Sicilia, esclusa l’area di Palermo, i monti Peloritani che dominano lo stretto di Messina e i monti Iblei che circondano Ragusa), sono aree a rischio di desertificazione.

In Puglia, basta fare una passeggiata a Monopoli (Bari), zona Capitolo, e rendersi conto che intere gravine di tufo, oggi sono invase dal mare, formando suggestive calette o stanze nell’acqua. Inquadrature spettacolari per fotografi e pittori, nei pomeriggi settembrini, ma esempio dell’allucinante erosione che sta interessando tutto il pianeta.

L’erosione consiste nell’asportazione del suolo per effetto dell’azione fisica che sulla superficie delle terre emerse esercitano gli agenti naturali in movimento: pioggia, neve, ghiaccio, torrenti, fiumi, vento e mare. Per l’isola di Malta, gli agenti naturali che provocano l’erosione, sono soltanto il vento e il mare.

Di per sé, quindi, è dovuta ad un insieme di fattori naturali. Diventa una delle più gravi emergenze ambientali quando si verifica su suoli divenuti instabili a causa dei movimenti tellurici, frane e dinamiche costiere, oppure di attività umane che hanno provocato perturbazioni dell’equilibrio fisico-chimico tra il terreno e l’ambiente.

Su scala mondiale le perdite di suolo agricolo per effetto dell’erosione sono stimate tra i 5 ed i 7 milioni di ettari all’anno.

Per l’anno 2015 si stima che soltanto in Asia, Africa e Sud America saranno in stato avanzato di erosione circa 700 milioni di ettari.

Il bacino mediterraneo è una delle aree del pianeta a più elevato rischio di erosione e, nel’isola di Malta e arcipelago maltese, il fenomeno è evidentissimo.

In Italia i suoli soggetti ad erosione assommano a 13.270 milioni di ettari, corrispondenti al 44% della superficie nazionale.

Il Mediterraneo, sostiene Fernand Braudel (uno dei principali esponenti della scuola delle Annales, che studia le civiltà e i cambiamenti a lungo termine, in opposizione alla storia degli avvenimenti), è oggi un’area di tradizionale «povertà fondamentale», nella quale la scarsità di precipitazioni atmosferiche costituisce il tratto dominante del clima e, pertanto, la scarsità della risorsa idrica costituisce il principale fattore limitante dello sviluppo non solo dell’agricoltura, ma dell’intero sistema produttivo e delle stesse comunità umane.

La risorsa idrica

La gestione sostenibile della risorsa idrica è una tematica fondamentale della ricerca scientifica che, da quarant’anni, l’Istituto agronomico Mediterraneo di Bari a Valenzano del Ciheam (Centre international de hautes études agronomique Méditerranéennes) conduce in partenariato con istituzioni ed organismi nazionali ed internazionali e con centri universitari europei, africani, asiatici e statunitensi.

Secondo la definizione dell’Unep (United nations environment programme), la desertificazione è il degrado del suolo in zone aride, semi-aride e secco sub-umide, principalmente dovuto a vari fattori, tra cui le variazioni climatiche e le attività umane.

Nel bacino mediterraneo sono interessate seriamente da processi di inaridimento estese aree dell’Europa.

Secondo i dati dell’Unep, il 69% dei 5,2 milioni di km2 utilizzati per l’agricoltura nelle zone aride e semiaride presenta processi di desertificazione in atto oppure è esposto a rischio elevato.

Secondo l’elaborazione dati: Ciheam/Iamb, sono i fattori climatici e antropici che causano la desertificazione.

Fra le cause antropiche, si sottolinea la gestione irrazionale e/o sovra sfruttamento intenso delle risorse che porta alla perdita di copertura vegetale del suolo, quindi rischio di erosione e desertificazione.

L’osservazione scientifica ha messo in evidenza che è in atto, almeno dalla metà dell’800, un progressivo aumento della temperatura media globale degli strati bassi dell’atmosfera (troposfera). Il processo ha subito una significativa accelerazione negli ultimi decenni ed in particolare negli anni 90.

Secondo il dott. Cosimo Lacirignola, direttore dell’Iam-Ciheam, la regione mediterranea (che ricade nella fascia dell’emisfero settentrionale ove è prevista una sensibile riduzione delle precipitazioni) è tra le più esposte al fenomeno della desertificazione.

Sempre a causa del riscaldamento della troposfera e della superficie terrestre, nelle calotte polari e sulle formazioni montuose più elevate continuerà e si accentuerà la fusione dei ghiacciai. Conseguentemente il livello medio dei mari è destinato a crescere ancora di circa 50 cm, comunque tra 15 e 95 cm, con la compromissione di vaste aree costiere intensamente popolate.

Alterato l’ecosistema

Sono previste, inoltre, preoccupanti alterazioni degli ecosistemi. In particolare perdita di biodiversità, proliferazione di parassiti, modificazioni delle produzioni agricole, e al primo posto la modificazione o distruzione dei processi biogeochimici nel terreno.

Nel bacino del Mediterraneo la situazione demografica è in forte evoluzione. Nel 1990, secondo l’United Nations Population Division, la popolazione era distribuita per metà nei Paesi della riva Nord e per metà in quelli della riva Sud. La proiezione al 2025 rivela un forte aumento della popolazione complessiva, che aumenterebbe di 160 milioni di abitanti… per il 2050 la proiezione dimostra una riduzione degli abitanti della riva nord ed un forte aumento in quella del sud, nella quale si concentrerebbe il 71% della popolazione complessiva dell’area mediterranea.

I ghiacciai (il cui volume negli ultimi cento anni si è dimezzato) continueranno a sciogliersi, facendo aumentare il livello degli oceani e dei mari, entro il 2050, tra i 13 ed i 68 centimetri. Per il Mediterraneo si calcola che il livello salirà di oltre mezzo metro: coste ed isole ne saranno minacciate e le terre umide costiere saranno sommerse.

Ma questo è proprio quello che è accaduto in Puglia, alle isole Tremiti. Infatti, da alcune cartografie del 1720, si rileva che, originariamente, le isole erano quattro, mentre dalle cartografie di fine 800, le isole diventano tre: l’isola di San Giacomo è scomparsa.

1 Pina Catino, Misteri dell’Antichità: Culti delle Acque e Mito del Sole, Adda editore, Bari 2009, 2° edizione, pag. 91.

(Le foto sono di Pina Catino)